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Gianfranco Zola: dal Napoli al Chelsea, ogni maglia una storia da raccontare


Questa è una di quelle larghe, io dovevo tagliarla con le forbici perché per me era anche troppo lunga”. Gianfranco Zola con la storica maglietta numero 25 della prima stagione al Chelsea sembra tornare in un attimo “the Trick Box”, come era stato soprannominato dai tifosi. Zola è il calciatore italiano più amato d’Inghilterra, l’allievo di Maradona, quello che con i suoi numeri da fuoriclasse e la correttezza fuori e dentro il campo ha meritato il titolo di Member of the British Empire, l’onoreficenza che la Regina assegna ai cittadini più meritevoli del Regno Unito (da Mick Jagger e JK Rowling).

Tra Zola e l’Inghilterra si è trattato in effetti di un amore duraturo e corrisposto, sette stagioni trionfali al Chelsea (mai nessuno straniero come lui). “Nel calcio italiano ci sono troppe chiacchiere”, ripete spesso. “Quando sono arrivato a Londra mi sentivo un po’ spaesato, ma ce l’ho messa tutta, ho lavorato duramente, è stata un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo e ho ricevuto più stima ed affetto di quanto mi sarei aspettato. Se non fosse stato per il richiamo della Sardegna, la mia terra, sarei rimasto a vivere in Inghilterra per sempre perché lì ormai mi sentivo a casa mia, come un cittadino britannico”.

Gianfranco Zola oggi fa il viceallenatore di Sarri al Chelsea, ma la sua carriera calcistica, conclusa nel giugno 2005 nel Cagliari con due gol alla Juventus nell’ultima partita ufficiale, a differenza di quelle di molti suoi colleghi allenatori che sono stati spesso giocatori mediocri, è costellata di successi, di incontri, di storie. Come quelle raccontate a What I Wore, una rubrica YouTube creata da BT Sport che ospita in ogni puntata un campione del calcio a cui fa rievocare la carriera traendo spunto dalle casacche indossate dal protagonista e dai suoi avversari di una vita.

Per ora si sono avvicendate glorie vecchie e nuove del calibro di Gareth Bale, Delle Ali, Rio Ferdinand e Gary Lineker  (c’è anche il giovane Héctor Bellerín, di cui vi abbiamo parlato qui) con un format che promette bene per gli appassionati di calcio e i feticisti di divise classiche (non a caso lo sponsor “tecnico” è un negozio online di maglie da calcio storiche).

Con la seconda maglia, rossa a maniche lunghe e lo sponsor “Mars” (“perfetta col clima freddo e secco ma se pioveva era un disastro, arrivava a pesare 4-5 chili”) della prima stagione al Napoli di Maradona, Zola torna con la memoria agli allenamenti col grande campione argentino, capaci di trasformare anche i compagni di squadra in spettatori ammirati.

Poi la stilosissima divisa del Parma 1993-1995 (una supercoppa europea, una coppa uefa, uno scudetto sfiorato) quando da noi dominavano le cosiddette “sette sorelle”, sette squadre di serie A tutte potenzialmente in grado di vincere il campionato. Erano gli ultimi anni d’oro del calcio italiano. Nel Parma di allora muovevano i primi passi campioni del calibro di Paolo Cannavaro e Gigi Buffon, a quell’età già di un altro pianeta, ricorda Zola. Poi arriva il momento degli olandesi del Milan di Sacchi, una delle squadre più forti di tutti i tempi, e in particolare di Ruud Gullit che lo volle al Chelsea nel 1996 (“mi ha fatto innamorare di nuovo del gioco del calcio”).

Ma il momento più intenso arriva quando Zola ricorda il terribile infortunio al ginocchio di Gigi Casiraghi – amico vero e compagno di squadra al Chelsea – da cui l’ex centravanti della nazionale non riuscì a riprendersi e che ne segnò di fatto la fine della carriera.

Se non fosse stato per il richiamo della Sardegna, la mia terra, sarei rimasto a vivere in Inghilterra per sempre.

La domanda finale, “la tua casa brucia e puoi salvare soltanto due maglie, uno per il suo valore affettivo, l’altra per il look” è senza sorprese: Chelsea e Nazionale italiana. Da Zola, uno capace di rinunciare a un rinnovo contrattuale con il Chelsea offertogli da Abramovich per tornare nella sua Sardegna e aiutare il Cagliari a tornare in serie A, cos’altro ci si poteva aspettare?

Forse con un giornalista preparato un po’ meglio sugli aspetti meno noti della parabola di Zola calciatore poteva emergere qualche aneddoto e curiosità in più, ma l’idea del flusso di coscienza che innescano le maglie appese allo stand, come un album dei ricordi da sfogliare insieme a chi intervista, è una trovata che tutto sommato funziona da sé.

Alla fine del video ci si porta dietro il sorriso sincero di Zola, una buona dose di orgoglio nazionale per l’emigrante di lusso che ottiene il rispetto dei perfidi inglesi con il talento e la serietà… ma soprattutto una maledetta nostalgia per le care, vecchie casacche di una volta, quelle larghe e lunghe che a Zola toccava ritagliare.