“Prima di cominciare questa storia devo chiedere perdono a Dio. Per Dio, intendo ‘D10S’, Diego Armando Maradona. E voglio chiedere perdono anche a mio padre”. Esordisce così Lorenzo Insigne nella lettera inviata a The Players Tribune. Attaccante del Napoli, vicecapitano di una squadra che sta lottando con tutte le sue forze per lo Scudetto. Un obiettivo che manca dai tempi di Diego. Proprio lui, Maradona, che a Napoli non è un essere umano.
“Gli chiedo perdono perché quando avevo otto anni ho commesso un peccato: forse per la maggior parte della gente non lo sarebbe ma se cresci a Napoli, soprattutto negli anni in cui io ero bambino, lo è eccome. Avevo appena iniziato a giocare nella scuola calcio della mia zona e desideravo tanto delle vere scarpe da calcio. (…) Volevo un paio di scarpe in particolare: le R9. Erano le scarpe del Fenomeno, Ronaldo. Ve le ricordate? Di colore argento, blu e giallo. Una vera icona: Ronaldo aveva appena giocato il Mondiale del ’98 in Francia con quelle scarpe e io non parlavo d’altro. ‘Papà, per favore, ti prego, prendimi le scarpe di Ronaldo’”.
“A ripensarci ora, lui probabilmente mi avrebbe strozzato perché l’unico giocatore di cui mio padre voleva sentir parlare era Maradona. Io sono cresciuto col mito di Diego, sentendo parlare della sua grandezza, e ovviamente lui era una leggenda a livello mondiale. Ma a Napoli? Beh a Napoli Diego era come un Dio. Mio padre voleva che io prendessi delle semplici scarpe da calcio nere come quelle che indossava Maradona. Avete presente, no? Ma io non l’avevo visto giocare, ero troppo piccolo e gli rispondevo: ‘No papà, non hai capito. Ronaldo è il migliore’. Mi dispiace papà! Mi dispiace Diego!”
Alla fine Insigne le R9 le ha avute. È con quelle che ha iniziato a giocare a calcio nei campetti pieni di fango e sassi. Sono state le sue prime scarpe, che ancora oggi non riesce a dimenticare. “Quelle prime scarpe…mamma mia. Indossarle era una sensazione indescrivibile: nella mia testa mi dicevo ‘va bene, forse sono basso e la mia famiglia ha origini umili, magari non sono nemmeno bravo a giocare ma ora indosso queste scarpette, le stesse che usa Ronaldo, il Fenomeno. Forse un giorno potrò diventare forte come lui’”.
Quella di Insigne è la storia di un bambino che non ha mai smesso di rinunciare al suo sogno. Da piccolo, quando i suoi compagni di classe costruivano castelli con i Lego, lui calciava da solo una palla di carta. Qualche anno più tardi, accompagnando il fratello maggiore a un provino per giocare in una squadra di calcio, Lorenzo si è sdraiato nel campo piangendo e non si è alzato finché non lo hanno fatto fare anche lui. Il posto in quel club l’ha ottenuto, ma il suo sogno era giocare con la maglia del Napoli al San Paolo. “Il mio sogno, da sempre, era giocare con la maglia del Napoli al San Paolo. Non esistevano altri sogni. Non praticavo altri sport. Non pensavo a nient’altro al di fuori dal calcio”.
Lorenzo Insigne è alto 1,63, Diego Armando Maradona 1,65. Ma questi soli due centimetri, che lo dividono dall’argentino, a Insigne stavano per giocare un brutto scherzo. “Mentre crescevo e facevo i provini con le giovanili di diverse squadre – Inter, Torino, anche il Napoli – gli osservatori mi dicevano sempre la stessa cosa. ‘Ci piace, ma è bassino’. Mi svegliavo ogni mattina con la speranza di essere cresciuto durante la notte. Ma niente. E allora dissi a mio padre: ‘Basta, è inutile continuare, io col calcio ho chiuso’. Lui allora mi ha detto: ‘Va bene, quindi se non giochi a calcio che farai nella vita?’”.
A questa domanda non ha mai voluto o potuto rispondere. Così ha continuato a giocare nella scuola calcio e alla fine, nel 2006, il Napoli gli ha dato un’altra possibilità quando aveva 15 anni. C’erano tantissimi ragazzini al provino, ma l’osservatore ha scelto lui. Pur di mettere piede al San Paolo, una volta entrato nelle giovanili del Napoli, chiedeva sempre di fare il raccattapalle per poter stare a bordo campo durante le partite. “Da napoletano fatico a esprimere con le parole la sensazione di essere in quello stadio e di sentire quell’energia. Pensavo: ‘Cavolo, se un giorno potessi giocare una sola partita qui con la maglia del Napoli morirei felice’”.
L’esordio al San Paolo è arrivato e dopo poco anche il suo primo gol in casa contro il Parma, il 16 settembre 2012. Oggi, a distanza di quasi sei anni, Insigne continua a sognare. Sogna di vincere lo Scudetto con il Napoli, anche per cancellare la grande delusione della mancata qualificazione al Mondiale con l’Italia. Sogna di vincerlo per la sua città, per i suoi amici, per la sua famiglia.
“Ogni volta che indosso la maglia del Napoli al San Paolo mi viene la pelle d’oca. Perché so cosa significa per la mia famiglia, e ripenso a tutto quello che ha sacrificato mio padre negli anni per tirare avanti e per permettermi di coltivare questa passione. Non so cosa abbia dovuto fare per avere i soldi per comprare le mie prime scarpe, ma so che è stato faticoso. Quel sacrificio ha dato inizio a questo sogno. E ora posso scendere in campo nella mia città e mi vengono i brividi perché penso: ‘Qui ha giocato il più grande giocatore della storia. Qui è dove ha giocato Maradona’. Con tutto il dovuto rispetto, caro Ronaldo, adesso che sono più grande e che conosco la mia storia, devo pentirmi e devo dire che Maradona è il più grande giocatore che sia mai esistito. Ronaldo, avevi delle scarpe meravigliose. Eri il Fenomeno. Eri la mia ispirazione. Ma io sono napoletano, qui c’è un solo re. E il suo nome è Diego Armando Maradona”.
Qui la lettera di Lorenzo Insigne e i video: