“Quanti voti hai? è stata la risposta a una mancata qualificazione ai Mondiali. Io credo che la risposta debba essere un’altra. La mancata qualificazione è storica: ci ha detto tante cose, ma soprattutto che serve una risposta storica. I calciatori hanno deciso di candidarmi perché vorremmo cercare questa risposta. Quanti voti ha il cambiamento, quanti la voglia di cambiare un trend che viene da lontano?”
Così ha iniziato il suo discorso Damiano Tommasi, ex centrocampista di Roma e Nazionale e candidato alla presidenza della Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), durante l’Assemblea Elettiva del 29 gennaio. Un discorso da cui venivano fuori voglia di fare, umiltà e tanta passione. Un discorso che non poteva non fare riferimento al comportamento assunto dalla FIGC dopo la sconfitta subita dalla Nazionale contro la Svezia.
“Qual è la FIGC che voglio? Mi piacerebbe avere una FIGC di uomini e donne con la schiena dritta, che sappiano guardare negli occhi. Purtroppo in questi giorni troppo spesso non mi sono guardato negli occhi con tutti perché se non si ha la schiena dritta non si regge lo sguardo. Vorrei una federazione che non abbia l’ossessione di fare utili, perché non deve fare utili. Certo non deve andare in perdita, ma ogni euro di utile è uno in meno investito nel nostro calcio. L’obiettivo, prima della candidatura ad Euro 2028, deve essere vincere sul campo Euro 2020. L’obiettivo non deve essere quello di esultare perché ci assegnano la partita di apertura, ma quello di vincerla sul campo. Ed è giusto che ci siano entrambe le componenti. Questo è stato lo sbaglio degli ultimi anni: non aver formato una Nazionale competitiva, non essere stati capaci di formare giocatori forti, di aumentare il numero dei tesserati e delle società che vogliono fare calcio”.
Damiano Tommasi era considerato l’outsider, fuori dai giochi di potere e di politica del mondo del calcio. La sua candidatura, infatti, era appoggiata quasi esclusivamente dai calciatori, che già rappresenta da Presidente dell’Associazione italiana calciatori (AIC). “Mi hanno detto che sono troppo sindacalista, ma un sindacalista non sarebbe qua oggi perché non vuole andare al governo. Sarebbe lì con la lista della spesa su una poltrona, forse da vicepresidente. Invece io sono qua perché come calciatore ho raccolto le lacrime di chi era a San Siro in mezzo al campo. Io qui cerco una risposta. Questa sala sembra chiusa, ma è molto aperta, abbiamo addosso gli occhi di milioni di tifosi e un dovere nei loro confronti: loro vogliono che la nazionale ritorni a essere quella che è sempre stata, noi dobbiamo far vedere che c’è voglia di cambiare e di dare una scossa”.
Per eleggere il nuovo numero uno della FIGC erano necessari il 50% dei voti più uno, che nessuno dei candidati (Gabriele Gravina, Cosimo Sibilia e, appunto, Damiano Tommasi) ha raggiunto. Così la quarta votazione, in cui hanno vinto le schede bianche, ha aperto le porte al commissariamento del Coni. Tommasi nel corso del suo discorso aveva provato a trovare un accordo con gli altri candidati, proponendo di lavorare tutti insieme per un obiettivo comune. “Se ci fermiamo a litigare prendiamo gol. Dobbiamo sentire la stessa maglia, se non ce l’abbiamo dove andiamo come federazione? Chi ha il 34% dei voti deve essere responsabile e non farlo pesare. Anche i miei figli non possono abusare della maggioranza, perché se vogliono andare a Gardaland devono sempre chiedere il mio parere”.
Centrale all’interno del discorso è la convinzione che la Nazionale debba diventare un club a tutti gli effetti per garantirne la piena funzionalità. “La Nazionale deve essere organizzata come un club, il club Italia, e dobbiamo dare l’impressione di essere la società migliore. Quella con più tifosi, con più responsabilità, che può permettersi di avere i migliori perché li sceglie, ma non solo per il campo, anche per lo staff, per di dirigenti, per i magazzinieri”.
Innovativo è anche il progetto sulle seconde squadre, che prevede l’introduzione di un modello italiano di “squadre B”, differenti dalle attuali primavera, delle squadre professionistiche. Faranno parte del campionato di Lega Pro, con possibilità di promozione o retrocessione ma con il limite di non poter accedere al campionato della Prima Squadra. “Quello sulle seconde squadre è un progetto tecnico e sportivo. In Italia-Svezia under 19 abbiamo perso 2 a 0. In realtà abbiamo perso 230 a 28, che sono le presenze dei ragazzi spagnoli nel professionismo rispetto alle nostre. I nostri ragazzi avevano 0 presenze in Lega Pro. Non so se loro sono più bravi, ma sicuramente sono più avanti”.
“Abbiamo un obbligo, una grande responsabilità. Queste mura sono aperte e fuori si aspetta un cambiamento. C’è una bellissima frase, Questo mondo non lo abbiamo ereditato dai nostri padri ma preso in prestito dai nostri figli, e proprio questo aumenta le responsabilità. Domani gireremo per strada e ci verrà chiesto cosa abbiamo cambiato nel calcio”.
Qui il video del discorso. Ecco, invece, il programma di Damiano Tommasi.