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Photo by M. Johnson / CC BY

Viaggio nel cervello di un adolescente


Come impariamo? Come pensa un adolescente? Qual è l’età migliore per iniziare con una seconda lingua? Queste sono solo alcune delle domande a cui David Bueno, professore di genetica all’Università di Barcellona, prova a rispondere ogni giorno. La sua passione è raccontare tutto ciò che ogni genitore ha sempre voluto sapere sul cervello dei propri figli e sostiene che le neuroscienze possano offrire spunti per cambiare i metodi di insegnamento e apprendimento.

Apprendere è cambiare il nostro cervello”. Si parte da qui per capire tutto il resto. Nel cervello, infatti, ci sono milioni di connessioni tra neuroni ed è proprio in questo schema che archiviamo la memoria. Appena impariamo qualcosa di nuovo, alcune connessioni si modificano. Per questo le emozioni sono cruciali: “Gioia, fiducia e sorpresa, attenzione, motivazione, piacere e ricompensa sono le emozioni chiave per l’apprendimento. Senza emozioni, infatti, il cervello non ricorda nulla perché non gli importa.” Le emozioni sono schemi mentali preconsci, generate senza che noi ce ne rendiamo conto in una parte molto profonda del cervello. Finché non si manifestano non siamo consapevoli di quell’emozione e ci permettono di agire senza pensare.

Allo stesso modo delle emozioni, sono molto importanti in un processo di apprendimento il contesto e la trasversalità. Materie come arte, musica ed educazione fisica sono fondamentali per la crescita di un bambino. “L’educazione fisica, ad esempio, richiede coordinazione e movimenti sequenziali. Un bambino che lancia la palla verso un canestro deve capire il momento preciso in cui, dopo aver alzato il braccio, deve far partire il tiro. La parte del cervello che impara questa sequenza è la stessa che poi ci permette di sequenziare qualsiasi altra attività della nostra vita. Quindi, attraverso l’esercizio fisico stiamo allenando parti del cervello fondamentali per attività intellettuali. Non solo, l’esercizio fisico aiuta i neuroni a stabilire connessioni più facilmente”. Perché, allora, limitare a solo due o tre ore a settimana l’educazione fisica? Lo stesso discorso si potrebbe fare per la musica che, secondo David, “è una palestra per il cervello. È una delle poche attività che attivano l’intero cervello simultaneamente, molto più che risolvere una moltiplicazione”.

Da bambini, dunque, si impara anche tramite il gioco. Quando si diventa adolescenti le cose mutano radicalmente. L’adolescenza è un periodo di transizione, fatto di grandi cambiamenti. “Si passa da essere bambini e dipendere completamente dai genitori, all’essere adulti e indipendenti. Questo è un processo di maturazione significativo per il cervello. È un momento in cui si produce quella che si chiama la ‘potatura neuronale’, come un albero che pota i rami che avanzano. Il cervello analizza tutte le connessioni che non usa e le elimina”, spiega il professore spagnolo.

Questa “potatura” comporta la perdita improvvisa di interessi e la scomparsa di abitudini che si hanno da bambini. “Finché non stabiliscono una nuova connessione sono disorientati. È l’epoca in cui maturano la capacità di raziocinio e il controllo emozionale. È proprio il non controllo emozionale a segnalare che stanno maturando”. Il cervello, infatti, matura facendo errori. Gli adolescenti in una determinata situazione provano una certa risposta emozionale: se funziona, se è adatta per gli adulti, rimane incorporata nel cervello. In un altro caso, però, possono fallire. “Quando un adolescente fa una cavolata tutti pensano ‘ma come, sembrava stesse maturando, perché ora ha reagito così?’. Perché gli tocca farlo, perché sta imparando. L’importante non è l’oscillazione emozionale, ma che via via che passano gli anni si vada definendo un comportamento da adulto”.

È proprio il non controllo emozionale a segnalare che stanno maturando.

L’altro aspetto che cambia nell’adolescenza, ugualmente importante in termini educativi, è la capacità di ritardare le ricompense. Infatti, come ricorda David, “a un bambino di sei o sette anni non gli puoi dire ‘se ora finisci questo, domani andremo al parco che ti piace’. Domani per loro non significa niente, la ricompensa deve essere immediata”. Questa capacità si finisce di acquisire del tutto intorno ai 34 anni e che ci voglia tanto lo si nota soprattutto nei ragazzi del liceo, poiché non tutti riescono a ragionare fin dal primo anno pensando al voto finale. “Razionalmente tutti gli studenti capiscono questo discorso, ma molti non riescono a metterlo in pratica. Rinunciare a mezz’ora di svago con gli amici adesso per studiare e conquistare due decimi in più? Non gli importa. Alcuni maturano alla fine del primo, altri terminano il secondo anno e ancora non sono maturati. C’è molta eterogeneità perché ogni cervello matura a un ritmo leggermente differente. Ma non è che non vogliono rinunciare a qualcosa, sono proprio incapaci perché ancora non hanno maturato. A noi adulti costa molto capirlo, ma bisogna provare a mettersi nei loro panni”.

Infine David Bueno spiega anche qual è l’età migliore per imparare una seconda lingua. “Qualsiasi età è buona per iniziare con una nuova lingua. Quello che cambia è come la impariamo. Fino a tre o quattro anni, il cervello ha attivo un programma genetico e neurologico che consente l’apprendimento delle lingue solo per contagio. Impara per imitazione e può impararne diverse contemporaneamente. Dai quattro agli undici anni, invece, si imparano tramite il gioco: guardando film, con le canzoni. Dopo i dodici anni ci si deve mettere a una scrivania per imparare una nuova lingua”. Dunque, niente età ma solo strategie diverse. E, come ricorda David, “è importante sapere lingue diverse. Sia perché proteggono da malattie neurodegenerative, sia perché le persone bilingue sono più rapide e capaci nel prendere decisioni”.