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Paura dei vaccini: il primo passo è capire da dove viene


Non è una colpa quella di avere paura dei vaccini. Questo è il primo messaggio, in molti contesti controcorrente, del libro di Roberta Villa “Vaccini. Diritto di (non) avere paura” (Il Pensiero Scientifico Editore, 2019), nel quale tuttavia, è bene dirlo subito, non viene messa in discussione l’assoluta necessità ed efficacia dei vaccini oggi disponibili. Anzi, viene ben dettagliata la loro efficacia e importanza.

Infatti, anche se abbiamo appunto il diritto ad avere paura e anche il diritto a non averla, a trovare il modo di sconfiggerla, come ha sottolineato la stessa Roberta Villa in occasione della presentazione del suo libro alla fiera Più Libri Più Liberi di Roma lo scorso 4 dicembre, “Abbiamo anche il dovere di fare delle scelte razionali e non così d’impulso quando si tratta della salute dei nostri figli, e quindi una volta informati adeguatamente capire che vaccinare i nostri figli è la cosa migliore che possiamo fare per loro”.

Ma cosa c’è dietro a questa paura? E quali sono i rischi che si corrono ad assecondarla?

Vi sono diversi fattori che contribuiscono a questo sentimento che porta poi a quella che viene definita hesitancy – che è qualcosa di più dell’incertezza o dell’esitazione, come spiega l’autrice nel volume, e che un termine adoperato dalla stessa Organizzazione della Sanità (Oms).

Innanzitutto è bene chiarire che non è la mancanza di informazioni, l’ignoranza, il problema principale. Tra i più forti antagonisti delle vaccinazioni obbligatorie ci sono infatti persone informate, istruite, persone che nella foga di informarsi si sono infilate in una tana del Bianconiglio che le ha portate dritte nell’inganno della troppa conoscenza. Sono loro, racconta Villa durante la presentazione, che cadono nella trappola della paura più facilmente di quelli che, magari meno attrezzati culturalmente, si fidano semplicemente delle istituzioni e ne seguono le indicazioni.

Chi crede alla storia che lega autismo e vaccino non verrà smosso dalle decine di ricerche condotte ormai su oltre un milione di bambini, che hanno smentito lo studio, non solo inattendibile ma fraudolento, che ha alimentato questa falsa credenza”, si legge nel volume.

Un grande peso nelle paure dei genitori (nel caso dei vaccini ma non solo), infatti, ha la sfiducia dei genitori, dei cittadini, nelle istituzioni, che chiedono l’obbligo della vaccinazione (strumento che, per quanto sia validissimo nell’alimentare la copertura vaccinale, talvolta può essere controproducente nello sviluppare un sentimento di fiducia) ma che tra orari e appuntamenti rendono molto difficile ai genitori adempire a questo obbligo e non curano la comunicazione nella maniera più opportuna, efficace e tranquillizzante.

Tanta sfiducia c’è anche nel vaccino stesso e verso chi i vaccini li produce e li mette in commercio, leggi Big Pharma. Questa poi è alimentata spesso proprio da quanti invece dovrebbero rassicurare: medici, pediatri e operatori sanitari che disinformati o dalle opinioni controverse rischiano di fare danni irreparabili. Pediatri che esprimono dubbi su tempi, modi e opportunità delle vaccinazioni possono vanificare in un secondo agli occhi di un genitore la validità dei fortissimi dati sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini.

Vi è infine mancanza di consapevolezza sull’importanza della vaccinazione, sulla gravità delle malattie da cui proteggono bambini e adulti, dei rischi e delle conseguenze legate a queste malattie di cui spesso i genitori di oggi non hanno memoria. In questo senso si dice spesso che i vaccini sono vittime del loro stesso successo.Proprio il fatto di aver fatto sparire nei nostri Paesi alcune tra le più terribili da cui proteggono fa sì che non se ne riconosca oggi l’importanza”, spiega il libro di Villa.

Oggi si sta pagando lo scotto di questa sfiducia e di questo scetticismo e molti in Europa, Stati Uniti e in molte altre parti del mondo stanno sperimentando in prima persona la gravità di malattie come il morbillo.

Proprio il fatto di aver fatto sparire nei nostri Paesi alcune tra le più terribili da cui proteggono fa sì che non se ne riconosca oggi l’importanza.

Il fenomeno della paura, non è certo solo italiano. È un pericoloso trend globale, inserito dall’Oms tra le dieci minacce per la salute pubblica globale, che cresce e si diffonde grazie a carburanti eccezionali. Per esempio, teorie complottiste, fobie collettive, fake news e bufale che, facilitati dalla disintermediazione delle informazioni (tutti accedono tramite Internet a informazioni non filtrate, non convalidate, talvolta difficili da interpretare e gestire) ed enormemente amplificati (ma non generati) da social media e dalle bolle di informazioni in cui tutti ci troviamo incastrati, viaggiano alla velocità della fibra.

Tutto questo porta a posizioni di incertezza, di timore, di rifiuto più o meno convinte che se attaccate frontalmente, se relegate al livello di “follie”, di “irragionevolezze” e affrontate solo con un muro contro muro non fanno altro che alimentare un fenomeno molto pericoloso, quello della polarizzazione. A posizioni da stadio: o si è contro o si è a favore. Eppure, non si liberano le persone dalle loro paure trincerandosi dietro ai dati, né sbandierando informazioni, né tanto meno assumendo posizioni totalitarie e assolutiste. Anzi, così facendo si aumenta questo fenomeno della polarizzazione e si rischia che le persone si radicalizzino su posizioni pericolose per i bambini, per loro stesse e per tutta la comunità.

Schierarsi risponde al bisogno di sentirsi parte di qualcosa e nell’opposizione si rinforza la propria identità. Credere in qualcosa di diverso, convincendosi così di poter uscire dalla massa che segue quel che gli viene propinato senza interrogarsi in modo critico, diventa in questi casi estremamente rassicurante e gratificante. Al contempo fornisce un gruppo di cui far parte, da cui sentirsi difeso e dietro cui sentirsi più forte”.

Schierarsi risponde al bisogno di sentirsi parte di qualcosa e nell’opposizione si rinforza la propria identità.

Come si può invece avvicinare una persona ancora “esitante” o addirittura una ostile, non solo ai vaccini, ma anche, per esempio, ai farmaci antitumorali, ai farmaci antiretrovirali e ad altre misure di precauzione e prevenzione?

Roberta Villa fa qualche proposta nel suo testo, sottolineando quanto sia indispensabile “distinguere le specificità delle realtà nazionali e locali” nonché quelle individuali e di contesto: “Rifiuto e scetticismo si possono presentare in diversa modo e in diverso modo possono essere affrontati, senza mai dimenticare il possibile impatto di difficoltà pratiche che, insieme a una sottovalutazione dell’importanza delle vaccinazioni, fanno trascurare o ritardare dosi e richiami senza che vi sia nessuna particolare preclusione ideologica al riguardo”.

Sono proposte mirate innanzitutto a ristabilire la fiducia nelle istituzioni attraverso dialogo, comunicazione e azioni concrete che normalizzino la vaccinazione e che vadano incontro alle necessità dei genitori (e.g. giornate di vaccinazioni in palestre e scuole). Sono proposte per formazione degli operatori sanitari, per una comunicazione preventiva (durante la gravidanza o subito dopo il parto, o massiccia in quei luoghi della Rete dove si informano le persone più dubbiose)  che permetta di “intercettare le persone prima che siano raggiunte dalla disinformazione, con una informazione serena positiva ed efficace”.

Tutto sempre concentrandosi sul messaggio positivo che si vuole portare e non sulla bufala da sbugiardare senza mettersi in opposizione netta e assoluta ma partendo da punti condivisi, per aprire un dialogo. E sottolineando sempre che l’obiettivo è lo stesso per tutti: proteggere la salute dei bambini, che non possono farlo da soli.