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Pronto soccorso: affollamento e accessi inappropriati, le cause in uno studio italiano


Gli accessi ai pronto soccorso (PS) italiani aumentano con l’avanzare dell’età dei pazienti, ma nel caso di pazienti over 65 crescono anche l’appropriatezza e i successivi ricoveri. Lo dimostra uno studio condotto dalla Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) e dalla Società italiana geriatria ospedale e territorio (Sigot), pubblicato sulla rivista Geriatrics & Gerontology International, che per la prima volta ha preso in esame oltre 20 milioni di accessi al pronto soccorso in ogni fascia d’età.

Il sovraffollamento nei pronto soccorso rappresenta da sempre uno dei principali problemi per la sanità italiana. Un problema che, oltre a causare disagi e reclami da parte degli utenti, diventa un importante fattore di incremento del rischio clinico e di complicanze. Da questo studio sono emersi però dati significativi che smentiscono di fatto il luogo comune secondo cui gli accessi in PS degli anziani (over 65 anni) siano mediamente più inappropriati (quindi con l’assegnazione di un codice bianco o verde al triage) rispetto a quelli dei giovani. Gli accessi degli anziani in pronto soccorso, infatti, risultano al contrario appropriati ben quattro volte più che nei giovani, passando dal 10,7% della fascia 40-44 anni al 36,8% e al 44,2% nelle fasce d’età più avanzate. Un aumento dell’appropriatezza che si riscontra anche nei ricoveri, più giustificati negli anziani.

Come vedremo in seguito, questo non è l’unico dato su cui vale la pena concentrarsi. Di tutta la questione abbiamo parlato nel dettaglio proprio con uno degli autori di questo studio, Filippo Luca Fimognari, già presidente di Sigot. Non è possibile stabilire con certezza da cosa dipenda l’inappropriatezza di questi ricoveri, ma probabilmente – sostiene Fimognari – “gioca un ruolo importante la maggiore preoccupazione verso i giovani più che verso gli anziani da parte del medico di pronto soccorso, che temendo una successiva evoluzione negativa patologica tende al ricovero”. Un atteggiamento che spesso non è riservato agli anziani, per i quali è atteso – anche da parte dei parenti – un certo livello di gravità e un possibile esito negativo. “Un esempio – prosegue Fimognari – è quello della cefalea del giovane, che nella maggior parte dei casi costituisce un ricovero ingiustificato, ma a volte il medico di PS si preoccupa del fatto che possa nascondere un altro problema, rimandando così la decisione ai reparti”.

Chiaramente queste restano delle ipotesi, così come il fattore legato a un generale livello culturale più elevato nei giovani, che possono avere conoscenze (o credono di averle) per le quali tendono a non sottovalutare i propri sintomi, magari anche banalmente tramite una sempre più frequente ricerca su internet della sintomatologia. “Senza contare poi il fatto che – come sottolinea Fimognari – il giovane adulto ha maggiore facilità di accesso al pronto soccorso, perché può recarvisi da solo, mentre l’anziano, soprattutto se in condizioni di disabilità o malato, necessita della mediazione di un parente o di un caregiver, e spesso deve chiamare l’ambulanza. Sebbene nello studio quest’ultimo aspetto non sia presente, nei dati che abbiamo visto è evidente che l’accesso in PS in ambulanza sia più frequente negli anziani rispetto ai giovani”.

“Questi dati non devono far passare il messaggio che il pronto soccorso è affollato perché ci vanno i giovani con una patologia inappropriata”

Ad ogni modo, il dottor Fimognari sottolinea come “questi dati sull’inappropriatezza non debbano far passare il messaggio che il pronto soccorso è affollato perché ci vanno i giovani con una patologia inappropriata”. Anche perché, appunto, questi ultimi vengono definiti come tali e rimandati a casa, pertanto non affollano il PS. Chi lo affolla, quindi? “Gli anziani che hanno patologie gravi, che devono essere ricoverati e sono in una condizione definita di boarding, ovvero sono arruolati per il ricovero e aspettano il posto letto che però non c’è, perché in Italia abbiamo avuto un taglio lineare dei posti letto soprattutto in area medica, nell’illusione che si potesse risparmiare e molta patologia potesse essere risolta nel territorio. Questo però non è avvenuto, mentre la popolazione è cresciuta invece in termini assoluti e relativi”.

Al 2020 abbiamo infatti un numero di 3,14 posti letto ogni 1000 abitanti, che è tra i più bassi d’Europa. Soltanto fino a qualche anno il dato si aggirava intorno a 5. Abbiamo quindi a che fare con una concatenazione di tre fenomeni: l’invecchiamento della popolazione, dato che ogni anno abbiamo circa 150.000 over 65 anni in più rispetto all’anno precedente; il taglio dei posti letto; la scarsa crescita dell’assistenza territoriale. Tutto questo porta all’affollamento dei pronto soccorso.

“Bisogna mettere mano all’ospedale e far crescere il numero dei posti letto”

Potenziare il territorio è davvero la soluzione? In parte sì, ma da solo non basta. “Bisogna mettere mano all’ospedale e – sostiene sempre Fimognari – far crescere il numero dei posti letto. Ce ne siamo resi conto con la pandemia, quando all’inizio della pandemia tutti i casi covid finivano nell’area medica, e abbiamo improvvisamente capito quanto questi posti letto fossero pochi”.

Ma il fenomeno non finisce certo col covid e probabilmente è giunta l’ora di risolverlo. Nel frattempo, naturalmente, bisogna evitare l’inappropriatezza dei ricoveri e di conseguenza il sovraffollamento dei PS, migliorando l’educazione dei pazienti all’utilizzo dei servizi sanitari disponibili, attraverso l’assistenza domiciliare e l’apporto dei medici di famiglia, e ancora tramite una maggiore collaborazione tra i professionisti sanitari per identificare i pazienti che potrebbero beneficiare di cure meno urgenti. Di certo, poi, al di là delle oculate osservazioni di Fimognari su quanto emerso relativamente all’ingente numero degli accessi inappropriati in PS da parte dei giovani, quest’ultimo resta un aspetto che fa rumore e su cui vale la pena ragionare, e che se non altro sconfessa almeno in parte una grande convinzione popolare.