Ufficialmente ospitare le Olimpiadi è un onore, un motivo di orgoglio, una designazione rincorsa e desiderata. Fin troppe volte invece – pensiamo ad Atene 2004 o tornando più indietro nel tempo a Montreal 1976 – è stato fonte di grattacapi, bancarotta, proteste locali e internazionali. Dire che Tokyo 2020 (o 2021) non faccia eccezione sarebbe tuttavia un eufemismo. Le prime partite di softball sono già state disputate e siamo praticamente alla vigilia della cerimonia ufficiale di apertura dei giochi – che si terrà il 23 luglio nel nuovo stadio da 68mila posti (nella foto in alto), spettralmente vuoto tranne alcune autorità e vip – e la commissione organizzatrice e il governo giapponese hanno dovuto fronteggiare difficoltà mai presentatesi prima e altrettanto dovranno fare fino alla fine delle Paralimpiadi il 5 settembre.
Del resto come si fa a garantire un’Olimpiade e una Paralimpiade che non mandino il Paese ospitante in bancarotta, che siano coinvolgenti e indimenticabili e che garantiscano la salute degli atleti e di tutti quelli che vi partecipino, nonché della popolazione locale, quando di mezzo c’è una pandemia che ha colpito oltre 191 milioni di persone e provocato oltre quattro milioni di morti (forse il doppio se il nuovo report riguardo i dati indiani dovesse essere vero)?
A Tokyo ci proveranno con una serie di misure straordinarie – le ultime sono state un nuovo stato di emergenza in tutta la prefettura della città che prevede anche la proibizione a vendere alcolici e la decisione di non ammettere spettatori ad alcun evento indoor e a molti outdoor – e una serie di manuali, playbook in gergo ufficiale, nei quali sono delineate rigide regole, misure di sicurezza e indicazioni per casi di contagio e test positivi.
“C’è voluto un enorme lavoro per preparare i playbook e per pianificare contromisure per ogni possibile situazione”, ha raccontato a Senti chi parla un portavoce della commissione organizzatrice. “Le contromisure dettagliate nei manuali si basano sulla scienza e sugli insegnamenti raccolti durante l’evoluzione della pandemia di covid-19. I playbook sono stati supportati dal lavoro in corso della All-Partners Task Force, che comprende il governo del Giappone, il governo metropolitano di Tokyo, il comitato organizzatore di Tokyo 2020, il Comitato olimpico internazionale, il Comitato paralimpico internazionale, l’Organizzazione mondiale della sanità ed esperti e organizzazioni indipendenti di tutto il mondo”.
Sono ben sette i manuali realizzati: per gli atleti e i funzionari, per le federazioni olimpiche internazionali, per i familiari, per i partner commerciali, per le emittenti televisive e una diversa versione per i rappresentanti della stampa e dei media più in generale, per i lavoratori di questa gigantesca macchina. Non ce n’è uno per gli spettatori perché non sono previsti, neanche locali, neanche in numero ridotto, neanche in molti degli stadi all’aperto. La prima versione è stata rilasciata lo scorso febbraio ma da allora la situazione covid-19 nel mondo e in Giappone è cambiata innumerevoli volte e ha portato ad altrettante modifiche più o meno lievi, rendendo alcuni di questi manuali addirittura obsoleti, come quello per i familiari che salvo eccezioni non dovrebbero essere ammessi ai Giochi. La terza e definitiva versione è stata pubblicata un mese fa, il 21 giugno, e riporta comunque la dicitura che le regole possono cambiare in qualsiasi istante.
Quali regole, misure e contromisure?
Ogni categoria di partecipante ha le sue regole, ma molte sono in comune e seguono quattro principi chiave: indossare le mascherine il più possibile, minimizzare contatti e interazioni sociali, testare e tracciare continuamente, fare molta attenzione all’igiene delle mani e degli ambienti. Questi quattro principi sono declinati nei vari playbook in ogni possibile attività e momento della giornata di qualsiasi partecipante. A partire da ben prima che si raggiunga il villaggio olimpico. Qualche esempio?
Da diversi mesi ogni partecipante è stato messo in contatto con un Clo, ovvero un Covid-19 Liason Officer, un referente, linea di contatto continua tra organizzazione e partecipanti per tutto quello che riguarda covid-19, ben addestrato e istruito, attraverso cui passano quasi tutti i documenti e le comunicazioni. Prima della partenza a lei/lui, per esempio, deve essere consegnato un piano di attività dei primi 14 giorni di permanenza dove sono scritti riferimenti personali, contatti, spostamenti e destinazioni selezionati tra una lista di destinazioni approvate dalla commissione che non include attrazioni turistiche, negozi, o ristoranti al di fuori dell’area predestinata ai Giochi. Ancora al Clo si deve consegnare un “Written Pledge”, un impegno scritto in cui ci si assume la responsabilità della propria condotta e si promette di rispettare tutte le regole.
C’è voluto un enorme lavoro per preparare i playbook e per pianificare contromisure per ogni possibile situazione.
Ogni partecipante deve poi provvedere a un’assicurazione sanitaria personale che prevede il rimpatrio (atleti e funzionari beneficiano di una provvista dagli organizzatori), sottoporsi a due tamponi prima di arrivare a Tokyo, uno dei quali entro 72 ore, scaricare due app – una per le comunicazione sanitarie in Giappone e una per il tracciamento dei contatti – essere munito di un pass provvisorio che verrà poi trasformato in uno definitivo per accedere ai luoghi delle competizioni, alle aree ristoro, agli alloggi (che sono o messi a disposizione dall’organizzazione o preventivamente approvati dall’organizzazione), ai mezzi di trasporto esclusivi per i partecipanti (quelli pubblici non sono permessi in linea generale).
All’arrivo in Giappone, per tutti c’è un nuovo test all’aeroporto e solo una volta che questo è risultato negativo, con mezzi di trasporto ad hoc, senza pause shopping, si raggiungerà il proprio alloggio dove si resterà in quarantena per tre giorni più quello di arrivo (per alcuni, a seconda del Paese di provenienza i giorni di quarantena possono essere sei) . Atleti, allenatori e altri privilegiati possono non sottoporsi a questa quarantena per allenarsi e prepararsi se: “negativi al tampone quotidiano e se operano sotto un alto livello di sorveglianza da parte della commissione”. Dunque per atleti, allenatori e operatori sui campi è previsto un tampone quotidiano, per gli altri, a seconda del ruolo e del livello di contatto con gli atleti, uno ogni due giorni o uno a settimana.
Per quanto riguarda la stampa “i media accreditati possono essere allo stadio per riferire sulle gare. I numeri saranno limitati per garantire il distanziamento sociale”. Nonostante questa affermazione del portavoce della commissione, non tutti i media accreditati saranno sugli spalti, molti dovranno accontentarsi di seguire le competizioni in spazi adibiti appositamente. E i fortunati che potranno fare le interviste di persona non lo faranno in maniera “ravvicinata”, gli unici microfoni ammessi sono i cosiddetti boom: quelli ad asta che permettono di mantenere un’adeguata distanza.
La vita all’interno del villaggio olimpico è poi disegnata in modo da minimizzare i contatti (qui alcune immagini). Un esempio per tutti è la ristorazione: è raccomandato di mangiare ognuno per conto proprio, a distanza di due metri, meglio ancora ordinare il cibo direttamente nell’alloggio. Molte aree ristorante prevedono postazioni singole divise da plexiglass, orari around the clock per cercare di evitare ore di punta, menu preordinabili via smartphone per evitare code.
Gli atleti dovrebbero poi evitare strette di mano, abbracci, e tifo a gran voce: meglio applaudire. Devono “evitare di stare per periodi non necessariamente lunghi in uno spazio ed evitare di parlare in spazi ristretti come gli ascensori”. Chi non segue le misure può rischiare la squalifica e l’allontanamento dal villaggio olimpico. I vincitori dovranno addirittura mettersi da soli le medaglie al collo, come riporta l’Associated Press.
Non tutti sono convinti che basterà
Misure sufficienti? Impossibile dirlo. Purtroppo il Giappone è indietro con le vaccinazioni (circa il 22 per cento della popolazione) e sta assistendo in questo momento – come molti altre Paesi nel mondo – a un incremento nei nuovi casi di covid-19 (+21.792 nuovi casi e 101 morti la scorsa settimana). La variante Delta sta infatti facendo il suo dovere nonostante le misure di emergenza e tra le maglie dei controlli olimpici sono già rimaste una sessantina persone, tra cui atleti già presenti in Giappone o in via di arrivo, alcuni non positivi ma semplicemente contatti di positivi e quindi messi in quarantena preventiva e in attesa di tamponi negativi, ma anche personale e membri della stampa. Tuttavia, magari, oltre a segnalare che covid-19 sta arrivando e arriverà nel villaggio olimpico, cosa del resto prevedibile, queste notizie di infezioni e casi positivi individuati potrebbero anche indicare che le misure di tracciamento e testing hanno una certa efficacia e che se continuano ad essere implementate ottimamente e tempestivamente potrebbero effettivamente contribuire a limitare l’impatto delle Olimpiadi sulla popolazione giapponese.
Questa infatti è molto spaventata e nei mesi scorsi ha chiesto più volte, con proteste e manifestazioni, l’annullamento dei Giochi, misura resa impossibile al governo giapponese dal Comitato olimpico internazionale e dagli sponsor per motivi politici ed economici. Gli stessi sponsor sembrano star prendendo coscienza dei sentimenti dei giapponesi e alcuni, soprattutto quelli che volevano accrescere la popolarità in patria, si stanno tirando indietro per paura di una pubblicità negativa e di un possibile boicottaggio.
I playbook del Cio non si basano su una valutazione del rischio scientificamente rigorosa e non considerano i modi in cui si verifica l’esposizione.
Anche la comunità medico-scientifica – sia quella giapponese sia quella internazionale – è molto preoccupata. Ad aprile 2021, in un editoriale pubblicato sul British Medical Journal, un gruppo di esperti chiedeva di riconsiderare l’opportunità di disputare le Olimpiadi nel mezzo della pandemia in un paese ancora non in grado di gestire la situazione interna: “Dobbiamo riconsiderare i giochi di questa estate e invece collaborare a livello internazionale per concordare una serie di condizioni globali e nazionali in base alle quali gli eventi multisportivi internazionali possono essere organizzati negli anni a venire. Queste condizioni devono incarnare i valori sia olimpici che paralimpici e aderire ai principi internazionali della salute pubblica”. Similmente sul New England Journal of Medicine un diverso gruppo di scienziati metteva in evidenza i limiti dei playbook e delle misure prese soprattutto rispetto alla salute degli atleti paralimpici e delle persone che alle Olimpiadi lavorano e non competono (e tra i quali a oggi si riconducono molte delle infezioni individuate”: “I playbook del Cio non si basano su una valutazione del rischio scientificamente rigorosa e non considerano i modi in cui si verifica l’esposizione, i fattori che contribuiscono all’esposizione e quali partecipanti possono essere a più alto rischio. A dire il vero, la maggior parte degli atleti è a basso rischio di gravi esiti di salute associati a Covid-19, ma alcuni atleti paralimpici potrebbero rientrare in una categoria a rischio più elevato. Inoltre, riteniamo che i playbook non proteggano adeguatamente le migliaia di persone, tra cui formatori, volontari, funzionari e dipendenti dei trasporti e degli hotel, il cui lavoro garantisce il successo di un evento così grande”.
Queste misure sembrano invece, senza sorpresa, essere sufficienti a rassicurare gli organizzatori, a partire dal presidente del Comitato olimpico internazionale: nonostante episodi che hanno coinvolto atleti, massaggiatori o ospiti degli stessi alberghi degli atleti nei giorni scorsi Thomas Bach è sembrato certo che le Olimpiadi e Paralimpiadi saranno “sicure” e ha più volte dichiarato che tutto è stato organizzato alla perfezione, dimostrandosi incrollabile nella sua posizione. Del resto proprio il Cio è stato inamovibile nella scelta di portare avanti i Giochi a qualunque costo, Bach non potrebbe affermare dunque niente di diverso.
E della stessa opinione è ovviamente la commissione organizzatrice di Tokyo 2020 secondo le dichiarazioni del suo portavoce: “Siamo fiduciosi che il nostro solido sistema di contromisure contro covid-19 contribuirà a garantire che i Giochi di Tokyo 2020 siano sicuri sia per i partecipanti sia per il popolo giapponese”, ha dichiarato a Senti chi parla. “Siamo più impegnati che mai per garantire il successo dei Giochi di Tokyo 2020 e non vediamo l’ora di celebrare le migliori prestazioni degli atleti”.