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Photo by Pabak Sarkar / CC BY

Smartphone e social media per una fenotipizzazione digitale in medicina


L’uso massiccio che facciamo dei nostri smartphone e la frequentazione compulsiva dei nostri profili social potrebbero assumere un ruolo centrale nella rivoluzione alla quale assistiamo anche in ambito sanitario grazie all’avvento delle nuove tecnologie.

Se guardiamo al contesto della salute mentale scopriamo, ad esempio, che in psichiatria la cronologia delle ricerche o i post sui social media possono diventare dati molto informativi, segnali che potrebbero confessare intenti suicidi o primi segni di psicosi. Gli smartphone sono in grado di tenere traccia dei comportamenti quotidiani che riflettono la salute mentale, permettendoci di rilevare l’inizio di una crisi e innescare una risposta terapeutica adeguata, attraverso specifiche app sulla salute mentale.

Quando le persone iniziano a scivolare nella depressione, ad esempio, è possibile che facciano cose tipiche facilmente rilevabili dai microfoni, dagli accelerometri, dalle unità Gps e dalle tastiere di un telefono. Ad esempio, è possibile che parlino con meno persone; e quando parlano, possono farlo più lentamente, dire meno cose e usare frasi più goffe e un vocabolario più ristretto. Possono rispondere a meno chiamate, messaggi, e-mail, messaggi diretti da Twitter e Facebook. Potrebbero alzare il telefono più lentamente, se rispondono, o trascorrere più tempo a casa. Lo scivolare in uno stato psicotico potrebbe mostrare segni simili, nonché particolari cambiamenti nella sintassi, nel ritmo del linguaggio e nel movimento.

Guardando alla interazione uomo-macchina oggi possiamo creare un fenotipo capace di restituirci una misura ecologica, passiva, oggettiva e continua di una grande mole di dati”, spiega Thomas R. Insel, neuroscienziato e psichiatra americano, che è stato alla guida del National Institute of Mental Health (NIMH) dal 2002 al novembre 2015 e prima direttore fondatore del Center for Behavioral Neuroscience presso Emory University di Atlanta, in Georgia dal 1999 al 2020. Nel 2015 si è dimesso come direttore del NIMH per unirsi alla divisione Life Science di Google X (ora Verily Life Sciences), dove è restato fino al maggio 2017.

Le grandi moli di dati passivi – o metadati – che arrivano dai dispositivi mobili sono in grado di fornire “un’immagine più obiettiva e strutturata della vita delle persone”: abbiamo informazioni raccolte in modo continuo, anziché solo durante le sessioni settimanali nello studio di uno psichiatra, per mesi o per anni. Con input così, un telefono potrebbe percepire prima l’inizio di una crisi e innescare prima una risposta adeguata, in modo che possa essere più misurata, meno stridente e meno pesante in termini di farmaci.

Con questo set di dati possiamo mettere insieme informazioni aggiuntive di tipo cognitivo, neuronale e clinico, che possono permetterci di categorizzare in modo più preciso, di fare diagnosi migliori”, continua lo studioso. “E questa è solo una parte di ciò che penso che la rivoluzione digitale possa fare per la psichiatria”.

Per Insel dovremmo usare l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning per ‘piegare la curva’, ovvero per ridurre la morbilità e mortalità causate dai problemi mentali seri.

Negli Stati Uniti parliamo di una ‘Crisi della salute mentale’, non solo per l’alto tasso di morbilità e mortalità, ma anche per l’aumento costante del tasso di morbilità e mortalità a causa di problemi mentali seri”, sottolinea lo psichiatra. Lì, più che in Italia, si assiste a un aumento del 33 per cento nel tasso di suicidi dal 2000 e aumentano vertiginosamente anche i tassi di mortalità per overdose che hanno adesso superato le morti per suicidio. Non è possibile, secondo Insel, di fronte a questi numeri non chiedersi ‘Dove abbiamo fallito?’ o ‘Cosa abbiamo sbagliato?’.

Sebbene come psichiatri dovremmo essere principalmente focalizzati sui comportamenti, abbiamo approcciato questo aspetto dell’esperienza umana in modo ancora molto primitivo”, esordisce Insel. “Non siamo stati realmente capaci di guardare al comportamento con la granularità, la cura, la sensibilità che questa esperienza umana richiede”.

Eppure i dati che arrivano dai nostri smartphone potrebbero portare gli psichiatri ad un modo diverso di erogare le cure, lontano dal pensare e dall’agire che in medicina è sempre stato più gerarchico e paternalistico: abbiamo a che fare quotidianamente con strumenti che potrebbero dare il potere alle persone, mettendole nelle condizioni di prendere decisioni e ottenere cure migliori perché hanno informazioni migliori.

Con questo set di dati possiamo mettere insieme informazioni aggiuntive di tipo cognitivo, neuronale e clinico.

Servirebbero sistemi capaci di raccogliere informazioni in modo oggettivo, continuo, ecologico e auspicabilmente passivo. Insel pone al centro di questo nuovo sistema di misurazione, la fenotipizzazione digitale, una valutazione basata sull’uso dello smartphone per misurare l’umore, la cognizione e il comportamento. “Il fenotipo digitale è il termine ora utilizzato per descrivere questo approccio alla misurazione del comportamento dei sensori dello smartphone, dell’interazione della tastiera e di varie funzionalità di voce e parlato”, spiega Insel.

Sachin Jain e colleghi forniscono un tipico esempio della sua applicazione, in un articolo, pubblicato nel 2015 sulla rivista Nature Biotechnology: “In un paziente bipolare la cui mania si manifesta in un linguaggio rapido o ininterrotto o in ipergrafia, la malattia potrebbe essere caratterizzata dalla frequenza, dalla lunghezza e dal contenuto della partecipazione ai social media. Attraverso queste diverse applicazioni, i fenotipi digitali possono aiutare a garantire che le prime manifestazioni della malattia non passino inosservate e consentire al sistema sanitario di sviluppare interventi più agili, mirati e rapidi”.

Oltre alla misurazione del fenotipo digitale, lo smartphone può essere anche uno strumento di supporto nell’erogare terapie in caso di crisi, nel creare piattaforme per il supporto tra pari che ci permettono di immaginare un approccio quasi globale alle criticità: come accade per gli alcolisti anonimi, su base continuativa, è possibile sentirsi parte di una comunità di altre persone che hanno problemi simili.

I fenotipi digitali possono aiutare a garantire che le prime manifestazioni della malattia non passino inosservate.

Il vero valore di questa rivoluzione sarà chiaro nel momento in cui sarà possibile combinare la fenotipizzazione digitale con la possibilità di portare in cura le persone che ne hanno bisogno, ad esempio attraverso utilizzando piattaforme di assistenza online incentrate sulla persona. “Chi non è disposto ad andare dallo psichiatra o a recarsi nei servizi di salute mentale può iniziare a rivolgersi a queste piattaforme, tenendo presente che esiste la capacità di guardare le metriche in tempo reale e che vengono raccolti dati su ciò che le persone stanno ricevendo in termini di cura”, precisa lo psichiatra.

La portata rivoluzionaria di questi cambiamenti non riguarda solo l’ambito psichiatrico. Nella sessione che aprirà 4Words2020, la 4a Riunione annuale di Forward che si terrà a Roma il 30 gennaio 2020, dedicata ai network, interverrà Paola Velardi, docente dell’Università di Roma La Sapienza, su un tema affine: il rilevamento dei bisogni dei malati sulla base delle analisi dei tweet.

Velardi, in un suo recente articolo, analogamente parla di fenotipo sociale, nello specifico della capacità di ottenere un punto di vista sul diabete incentrato sul paziente a partire dai blog e dai forum in cui si parla di salute. Anche in questo caso l’obiettivo è arrivare a cure più efficaci, tenendo a mente che l’efficacia di queste è funzione della comprensione condivisa tra medico e paziente di una malattia e del suo trattamento.

La tesi esplorata dalla studiosa è che una visione della malattia centrata sul paziente – quindi meno disallineata tra medico e paziente – possa essere dedotta attraverso un’analisi testuale automatizzata dei social in cui i pazienti ‘parlano’ di salute. Il processo è simile: raccogliendo, analizzando e sfruttando automaticamente queste informazioni è possibile ottenere una visione più dettagliata e sfumata dell’esperienza dei pazienti, ovvero quello che Velardi definisce il “fenotipo sociale” delle malattie.

La malattia ‘osservata’ è il diabete e il fenotipo sociale che emerge dallo studio mette in luce come “i pazienti con diabete esprimono online una percezione della loro malattia diversa da quanto inferito dalle valutazioni standardizzate che potrebbe utilizzare un medico. Per i pazienti i problemi che hanno un impatto sulla quotidianità sono dieta, controllo glicemico, farmaci e test clinici, nessuno di questi è di solito considerato nelle valutazioni sulla qualità di vita, probabilmente perché i medici non ne percepiscono il ruolo limitante”.

Non mancano però gli interrogativi etici che questo approccio pone: quando la misurazione diventa sorveglianza? Monitorare la geolocalizzazione o raccogliere i dati vocali restituisce informazioni che valgono la violazione della privacy necessaria per ottenerli? I dati di fenotipizzazione digitale dei pazienti saranno adeguatamente protetti? Chi possiede i dati? Come li usa?

Per saperne di più
Insel TR. Digital phenotyping: a global tool for psychiatry. World Psychiatry 2018;17:276-7
Insel TR. Digital PhenotypingTechnology for a New Science of Behavior. JAMA. 2017;318(13):1215-1216. doi:10.1001/jama.2017.11295
Jain SH, Powers BW, Hawkins JB, Brownstein JS. The digital phenotype. Nature Biotechnology 2015; 33: 462–463
Dobbs D. The Smartphone Psychiatrist. The Atlantic, July/August 2017 ISSUE
How digital is man? Mind and Brain Institute