×

Museo Laboratorio della Mente: l’ex manicomio dove si diventa parte della storia


I musei non solo si nutrono di territorio, ma devono nutrirlo a loro volta, devono essere modelli di socialità partecipativa, punti di incontro e di riconoscibilità, luoghi di scambio e di apprendimento continuo”. [1].

Sono passati più di quarant’anni dall’istituzione della legge 180, meglio conosciuta come legge Basaglia, e appena venti dalla definitiva chiusura del manicomio di Roma.  Sembra incredibile che fino a poco tempo fa i manicomi, con tutto quello che oggi sappiamo vi accadeva dentro, fossero una realtà. Eppure era così. A ricordarcelo sono le testimonianze di chi ci è stato, di chi oggi lavora per evitare che vengano riprodotte le follie del manicomio, ma anche le persone e le istituzioni che si spendono per tenere viva la memoria. Tra queste, il Museo Laboratorio della Mente, nato subito dopo la chiusura dell’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà, nel VI padiglione dell’ex manicomio, in un allestimento immersivo e multimediale che coinvolge il visitatore, in una continua oscillazione tra elementi reali e virtuali, stimolando la partecipazione attiva del pubblico.

Il Museo Laboratorio della Mente è un luogo dove noi amiamo dire che la comunità si fa corpo curante”, ci racconta Pompeo Martelli, direttore del Museo Laboratorio della Mente.Ma che cos’è questo luogo? E soprattutto perché esiste? Con la chiusura dell’ospedale psichiatrico si è posto un problema, quello della conservazione della memoria e della valorizzazione del patrimonio storico-scientifico dell’ospedale psichiatrico. Avemmo un’intuizione: costruire un percorso dove la comunità potesse entrare in questo luogo che per anni era stato esclusivo, un luogo di cura e di contenzione per migliaia di persone, e fare avvicinare la comunità ai luoghi dell’esclusione e fargli capire come quei luoghi non erano perduti per sempre”. Un museo, dunque, realizzato per combattere il meccanismo di chiusura e di segregazione del manicomio attraverso il coinvolgimento della cittadinanza evidenziando che quello spazio diventava accessibile e aperto a tutti.

Dunque, se molti musei nascono per un lucido disegno istituzionale, altri viceversa sorgono per la perseveranza e la passione di qualche singolo personaggio che, avendo a cuore una memoria, un’eredità culturale, non solo trova le risorse economiche perché l’iniziativa si avveri, ma anche crea le condizioni umane affinché l’idea originale possa avere vita e sviluppo: volontà, passione, complicità.

L’esperienza progettuale e realizzativa del Museo Laboratorio della Mente nasce certamente da tutte queste componenti virtuose che, in più, si accompagnano alla particolare adesione che il tema della malattia mentale richiede. Ma nasce anche dal bisogno, in questi tempi di oblio, di mantenere memoria delle modalità ingiuste con cui questa sofferenza è stata affrontata istituzionalmente e dalla necessità di rievocare le soluzioni inedite e rivoluzionarie interpretate dall’esperienza unica di Franco Basaglia. [2].

Il Museo Laboratorio della Mente è un luogo dove noi amiamo dire che la comunità si fa corpo curante.

Nel tempo abbiamo sviluppato un percorso di avvicinamento con la comunità dove in qualche modo le persone che entravano in questo luogo potevano effettivamente esperire affetti, sensazioni, sguardi, storie che appartenevano a questa storia. Oggi è un luogo di grande fascino, un luogo dove l’innovazione, le tecnologie, la dimensione artistica si sposa con il racconto, con le storie, con la modernità salvaguardando memoria e memorie, costruendo e ricostruendo storie e storia”, continua Martelli.

Portatori di storie. Da vicino nessuno è normale
Noi sostanzialmente raccontiamo la condizione di vita dell’epoca, facciamo riflettere le persone su che cos’è oggi la salute mentale. E soprattutto facciamo queste cose non attraverso la lettura come a volte accade nei musei, ma facendo interagire le persone con delle installazioni che in qualche modo costruiscono e decostruiscono i processi del funzionamento psichico”.

Sembra chiaro, dunque, l’obiettivo per Pompeo Martelli: non tanto ricordare il manicomio per quello che è stato, ma piuttosto rendere lo spazio un polo moderno, attrattivo e aperto a tutti. Un laboratorio, un museo della narrazione, dove si guarda alle politiche della comunità, ai processi psichici e a come questi siano integrati con le relazioni e con le nostre esperienze di vita.

Nella biblioteca della struttura, la Biblioteca Cencelli, c’è un’installazione che rende bene questo concetto. Si chiama ‘Portatori di storie. Da vicino nessuno è normale’ ed è stata realizzata dal Museo Laboratorio della Mente e da Studio Azzurro – un gruppo di artisti dei nuovi media, fondato nel 1982 da Fabio Cirifino (fotografia), Paolo Rosa (arte visiva e cinema) e Leonardo Sangiorgi (grafica) a Milano – in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma E. Con questa installazione viene data al visitatore la possibilità di confrontarsi con le testimonianze di chi oggi si relaziona con una condizione di disagio mentale. Può ascoltare quelle storie solo se sceglie di interagire con quelle persone, proiettate in scala reale, che altrimenti, silenziosamente, continuano a passeggiare di fronte a lui. I volti e le storie sono quelli degli operatori dei servizi psichiatrici, degli utenti e dei loro familiari. Alcune ve le racconteremo noi nelle prossime settimane.

[1] Fabio Cirifino, Paolo Rosa, Leonardo Sangiorgi, Musei, memorie e narrazioni per la salute mentale. Narrazioni, immagini, interattività. Mefisto, volume 3, 2, 2019.
[2] Studio Azzurro, Musei di narrazione. Percorsi interattivi e altri affreschi multimediali. Silvana Editoriale, Milano 2011.