“Il nostro obiettivo è fermare questa inutile devastazione, non c’è bisogno di distruggere tutto per fare soldi”. A dirlo è Rok Rozman, ex kayakista olimpionico sloveno reinventatosi attivista per la difesa dell’ambiente. La devastazione di cui parla, invece, è quella che colpisce gli ecosistemi fluviali e le popolazioni che li abitano in seguito alla costruzione di una diga.
“Soprattutto nei climi più caldi alcune dighe producono più gas serra delle centrali a carbone”, ha spiegato in un’intervista rilasciata alla Bbc. “Inoltre, una diga ferma quella che è l’essenza di un fiume: il suo flusso. Si crea un lago, l’intero ecosistema cambia, il microclima cambia, e nel caso di dighe molto grandi si finisce per inondare un’enorme area di terra, costringendo le persone che vi abitano a trasferirsi”.
Per favorire una maggiore consapevolezza su questi problemi e ostacolare la costruzione di 2700 nuovi impianti idroelettrici nei Balcani, Rozman e alcuni amici hanno deciso di percorrere a bordo dei loro kayak 23 fiumi dalla Slovenia all’Albania, per un totale di 390 Km in 36 giorni.
I corsi d’acqua hanno infatti un valore speciale per la penisola balcanica. Da un lato questo territorio rappresenta una delle poche zone del mondo dove la maggior parte dei fiumi non è ancora stata intaccata da interventi umani, dall’altro i fiumi rappresentano uno dei rarissimi fattori di unione in un’area storicamente divisa da un punto di vista politico e religioso.
Una diga ferma quella che è l’essenza di un fiume: il suo flusso.
L’iniziativa di Rozman, denominata Balkan Rivers Tour e giunta ormai alla quarta edizione, riguarda però un problema di carattere globale. Nel mondo esistono circa 60.000 dighe, responsabili della produzione di un sesto dell’energia elettrica e dell’irrigazione di un settimo dei campi agricoli. Sono quindi un metodo di produzione energetica tanto impattante sull’ambiente quanto fondamentale per il benessere lo sviluppo della nostra società.
“Siamo andati troppo oltre”, ha sottolineato l’ex olimpionico. “Abbiamo raggiunto un limite dove c’è la necessità di rallentare molto velocemente per poter sopravvivere e trovare modi per distribuire l’energia elettrica in un modo più intelligente. Al momento non ci sono evidenze di una crisi dell’elettricità, mentre c’è una crisi ambientale in Europa e nel mondo”.
Nel corso delle varie edizioni, poi, i Balkan Rivers Tour si sono evoluti in qualcosa di più strutturato: un movimento. Un movimento, denominato Balkan River Defence, finalizzato alla difesa dei fiumi selvaggi dei Balcani e del resto d’Europa. “Quello che abbiamo fatto negli ultimi quattro anni è stato organizzare queste azioni che sono diventate grandi abbastanza da diventare un movimento finalizzato ad aumentare la consapevolezza sui lati buoni e quelli cattivi delle dighe e cominciare una discussione in merito a cosa fare”, ha concluso Rozman.
L’obiettivo non è quindi solo quello di impedire la costruzione di nuove dighe, ma anche di ragionare su soluzioni più sostenibili. Un esempio in questo senso arriva anche da uno studio del 2018, realizzato in collaborazione dal Politecnico di Milano e l’University of Berkeley e pubblicato sulla rivista Nature Sustainability.
Prendendo in considerazione un affluente del fiume Mekong, il dodicesimo più lungo del mondo e il più importante de Sud-est asiastico, è emerso che l’attuale piano di sviluppo idroelettrico del bacino prevedeva il raggiungimento del target del 50 per cento di produzione di energia idroelettrica pianificata a spese di una riduzione dl 90 per cento del trasporto dei sedimenti a valle, vitali per gli abitanti delle aree circostanti. I ricercatori hanno quindi proposto un piano di pianificazione strategico per la costruzione delle dighe che permetterebbe di arrivare a una produzione del 70 per cento di energia, con una riduzione del trasporto di sabbia pari solo al 20 per cento.
In altre parole, è davvero possibile pensare a soluzioni che siano sia efficienti che sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale. O, per usare le parole di Rozman, che permettano di fare soldi senza distruggere tutto.