La storia della cardiologia viene generalmente divisa in base a due eventi segnanti: la scoperta della circolazione del sangue, nel XVII secolo, e il primo trapianto di cuore, effettuato nel 1967 dal cardiochirurgo sudafricano Christiaan Barnard. Il 2022 potrebbe però rappresentare l’inizio di una nuova fase per l’intero settore e per la medicina in generale. Il 7 gennaio di quest’anno, infatti, un team di cardiochirurghi dell’University of Maryland Medical Center (UMMC) di Baltimora ha sostituito – per la prima volta nella storia – il cuore di un paziente con quello, geneticamente modificato, di un maiale.
Si tratta di un evento potenzialmente rivoluzionario. Sebbene non priva di complicazioni mediche, etiche e sociali, la possibilità di effettuare trapianti di organo tra specie diverse – i cosiddetti xenotrapianti – potrebbe rappresentare una soluzione al ben noto problema della carenza di organi. In ambito cardiologico, ad esempio, la domanda è sempre maggiore: negli ultimi anni è cresciuto sia il numero di trapianti di cuore che quello dei soggetti che muoiono in attesa di un muscolo cardiaco compatibile. Attualmente vengono effettuate nel mondo circa 6000 sostituzioni di cuore ogni anno, con un tasso di sopravvivenza a dodici mesi dall’intervento pari a circa il 90%.
“In Italia si eseguono in media 250 trapianti di cuore all’anno – ci ha spiegato Cristiano Amarelli, cardiochirurgo dell’Ospedale Monaldi di Napoli e segretario della Società italiana dei trapianti d’organo e di tessuti (Sito) – c’è stata una flessione con covid-19 ma nel complesso il sistema ha tenuto. La notizia meno buona è che il numero di questi trapianti di cuore è stabile ormai da circa dieci anni. Per quanto riguarda cuore e polmoni il problema della carenza di organi è particolarmente rilevante perché sono quelli che risentono di più della qualità del donatore. Accanto a questo c’è poi la problematica dell’opposizione alla donazione, che al momento riguarda circa il 30% dei pazienti nelle rianimazioni”.
L’interesse nei confronti degli xenotrapianti non nasce però certo oggi. Sono diversi gli scienziati che nel corso del XX secolo hanno realizzato esperimenti, talvolta piuttosto inquietanti, che andavano in quella direzione. Sono famosi, ad esempio, i vari tentativi attraverso cui lo scienziato russo Vladimir Demikhov riuscì a creare un cane con due teste, aprendo la strada a questo tipo di interventi. Il fisiologo francesce Charles-Édouard Brown-Séquard era invece considerato uno stregone dai vicini di casa in quanto teneva nel suo cortile galline con code di topo attaccate alla testa e altre creature del genere. In tarda età, poi, divenne noto per l’abitudine a iniettarsi un liquido estratto dai testicoli di cane o di porcellino d’India al fine di stimolare il vigore sessuale perduto, con il risultato che per alcuni anni quella dell’”innesco ghiandolare” divenne una vera e propria moda, soprattutto in Francia.
Xenotrapianto di cuore suino: il caso di David Bennet
La sostituzione di un cuore umano con quello di un maiale è però tutto un altro discorso. È proprio questa, tuttavia, l’opzione terapeutica che si è sentito proporre David Bennett, cittadino americano di 57 anni affetto da una cardiopatia non ischemica associata a un’insufficienza cardiaca estremamente grave. Al momento del ricovero, verso la fine del 2021, il suo cuore aveva una capacità di pompare sangue nel sistema circolatorio pari al 10% del normale. Nonostante alcuni trattamenti intensivi, poi, Bennet era andato incontro a diversi arresti cardiaci che avevano richiesto un intervento tempestivo dei medici per tenerlo in vita. L’unico modo per salvarsi era quindi un trapianto, ma a causa di alcune caratteristiche cliniche e della tendenza a non assumere le terapie con continuità il caso di Bennet era stato rifiutato da ben quattro programmi nazionali e regionali.
Lo xenotrapianto da maiale era quindi la sua unica, seppur scarsissima, possibilità di sopravvivenza. Per portare a termine un’impresa del genere le sfide principali, dal punto di vista clinico, sono due: ridurre le probabilità di rigetto ed evitare una crescita eccessiva dell’organo animale una volta trapiantato. Ed è qui che entra in gioco l’editing genetico. Il maiale da cui è stato espiantato il nuovo cuore di Bennet era infatti stato sviluppato a partire da una linea cellulare sottoposta a dieci modifiche genetiche per aumentare le probabilità di successo: i ricercatori avevano disattivato quattro geni presenti nel DNA dell’animale, tre associati a una maggior possibilità di indurre un rigetto e uno alla crescita del tessuto cardiaco, e inserito sei geni umani associati a una maggiore capacità del nostro sistema immunitario di “accettare” un impianto.
“Quello che hanno fatto negli Stati Uniti è quasi fantascientifico”
“Questo è l’aspetto più affascinante dell’intervento – ha sottolineato Amarelli – perché si tratta di una serie di tecnologie che probabilmente potranno essere utilizzate anche per gli altri trapianti. La settimana scorsa ho contribuito all’organizzazione di un congresso negli Stati Uniti in cui si è parlato proprio della possibilità di usare tecnologie di questo tipo per rendere gli organi più immunocompatibili. Solo qualche mese fa, ad esempio, un gruppo di ricerca di Toronto è riuscito a cancellare il gruppo sanguigno di un polmone rendendolo trapiantabile anche in pazienti con gruppo zero”.
Nonostante questi progressi tecnologici le probabilità di successo dell’intervento fatto a Baltimora restavano però minime. Prima dell’intervento Bennet è stato sottoposto a quattro perizie psichiatriche indipendenti, utili ad accertarsi che il 57enne fosse effettivamente in grado di fornire il proprio consenso alla procedura. Una volta accertata la sua capacità di giudizio e ottenuto il parere positivo del comitato etico dell’ospedale della Food and drug administration (Fda), l’intervento è stato eseguito con successo. In una prima fase anche la risposta del sistema immunitario del paziente sembrava positiva, con il cuore impiantato che funzionava correttamente e Bennet che stava lentamente recuperando dall’intervento: a un certo punto è stato persino diffuso un video del paziente intento a cantare, o meglio a sussurrare, l’inno America the Beautiful prima della finale del Superbowl.
Dopo circa 7 settimane, tuttavia, il cuore trapiantano ha cominciato a dare segni di instabilità, andando poi incontro a un crollo repentino per cause tuttora da chiarire (l’eventualità più probabile, al momento, è un’infezione da citomegalovirus suino). Nel sessantesimo giorno dall’intervento l’equipe medica, in accordo con i familiari del paziente, ha deciso di avviare le cure compassionevoli e staccare la spina. “Sono rimasto sorpreso dal risultato ottenuto – ha commentato Amarelli –, quello che hanno fatto negli Stati Uniti è quasi fantascientifico: hanno modificato geneticamente l’organo in modo da alterare la produzione di determinate molecole e utilizzato dei farmaci immunosoppressori mai utilizzati fino a ora. Il risultato è però ancora lontano anni luce da quelli che otteniamo con i trapianti di cuore standard”.
Le principali sfide nell’ambito degli xenotrapianti, dalla clinica all’etica
Nonostante l’esito tragico lo xenotrapianto effettuato su Bennet costituisce un traguardo importante per il settore: il cittadino americano è infatti l’uomo che ha vissuto più a lungo dopo un trapianto di questo tipo, superando il caso di una neonata californiana affetta dalla sindrome del cuore sinistro ipoplastico che nel 1984 era sopravvissuta per 21 giorni grazie al cuore di un babbuino. “Volendo guardare all’intervento con ottimismo – ha aggiunto il segretario della Sito – il paziente sottoposto al primo trapianto di cuore, effettuato da Barnaard, era sopravvissuto solo pochi giorni, mentre in questo caso il soggetto è rimasto in vita un po’ più a lungo”.
L’esperienza del’UMMC di Baltimora ha quindi dimostrato che la missione è estremamente difficile, ma forse non impossibile. Solo qualche settimana fa un gruppo di ricercatori del Langone Transplant Institute della New York University ha effettuato una procedura simile (adottando una profilassi infettiva ancora più stringente, in base a quanto emerso dal caso Bennet) su due pazienti celebralmente deceduti e mantenuti in vita grazie alla ventilazione meccanica, ottenendo buoni risultati. “Considerando lo scenario terapeutico attuale, tuttavia, con trapianti efficaci e sistemi di assistenza meccanica del circolo sempre più efficienti, gli xenotrapianti costituiscono ancora un’opzione non realistica”, ha spiegato Amarelli.
Le incognite sono ancora molte. Dal punto di vista medico, in primis. Anche se le manipolazioni genetiche implementate dal gruppo di Baltimora risultassero effettivamente in grado di ridurre la probabilità di rigetto, infatti, rimangono ancora molti dubbi sulla possibilità di un adattamento dell’organo animale alla fisiologia umana. Ad esempio, le caratteristiche morfologiche e funzionali del cuore di maiale si sono sviluppate nel corso dell’evoluzione per ottimizzare il pompaggio del sangue in un corpo che, a differenza del nostro, si muove su quattro zampe. O ancora: la temperatura corporea dei maiali è tendenzialmente più alta rispetto a quella degli umani, quindi un cuore suino trapiantato in un essere umano deve di fatto funzionare in una condizione di ipotermia. Anche fattori come il sesso, l’età e l’etnia, infine, potrebbero influenzare le probabilità di successo dell’intervento.
“Gli xenotrapianti potrebbero essere oggetto di commercializzazione da parte dell’industria”
Ci sono poi diverse problematiche di natura etica, alcune delle quali tipiche dell’ambito trapiantologico. Ha fatto discutere, ad esempio, il fatto che David Bennet si fosse macchiato in passato di alcuni crimini, tra cui l’accoltellamento nel 1988 di un giovane rimasto poi paralizzato. “[Bennet] Andò avanti e visse una bella vita – aveva commentato la sorella dello sfortunato ragazzo, intervistata dal Washington Post qualche giorno dopo il trapianto – e ora ha una seconda possibilità con un cuore nuovo. Vorrei che fosse andato a un destinatario più meritevole”. Uno dei principi fondanti della medicina è tuttavia che qualunque malato debba essere curato, indipendentemente da ciò che abbia fatto in passato. Più rilevante è invece in prospettiva il problema dell’equità: trattandosi di una procedura estremamente complessa e tecnologicamente avanzata, il suo accesso sarebbe garantito a tutti o solo a chi può permetterselo?
Non è difficile immaginarsi un futuro in cui – in una versione animale della distopia immaginata da Kazuo Ishiguro nel romanzo Never let me go – le persone più ricche potranno acquistare un maiale modificato geneticamente per adattarsi alle loro caratteristiche biologiche, così da poter contare su organi di riserva in caso di necessità. “Tutta la filiera dei trapianti è sempre stata molto controllata perché inserita in un contesto di salute pubblica – ha spiegato Amarelli – mentre gli xenotrapianti potrebbero essere oggetto di commercializzazione da parte dell’industria, con tutto ciò che questo comporta”.
La pratica di allevare maiali con lo scopo di utilizzare i loro organi per xenotrapianti viene già oggi criticata aspramente dalle associazioni per i diritti degli animali. “Gli animali hanno il diritto di vivere la loro vita – ha dichiarato un attivista di Animal Aid, intervistato dalla BBC qualche giorno dopo il trapianto di Bennet – senza essere geneticamente manipolati, con tutto il dolore e il trauma che questo comporta, solo per essere uccisi e i loro organi espiantati”. A prescindere da queste obiezioni, tuttavia, in Italia è stata recentemente prorogata di tre anni l’applicazione del divieto di effettuare sperimentazioni su animali in tema di abuso di sostanze e xenotrapianti: sarà possibile condurre studi di questo tipo fino almeno al 2025.
In futuro i trapianti con organi animali saranno la normalità?
“Non sono sicuro che i trapianti di cuore rappresentino, di per sé, la fine del gioco – ha commentato Clyde W. Yancy, cardiologo della Northwestern University di Chicago, in un’intervista rilasciata a Medscape – penso che il vero obiettivo finale sia quello di evitarli”. Secondo molti ricercatori, infatti, gli xenotrapianti come quello a cui è stato sottoposto Bennet non costituirebbero un’anticipazione del futuro ma un colpo di coda del passato. I progressi nella comprensione della biologia cardiaca e nello sviluppo di dispositivi e trattamenti in grado di contrastare il decadimento strutturale del cuore o di supportarne la funzionalità potrebbero un giorno ridurre la domanda di organi.
Al contrario, altri esperti suggeriscono che l’aumento dell’aspettativa di vita si accompagnerà a un incremento del numero di pazienti che andranno incontro a insufficienza cardiaca, renale o di altri organi, rendendo il ricorso a trapianti e xenotrapianti sempre più frequente. “Tra la speranza e la vita reale c’è spesso una distanza enorme”, ha concluso Amarelli. “Le terapie mediche e i dispositivi offrono prospettive importanti ma a oggi il fabbisogno di trapianti è rilevante. L’invecchiamento della popolazione, poi, fa pensare che questo fabbisogno potrebbe anche aumentare in futuro, perché alcune patologie possono essere trattate solo in questo modo”.