La chiamavano Blue girl, come il colore dell’Esteghlal, la squadra di cui era tifosa. È la squadra tutta blu di Teheran, che gioca il derby con i rossi del Persepolis. Sahar Khodayari andava a vederla all’Azadi Stadium camuffandosi con barba e vestiti da uomo perché le donne in Iran allo stadio non possono accedervi. Dal 1981, in seguito alla rivoluzione islamica del 1979, con i religiosi convinti che l’atmosfera maschile e la vista di uomini semi-vestiti non fossero adatte a un pubblico femminile, lo stadio è considerato un luogo di perdizione e peccato, e andarvi può significare finire in carcere.
Lo scorso 12 marzo, Sahar era sugli spalti a vedere l’Esteghlal contro l’Al Ain, club degli Emirati Arabi Uniti, quando la polizia si è accorta del suo travestimento. La giovane è stata arrestata e portata nel carcere femminile di Gharchak Varamin a sud di Teheran, ritenuto tra i peggiori in termini di condizioni di vita. Ha trascorso tre giorni in cella, è uscita su cauzione, sei mesi dopo è finita in tribunale senza un avvocato a difenderla. Il giudice non si è presentato e Sahar ha sentito qualcuno parlare di una condanna tra i sei mesi e i due anni di reclusione per oltraggio al pudore. Sconvolta e impaurita, all’uscita dal tribunale di Teheran, la giovane donna si è data fuoco. Era il 2 settembre: il corpo ustionato al 90 percento e un polmone danneggiato. Il 9 settembre Sahar è morta dopo atroci sofferenze.
Dobbiamo batterci per questo, con rispetto, ma in modo forte. Non possiamo più aspettare.
La morte di Sahar Khodayari ha suscitato polemiche in tutto il mondo e domani, il 10 ottobre, durante la partita tra Iran e Cambogia per le qualificazioni al Mondiale del 2022 in Qatar, le donne potranno finalmente entrare allo stadio in occasione di una partita giocata da uomini (nella foto in alto, l’occasione è una partita della nazionale femminile).
Anche il Presidente della FIFA Gianni Infantino, durante la conferenza stampa del 22 settembre, dedicata all’analisi del Mondiale e allo sviluppo globale del movimento femminile, ha scelto di dare spazio alla situazione iraniana: “In Iran c’è il calcio femminile, e questo è grandioso, ma abbiamo bisogno delle donne iraniane anche durante le partite maschili. E dobbiamo batterci per questo, con rispetto, ma in modo forte. Non possiamo più aspettare. Ci è stato assicurato che dalla prossima partita internazionale dell’Iran, che si svolgerà il 10 ottobre, alle donne sarà permesso di entrare negli stadi di calcio, ed è qualcosa di molto importante”.
L’annuncio è arrivato dal ministro dello sport di Teheran, Masoud Soltanifar, dopo una nota – precedente la conferenza stampa – dello stesso Gianni Infantino, che aveva definito la situazione inaccettabile. “È stato preparato tutto il necessario affinché le donne, inizialmente solo per le partite internazionali, possano entrare negli stadi di calcio”, ha affermato Soltanifar, chiarendo che il permesso riguarderà solo le partite della nazionale.
La storia di Zeinab
Come Sahar, sono tante le donne che vorrebbero entrare negli stadi e che, nonostante il divieto, non hanno mai rinunciato a farlo. Tra loro c’è Zeinab, che impiega circa 15 ore per viaggiare da Ahvaz a Teheran in treno per vedere il Persepolis, la squadra che tifa. La sua storia l’ha raccontata Forough Alaei, fotografa vincitrice – proprio grazie a questo reportage – del primo premio nella categoria sport del World Press Photo 2019.
Le tifose coraggiose che si travestono da uomini non lo fanno solo per entrare nello stadio, ma anche per dare voce ai loro diritti.
Alaei racconta che la prima volta che ha scattato una foto per questo progetto è stato quando la squadra nazionale di calcio iraniana si è qualificata per la quinta volta ai Mondiali. Quella notte molti tifosi iraniani si sono radunati per strada per festeggiare e contrariamente alla visione della società iraniana – per cui le donne sono passive e non partecipano alle questioni sociali – c’erano molte donne per strada che hanno ballato e festeggiato tutta la notte. “Avevo sentito parlare delle tifose di calcio a cui piace andare negli stadi e guardare le partite dal vivo. Ma quella notte suonò un campanello nella mia testa. Dopo aver visto tutte quelle donne per strada, mi sono resa conto che questo era un problema per molte e non si limitava a pochi maniaci del calcio”.
Quando Forough Alaei ha conosciuto Zeinab, con le sue convinzioni e la sua passione per il calcio e i diritti delle donne, ne è rimasta colpita. Per questo, ha deciso di entrare allo stadio con Zeinab: “Non avevo mai pensato di correre un simile rischio prima, ma dopo aver visto i loro sforzi ho sentito che dovevo far uscire le loro voci. Le tifose coraggiose che si travestono da uomini non lo fanno solo per entrare nello stadio, ma anche per dare voce ai loro diritti”, racconta su The Guardian. Per entrare si sono travestite entrambe da uomini e, non potendo introdurre la macchina fotografica, per scattare le foto all’interno dello stadio ha utilizzato uno smartphone.
“Ricordo che quando abbiamo attraversato il cancello e siamo entrate allo stadio, non sono riuscita a fermare le lacrime per circa 10 minuti. È stato così umiliante dover cambiare faccia; abbiamo persino dovuto bendarci il seno per sembrare piatte come ragazzi. Perfino Zeinab, quando abbiamo slacciato le bende, non riusciva a smettere di piangere. All’inizio siamo sembrate strane agli uomini intorno a noi, e uno di loro stava per prendermi a calci. Ma dopo aver capito che eravamo donne, hanno mostrato un enorme sostegno. Finalmente abbiamo potuto goderci la partita”.
Una svolta storica?
L’Iran resta, ad oggi, l’unico paese al mondo che ferma e punisce le donne che cercano di entrare negli stadi di calcio. “Ciò che è accaduto a Sahar Khodayari è straziante ed espone l’impatto del terribile disprezzo delle autorità iraniane per i diritti delle donne nel paese”, ha detto Phillip Luther, di Amnesty International in Medio Oriente e Nord Africa.
“Il suo unico crimine era essere una donna in un paese in cui le donne affrontano discriminazioni nei modi più orribili e in ogni sfera della loro vita, persino nello sport. Il divieto discriminatorio deve finire immediatamente”. Domani, dunque, potrebbe essere una giornata storica in cui le voci di Sahar, di Zeinab e delle migliaia di donne iraniane, potrebbero essere finalmente ascoltate.
Ascolta qui le parole di Gianni Infantino.