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Photo by Keith Allison / CC BY-SA

Metti una sera in auto con LeBron James a parlare (male) di Trump


Se c’è un atleta negli States che non ha paura di dare voce a quello in cui crede e non è intimidito dalla telecamera quello è LeBron James. Lo ha dimostrato ancora una volta con un video pubblicato alla vigilia dell’Nba All Stars Weekend 2018 su UNINTERRUPTED, un magazine online da lui stesso cofondato. Nel video la star dei Cleveland Cavaliers gira in macchina per le strade sua città natale, Akron in Ohio. A fargli compagnia Kevin Durant, campione dei Golden State Warriors di Oakland, e una Uber driver di eccezione: Cari Champion, anchorwoman di ESPN, la più famosa emittente Usa dedicata esclusivamente allo sport.

Fuori nevica senza interruzione, come lecito aspettarsi da un inverno nell’Ohio. Dentro l’auto, l’atmosfera si scalda nel momento in cui Cari chiede ai due atleti che cosa pensano delle divisioni politiche nel paese e che clima respira un atleta che non esita a dire la sua rispetto all’amministrazione Trump.

Il clima è teso. La persona che ricopre il ruolo numero 1 in America non capisce le persone. E veramente non gliene frega un ca**o delle persone”, risponde James senza mezzi termini. “Quando io ero un ragazzo erano tre i ruoli a cui potevi guardare in cerca d’ispirazione”, prosegue. “Il Presidente degli Stati Uniti, l’atleta più forte, chiunque fosse in quel momento, e il musicista migliore. Non pensavi neanche per un attimo di poter essere loro, ma potevi prendere ispirazione da loro (…) Noi non possiamo cambiare quello che esce dalla bocca di quell’uomo, ma possiamo continuare a far notare alle persone che ci guardano e ci ascoltano che questo non è il modo”.

Quando si parla di leadership, e tutto nel nostro Paese riguarda la leadership, devi dare forza alle persone, le devi incoraggiare”, fa eco Durant. “Questo è ciò che rende buona una squadra. A me sembra che oggi la nostra squadra, come Paese, non sia guidata da un buon allenatore”.

Non è certo la prima volta che King James e altri esponenti dell’Nba si esprimono contro il Presidente: lo scorso Agosto, LeBron accusò Trump di “aver reso l’odio di nuovo popolare”. A Settembre, invece, Steph Curry dei Golden State Warriors aveva espresso la volontà di non partecipare alla tradizionale cena alla Casa Bianca con i vincitori del campionato (e subito il presidente si era rimangiato via Twitter l’invito).

La persona che ricopre il ruolo numero 1 in America non capisce le persone.

Quello che preoccupa Champion, mentre guida tra le strade di Akron, è che le parole del presidente rendano le persone insensibili ai commenti razzisti, e ricorda che se si è un afro-americano negli Stati Uniti si è sempre oggetto di discriminazione. “Non importa quanti soldi hai, o che posizione, o dove arrivi nella vita, in quanto uomo o donna afro-americana, troveranno sempre il modo di farti sapere che sei inferiore”, conferma, parlando anche di se stesso, Le Bron James.

Se il quattro volte Nba MVP ha ormai preso l’abitudine a dare voce a i suoi pensieri e a contribuire al dibattito pubblico con la sua opinione, Durant sta cominciando adesso. “Sto imparando che la mia voce è più forte di quanto non fosse in passato e ho cominciato a cercare di dire cose che diano forza alle persone, che le influenzino in maniera positiva. Anche questo per me è stato passare ai Warriors: maggiore esposizione e più persone che vogliono ascoltare la mia voce; ora sta a me fare le mie ricerche ed essere più consapevole di quello che dico”. Una presa di coscienza del proprio ruolo e dell’importanza sociale del palcoscenico che si ha a disposizione non estranea a molti atleti Usa, in particolare nell’Nba, ma non solo.

Non si parla solo di politica nella corsa in macchina sotto la neve: le tre fermate previste, luoghi chiave dell’infanzia e dell’adolescenza di James, aprono la strada a ricordi e riflessioni legate al mondo del basket. Soprattutto la prima tappa, il Summit Lake Community Center, “dove ho incontrato il basket per la prima volta”, spiega LeBron. Un incontro che Durant a sua volta ricorda come se fosse appena accaduto: “Entri in una palestra, ci sono ragazzi che corrono dappertutto e tu vedi un pallone da basket e capisci cosa sia l’amore. Voglio dire amore a prima vista. Provi davvero questo da ragazzo, e da ragazzo hai bisogno di provare queste emozioni”.

C’è tempo anche per una domanda che Durant vuole fare al suo collega più grande (d’età) ed esperto e che non riguarda il basket o il vicino All Stars Game (che James e Durant hanno vinto contro la squadra di Curry, in una partita insolitamente combattuta e avvincente, di cui comunque si è parlato tra una fermata e l’altra). Vuole sapere sapere, KD, come si diventa un buon padre e buon marito: LeBron a 33 anni ha già tre figli rispettivamente di 13, 10 e tre anni, tutti con la sua ragazza del liceo, Leonardo Acconito.

Sto ancora imparando”, risponde James, “ho tre figli e sto ancora imparando come essere un migliore marito e padre, e un figlio migliore per mia madre. È un processo che non finisce mai (…) Tutto quello che puoi sperare, alla fine della corsa, è di aver dato ai tuoi figli abbastanza lezioni di vita in modo che, quando sia il tempo per loro di vivere la loro vita, riescano farcela da soli”.