Reti, interconnessioni, interazioni, sono le parole chiave della “Network Medicine”. Un approccio complesso alla malattia che “spera di comprendere più profondamente le differenze nel modo in cui le malattie sono espresse nei singoli pazienti e prende in considerazione le diverse interazioni complesse tra tutte le molecole che creano il ‘fenotipo della malattia’, ovvero il modo in cui la malattia si manifesta”.
Così spiega Joseph Loscalzo, in un’intervista a Forward rilasciata a margine di una cerimonia che lo ha visto ricevere un dottorato honoris causa in Tecnologie biomediche innovative in medicina clinica dalla Sapienza, Università di Roma.
Loscalzo, direttore del Dipartimento di Medicina e chief doctor al Brigham and Women’s Hospital, nonché titolare della Cattedra Hersey in Teoria e pratica della medicina presso la Harvard Medical School, è uno dei pionieri in questo nuovo approccio alla malattia e alla cura, chiamato, appunto, Network Medicine.
Il termine è stato coniato nel 2007 da Albert-Laszlo Barabási (fisico ungherese, scienziato di fama internazionale padre della Scienza delle Reti) in un famoso editoriale pubblicato sul New England Journal of Medicine. In questo scritto, Barabási sottolinea come le reti pervadano ogni aspetto della salute umana fino – e soprattutto – a livello cellulare. “Poiché la maggior parte delle componenti cellulari sono connesse una all’altra attraverso intricate relazioni a livello regolatorio, metabolico e proteina-proteina, l’analisi delle rete è destinata a giocare un ruolo chiave a livello cellulare”, scriveva. “A causa di questi legami funzionali, i difetti di vari geni si diffondono attraverso una rete intercellulare, influenzando l’attività di altri geni che di loro non porterebbero difetti”.
La Scienza delle reti, applicata alla biologia dei sistemi e alla medicina, permette di visualizzare questo sistema, questa rete di interazioni proteina-proteina (PPI) in un grafo. “Nelle reti proteina-proteina i nodi rappresentano le proteine e i bordi (le linee che collegano i nodi, ndr) riflettono le interazioni fisiche tra le proteine”, spiega Loscalzo.

Ma perché guardare a questa rete piuttosto che ai singoli geni, o ai “singoli bersagli farmacologici”?
Alla fine del secolo scorso, il progetto genoma umano “ha incoraggiato la comunità scientifica e il pubblico a credere che la semplice conoscenza riduzionista della variazione genomica ci fornisse et in ipso le informazioni necessarie sulla suscettibilità a una malattia portando a trattamenti personalizzati”, spiega Loscalzo nella sua lectio magistralis durante il conferimento del dottorato honoris causa (video in fondo a partire dal minuto: 26:45)
Tuttavia, a oggi, solo il 10 per cento circa dei geni umani presenta un’associazione gene-malattia conosciuta. E la sola conoscenza di questa lista di geni si è dimostrata insufficiente a spiegare la connessione tra la natura complessa della maggior parte delle malattie e dei loro determinanti genetici e ambientali, la loro progressione e le differenze individuali tra i singoli pazienti.
Dobbiamo cercare di capire le interconnessioni tra i vari componenti cellulari che sono influenzati da questi geni e dai prodotti di questi geni.
“Per capire i vari meccanismi delle malattie”, scriveva Barabási già nel 2007, “non è sufficiente conoscere la lista precisa dei geni della malattia. Dobbiamo invece cercare di capire le interconnessioni tra i vari componenti cellulari che sono influenzati da questi geni e dai prodotti di questi geni”.
Raramente, infatti, una malattia è la conseguenza di un difetto di un solo gene quanto più delle perturbazioni proprio di questa rete. “Senza la conoscenza del più ampio contesto del network della malattia e dei farmaci non è possibile sviluppare approcci significativi per affrontare percorsi di malattia complessi, come lo sviluppo di resistenza alla terapia di precisione da parte di una cellula tumorale”, prosegue Loscalzo nella sua lezione.
Guardare alle malattie concentrandosi sulle funzionalità cellulari e sulle interazioni tra le componenti responsabili di queste funzionalità e non più sui singoli geni permette dunque di trattare le malattie come sistemi complessi quali esse sono. Una visione diametralmente opposta da quella dell’approccio riduzionistico, del quale non si vuole negare il ruolo chiave che ha svolto nel progresso della biologia e della medicina moderna.
Riconosciuti infatti i meriti di questo metodo, si deve anche capire che, pur semplificando l’approccio alla diagnosi delle malattie, spesso elimina le nuances dietro i meccanismi biologici delle patologie più complesse (sfumature fondamentali che portano a terapie più precise), limitando, spiega il medico di Harvard nella sua intervista, “l’approccio personalizzato e il tailoring delle cure che negli ultimi anni si è dimostrato sempre più una scelta vincente nel trattamento di diverse patologie”.
La Network Medicine offre grandi promesse in quanto è una nuova disciplina destinata a rivedere radicalmente il nostro approccio alla biologia e alle malattie.
La Network Medicine presta invece attenzione proprio a quelle caratteristiche molecolari e cliniche che distinguono il modo in cui la malattia si manifesta in ogni singolo paziente. Questo permette di “identificare obiettivi terapeutici unici che possono ottimizzare le conseguenze funzionali di qualsiasi intervento”.
Il medico statunitense spiega meglio questo legame con la medicina personalizzata nell’intervista a Forward con un esempio relativo alla sua disciplina specialistica, la cardiologia: “I medici sanno che l’insufficienza cardiaca può manifestarsi in molti modi diversi, in centinaia di modi se si osserva una popolazione di pazienti. Ma davvero non sappiamo quali sono le distinzioni molecolari, che identificano o predicono come si evolverà la malattia in una persona o come risponderanno a un trattamento nella stessa persona. La medicina molecolare aiuta a dare qualche comprensione razionale o sostegno a queste differenze e distinzioni”.
“La Network Medicine offre grandi promesse in quanto è una nuova disciplina destinata a rivedere radicalmente il nostro approccio alla biologia e alle malattie, cambiando il vero volto della medicina così come l’abbiamo conosciuta da oltre un secolo”, conclude Joseph Loscalzo. “Il futuro della medicina visto attraverso la lente della Network Medicine è davvero eccitante e pieno di grandi promesse”.