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Twitter e medicina, l’Italia resiste ma non deve avere timori


Su 330 milioni di utenti/mese attivi di Twitter solo poco meno di otto milioni sono italiani, per lo meno stando al Digital Report 2018. Ha dunque ragione Alberto Tozzi, Chief Innovation Officer dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, quando dice che l’Italia resiste all’uso del social dell’uccellino blu?

Tozzi tuttavia (al quale ci siamo rivolti nell’ambito della nostra serie che cerca di capire se e come i medici italiani adoperano Twitter nella professione, qui la prima “puntata”) si riferisce in particolar modo all’uso del social network in ambito medico-scientifico, nel quale forse questa resistenza potrebbe essere più accentuata.

Un peccato perchè, come spiega lui stesso, “Twitter è uno strumento flessibile non solo per il fatto che si tratta di uno strumento sintetico, ma perchè può funzionare da ripetitore, da distributore, da pilastro per l’informazione congressuale. Si può anche utilizzare per costruire delle vere e proprie discussioni, quasi come se si trattasse di una chat sociale, in modo più snello che con altri social network”, spiega.

Secondo il medico dell’ospedale romano, per quanto riguarda scienza e innovazione “…noi siamo ancora molto chiusi e se vogliamo tentare di fare dei passi avanti non dobbiamo avere timore di confrontarci con chi fa altre cose, anche se si tratta di diversi livelli. Twitter da questo punto di vista è un ottimo sistema perchè non ci costringe a leggere tutto ma ci fa capire quali sono i topic principali proprio per la brevità dei messaggi che vengono trasmessi”.

Bisogna dunque imparare a sfruttare la caratteristica di questa piattaforma di essere “notizia in tempo reale”. Certo ad adoperarla senza un certo discernimento si corre il rischio “di accedere a una valanga di informazioni completamente fuori fuoco”. Tuttavia, spiega il medico, “selezionando gli utenti in base contenuti, alla tempestività, al settore di interesse e anche alla modalità di descrizione dei contenuti stessi, è possibile ricavarsi una nicchia che è estremamente personalizzata”.

Quello che raccomanda di fare Alberto Tozzi è dunque un lavoro certosino di selezione dei profili da seguire (ma non di hashtag, che invece non ama affatto), magari “rubando” contatti Twitter da seguire proprio alle persone di cui ci fidiamo e che seguiamo a nostra volta. Questo lavoro, non può però essere fatto solo una volta e poi mai più: va ripetuto di tanto in tanto sia per smettere di seguire quei contatti che si sono rivelati poco utili o interessanti sia per aggiungerne di nuovi.

A questo procedimento poi si deve accompagnare, secondo il medico, un uso sistematico: dedicare un po’ di tempo ogni giorno a leggere i tweet e i messaggi che arrivano in bacheca. “Essendo sistematici”, spiega, “è difficile perdere l’informazione rilevante”.

Tra le precauzioni da prendere in quanto medici che adoperano la piattaforma, Alberto Tozzi ne sottolinea una in particolare: non dare troppo spazio alle informazioni personali per non dare troppo sponda  – a Twitter come ad altri social media – ed evitare una profilazione troppo veritiera.

La serie “Medici su Twitter” è realizzata con il contributo non condizionante di