“La coscienza è un flusso temporale continuo, ed è il cervello a costruirlo”. Parola di Georg Northoff, psichiatra, neuroscienziato e filosofo presso la University of Ottawa, che spiega la sua teoria ai microfoni di One Congress One Year – #1C1Y. “Le attività spontanee del cervello hanno una struttura temporale propria, correlata al nostro senso del Sé, in particolare, all’autocoscienza”. Questo delicato processo ci interessa tutti da vicino, sia per capire il nostro Sé e la sua natura in generale, ma anche per comprendere perché e come il Sé può essere alterato in disturbi psichiatrici come la schizofrenia, la mania e la depressione.
Il cervello costruisce fenomeni soggettivi come la personalità, la coscienza e le emozioni nella relazione con il mondo, usando come ponte la dimensione spazio-temporale. Tempo esterno e tempo interno tuttavia, spiega Georg Northoff,non sempre scorrono alla medesima velocità. “In un soggetto depresso ad esempio il tempo interiore è troppo lento in relazione alla velocità del tempo del mondo”.
Il ragionamento di Georg Northoff, teso a esplorare il rapporto tra il Sé e il cervello, prende il via da una domanda centrale: in che modo e perché il nostro cervello costruisce fenomeni soggettivi come la personalità, la coscienza e le emozioni?
Quello che il neuroscienziato vorrebbe illustrare è come sia possibile che l’attività neuronale pura si trasformi in attività mentale, ovvero come le attività neurali si traducono in cambiamenti esperienziali. La prima risposta che lo psichiatra fornisce è che: perché l’esperienza sia collegata e basata sul cervello e la sua attività neurale, deve per forza esserci una sorta di ponte tra cervello ed esperienza. Questo ponte è la dimensione spazio-temporale. “Abbiamo molti dati che ci dicono come la misura in cui il cervello costruisce il proprio tempo e lo spazio è strettamente correlata al modo in cui si sperimenta il senso di Sé”, spiega. “Più informazioni il tuo cervello ha avuto su di me più è capace di espandermi in termini spazio-temporali”. In altre parole, è come se la persona (in primo piano) fosse espansa dalla dimensione spazio-temporale (che sta sullo sfondo).
Adesso tratteniamo il fiato e per un attimo proviamo a fare uno sforzo di astrazione – abbiamo a che fare con uno psichiatra, neuroscienziato e filosofo e lo sforzo richiesto non è cosa da poco– e a seguire il ragionamento di Northoff. Scopriremo, passando per Leonardo Da Vinci e Michelangelo, ma anche salendo a bordo di una Ferrari, che la faccenda non è così semplice. Il cervello non è un modello lineare puramente meccanico. Inoltre, né la coscienza né il Sé emergono in associazione ad uno specifico contenuto o stimolo che arriva dall’esperienza, piuttosto sono associati come contenuti a quel determinato stimolo dal cervello. Questa semplificazione è un modello valido per specifiche competenze, come quelle cognitive, affettive e sensoriali. In altre parole, il nostro cervello non è un modello lineare, puramente meccanico, ma è in continuo movimento in determinate traiettorie spazio-temporali.
“Il cervello interagisce con lo stimolo sulla base di direzioni spazio-temporali proprie”, spiega lo scienziato. È questa interazione tra spazio e tempo ad essere importante: è lì che si definisce in che modo la coscienza del Sé può essere associata con un stimolo, in maniera non lineare .
Per una persona gravemente depressa nulla si muove. Tutto sta fermo. Il tempo non scorre.
Torniamo ora alla domanda centrale, in che modo e perché il nostro cervello costruisce fenomeni soggettivi come la personalità, la coscienza, le emozioni? Domanda che poi, in un ambito clinico, si legge come: “In che modo i sintomi nei disturbi psichiatrici, che sono intrinsecamente esperienziali (soggettivi), possono essere collegati al cervello e alla sua attività neurale (intrinsecamente oggettiva)?”
Northoff porta l’esempio della depressione maggiore e di ciò che il cervello di un paziente depresso costruisce in relazione al mondo, per farci notare che nel continuum di cui sopra, la relazione tra esterno ed interno può essere alterata nei disturbi psichiatrici. II tempo interiore di un soggetto depresso per esempio è troppo lento in relazione al tempo del mondo che è troppo veloce. “Per una persona gravemente depressa nulla si muove. Tutto sta fermo. Il tempo non scorre”, spiega infatti lo psichiatra. “Quindi tutti gli stimoli esterni sono troppo veloci e si finisce per essere stressati da tutte queste richieste dal mondo esterno”.
La riflessione dunque parte dal “Sé come struttura temporale”, si sofferma sulla relazione tra tempo interno e tempo esterno per poi passare a come il Sé e la sua struttura temporale possano essere alterate in disturbi psichiatrici come la schizofrenia, la mania e la depressione. Se guardiamo al modo in cui il cervello stesso costruisce il proprio spazio-tempo e a come questo si rapporta al tempo e allo spazio del mondo saliamo su questo ponte. Comprendere questi meccanismi significa comprenderci di più, ma anche cercare soluzioni alternative a problemi psicopatologici.