Nell’aula magna della Lumsa risuona così spesso la parola “ottimismo” che sembra impossibile si stia parlando di sanità. Invece no. La presentazione di un libro sul ruolo del management nel servizio sanitario è l’occasione perfetta per fare il punto su questioni che riguardano tutti i cittadini, a distanza di 40 anni dalla legge che ha cambiato il volto all’assistenza sanitaria nel nostro paese. L’autore è Angelo Tanese, economista e direttore generale della Azienda sanitaria locale Roma 1: la salute di quasi un milione di cittadini dipende anche da lui. Dalle sue scelte e dal suo entusiasmo.
Il ruolo del management nel servizio sanitario dovrebbe essere qualcosa di scontato, sostiene Tanese, ma non lo è affatto. Dal 1992 (anno di istituzione di quelle che erano allora denominate unità sanitarie locali) ad oggi, si sono succedute diverse fasi con caratteristiche peculiari. “Nei primi anni Novanta la ‘rivoluzione manageriale’ sembrava una strada obbligata per responsabilizzare le Usl a un maggior controllo sulla spesa sanitaria, che cresceva a tassi annui superiori al 15 per cento”, scrive in “Ruolo del management nel servizio sanitario. Una storia in tre atti”, “ma appariva anche un antidoto contro la crisi di rappresentanza e di fiducia nelle istituzioni seguita agli scandali emersi nel periodo chiamato di ‘Mani pulite’. L’Italia si apprestava a vivere una nuova fase caratterizzata dal crollo dei vecchi apparati affermatisi nei quarant’anni del dopoguerra, dall’emergere di nuovi partiti e movimenti politici e soprattutto di una forte pressione ad allineare il Paese alle sfide dell’Unione Europea, con misure straordinarie per ridurre il disavanzo e contenere il peso dell’enorme debito pubblico, sul quale aveva inciso anche la crescita della spesa sanitaria”.
Salute, economia e politica: un intreccio che per molti è alla radice dei guasti del sistema sanitario ma che per Angelo Tanese rappresenta una sfida appassionante. Il dirigente sanitario “amministra” centinaia di persone e bilanci con un numero elevato di zeri. La stella polare è il rispetto del proprio ruolo pubblico in un’attività al centro di dinamiche e tensioni politiche che attraversano diversi livelli, dai più periferici a quelli centrali. Il tutto a diretto contatto con i cittadini, sempre più informati e coinvolti nei processi di gestione della propria salute, e con i media.
Nei primi anni Novanta la ‘rivoluzione manageriale’ sembrava una strada obbligata.
Una fase successiva ha visto il passaggio da una cultura dichiaratamente localistica (basti pensare all’aggettivo locale presente nella denominazione della Usl) a una visione più ampia e comprensiva. “È come se improvvisamente quei dieci anni di aziendalizzazione fossero letti solo in maniera negativa, mentre invece avevano prodotto all’interno del sistema profondi cambiamenti nell’ottica della responsabilità”, continua Tanese. La funzione – o le funzioni – del management dovrebbero essere ovvie ma purtroppo il sistema politico-istituzionale è sempre stato molto poco consapevole delle opportunità offerte da quelle che al contrario dovrebbero essere considerate figure chiave in organizzazioni come quelle sanitarie che sono assai più complesse rispetto al passato, sia per l’ampiezza dei territori sia per la numerosità della popolazione assistita.
La risposta alle sfide di oggi, sostiene, è nella proposta di un sistema sanitario rigoroso ma non rigido, in una “cultura della responsabilità professionale” e nel supporto alla partecipazione dei professionisti della sanità e dei cittadini. Il management sanitario è dunque “una necessità” non soltanto per assicurare la sostenibilità economica del sistema ma anche per garantire l’accountability dei dirigenti.
Responsabilità è una parola chiave più volte ripetuta dal direttore della Asl Roma 1: l’esercizio della funzione manageriale si traduce nell’impegno a raggiungere obiettivi definiti e negoziati collegati a un obbligo di rendicontazione dei risultati ottenuti. Parola che assume significato soltanto se associata a una prassi di valutazione delle performance e degli esiti delle cure.
“È come se ‘d’improvviso’ sia apparso evidente che i disavanzi accumulati negli anni in alcune Regioni potessero in qualche modo essere ricondotti a differenze strutturali nell’offerta (posti letto, personale) e nel consumo delle risorse con criteri di appropriatezza ed efficienza (prestazioni specialistiche, spesa farmaceutica, spesa per beni e servizi) da rilevare in modo sistematico, nel tentativo di rafforzare il sistema di controllo e di responsabilizzazione che già il D.lgs. 502/92 aveva previsto”. Solo negli ultimi anni, dunque, nasce una “cultura della premialità” che distingue tra Regioni virtuose e Regioni inefficienti.
La barca che vedete sulla copertina nel mare in tempesta è una barca che ce la fa.
La terza fase è quella che stiamo vivendo. Approdati ad una sanità che si pone – o si dovrebbe porre in una condizione di costante dialogo con tutti gli stakeholder del sistema, quello di domani è un management di relazione, che non nega la complessità delle sfide ma è capace di coglierne le opportunità. Non possiamo immaginare o anche semplicemente pensare a mettere in piedi servizi sanitari ideali, dice Tanese, anche perché le condizioni per il miglioramento di qualità sono mutevoli e esposte al cambiamento a partire dal divenire dei contesti. “Le stesse risorse umane che agiscono nel sistema possono lavorare con risultati eccellenti o modesti a seconda del contesto e dell’organizzazione di cui fan parte”. In questo quadro, l’innovazione diventa condizione della sostenibilità e non un driver di maggiore spesa.
“La barca che vedete sulla copertina nel mare in tempesta è una barca che ce la fa, non perché sia possibile abbassare l’altezza delle onde del mare ma perché è ben guidata”.