“Cadono come mosche”. Si concludeva così un tweet del 13 giugno 2021 del consigliere regionale del Lazio Davide Barillari a commento dell’arresto cardiaco che il giorno prima aveva colpito, durante la partita Danimarca-Finlandia, l’allora giocatore dell’Inter Christian Eriksen. Il consigliere, noto per le sue posizioni anti-vacciniste, voleva così suggerire l’esistenza di un nesso tra la vaccinazione per covid-19 e il rischio, anche per i giovani atleti, di andare incontro a gravi effetti collaterali. Peccato che, come in seguito specificato dall’amministratore delegato dell’Inter Giuseppe Marotta, al momento dell’episodio Eriksen non fosse ancora vaccinato.
“Cadono come mosche”
Il caso del giocatore danese non è però l’unico citato da chi sostiene che il rapporto rischi-benefici dei vaccini anti covid-19 sia, soprattutto nei giovani, sbilanciato a favore dei primi. Potrebbe esservi capitato, ad esempio, di vedere dei video che riportano in sequenza le immagini di calciatori professionisti che si accasciano improvvisamente al suolo (qui un esempio postato su Facebook) o di leggere uno dei molti elenchi di episodi analoghi presenti su forum e blog (qui un esempio). In tutti i casi il messaggio, più o meno esplicito, è che la somministrazione di massa del vaccino anti covid-19 potrebbe aver prodotto un aumento del numero di atleti che muoiono improvvisamente per cause cardiache.
Stanno davvero morendo più atleti?
Difficile a dirsi. È infatti molto complicato stabilire un valore atteso per questo tipo di eventi, fortunatamente molto rari nella popolazione considerata.“L’incidenza di morte improvvisa negli atleti varia molto a seconda degli studi – spiega Silvia Castelletti, cardiologa dello sport dell’Istituto Auxologico italiano di Milano e membro del comitato di Cardiologia dello sport dell’European association of preventive cardiology (Eapc) e del direttivo della Società italiana di cardiologia (Sic) – a causa dei diversi criteri e delle definizioni utilizzati. Si va da una incidenza di 1 su 50.000 a una addirittura di 1 su 300.000 l’anno”. Esiste, poi, una grande variabilità geografica. In Italia, ad esempio, questo tipo di episodi si verifica più raramente rispetto agli altri Paesi per effetto dello screening cardiovascolare obbligatorio dal 1982 per chi svolge attività fisica agonistica. “A causa delle restrizioni per la pandemia, inoltre, molte attività sportive sono state sospese per diverso tempo – ricorda la cardiologa – pertanto non credo sia possibile fare un vero e proprio confronto pre- e post- pandemia”.
Non a caso le analisi che hanno individuato un aumento delle morti cardiache improvvise negli atleti in epoca covid hanno ben poco di scientifico. Spesso i dati citati fanno riferimento a un thread postato su Twitter della giornalista israeliana Yaffa Shir-Raz, poi ripreso dalla testata Real-Time News, che aveva individuato un aumento (“di cinque volte”) dei decessi improvvisi nella popolazione nei calciatori Fifa nel 2021 incrociando gli episodi riportati su Wikipedia e il numero di atleti iscritti all’organizzazione. Un effetto, questo, basato su dati piuttosto grossolani e smentito in seguito da un portavoce della stessa istituzione sportiva che, intervistato a fine novembre da Reuters, aveva fatto sapere che “la Fifa non è a conoscenza di un aumento di episodi di arresto cardiaco […] e che nessun caso è stato segnalato in relazione a persone che hanno ricevuto un vaccino contro covid-19”.
“La Fifa non è a conoscenza di un aumento di episodi di arresto cardiaco”
Anche per quanto riguarda le possibili cause non esistono al momento dati a supporto di un effetto della vaccinazione contro covid-19. Secondo i dati relativi al periodo 2014-2018 del registro Fifa Sudden Death Registry le cause sottostanti le morti cardiache improvvise nei calciatori professionisti possono essere diverse e variare a seconda dell’area geografica di riferimento: in Sudamerica la più frequente è una cardiomiopatia (42% dei casi), nel Nordamerica è un’anomalia coronarica (33% dei casi) mentre in Europa il 26% dei casi viene annoverato tra quelli con causa sconosciuta, verosimilmente legati a sottostanti malattie cardiache ereditarie. “Il vaccino è stato associato a miopericardite – aggiunge Castelletti – tuttavia l’incidenza tra i giovani di età compresa tra i 12 e i 40 anni è di 4,8-12,6 casi per milione di vaccini e tali diagnosi non si sono basate, ovviamente, sul gold standard della biopsia endomiocardica. Anche la risonanza magnetica cardiaca, capace di individuare eventuali cicatrici da miocardite, è stata eseguita solo in una piccola percentuale di pazienti”.
Inoltre le evidenze disponibili mostrano che quasi tutti i casi di miocardite e pericardite verificatisi in seguito alla somministrazione di un vaccino anti covid-19 hanno avuto un decorso benigno. “Rimane da chiarire se l’infezione cardiaca causata dal vaccino si associ anche alla formazione di una cicatrice miocardica, che è poi quella che potrebbe potenzialmente causare eventi aritmici”, chiarisce la cardiologa dell’Istituto Auxologico italiano. “In ogni caso, il consiglio per tutti i medici e i cardiologi dello sport è di trattare gli atleti che abbiano avuto una miocardite post-vaccino esattamente come un qualsiasi altro paziente che abbia avuto una miocardite virale”.
Quello strano eccesso di mortalità tra giovani
Nelle ultime settimane hanno poi avuto molta diffusione i dati prodotti dall’Osservatorio europeo sulla mortalità (EuroMoMo), relativi al cosiddetto eccesso di mortalità (la differenza tra il numero di decessi per tutte le cause registrati e quelli attesi) in 26 Paesi europei, i quali sembrano indicare, nella popolazione over 65, un numero cumulato di morti in eccesso inferiore nel 2021 rispetto al 2020 e, al contrario, un eccesso maggiore nel 2021 rispetto al 2020 tra le persone più giovani (15-44 anni) (Grafico 1). L’interpretazione degli scettici è piuttosto intuitiva: se la riduzione della mortalità degli anziani è dovuta alla campagna vaccinale, entrata nel vivo proprio nel corso del 2021, allora lo è anche l’aumento della mortalità nei giovani.
Se poi a questa interpretazione si aggiungono degli episodi di cronaca rari ma estremamente drammatici, come la morte di alcuni ragazzi nei giorni successivi alla somministrazione del vaccino, è facile giungere alla conclusione che nei giovani l’immunizzazione porti più danni che benefici. Proprio partendo da quattro decessi di ragazzi e ragazze minorenni o poco più, ad esempio, il 27 ottobre 2021 l’europarlamentare Francesca Donato, anch’essa nota per le posizioni anti-vacciniste, ha presentato un’interrogazione al Parlamento europeo sulle “Morti post vaccino anti covid” nella quale chiedeva di “ripensare la strategia costi-benefici della vaccinazione nei giovani dato il rischio assoluto di gravi effetti avversi e letali” e di “ritirare l’autorizzazione per l’uso in emergenza dei vaccini almeno per i soggetti di età inferiore ai 50 anni”.
Ma quei grafici di EuroMoMo mostrano davvero un aumento della mortalità nelle classi di età più giovani a partire dall’inizio della campagna vaccinale? Non esattamente. Come ci spiega Francesca de’ Donato, ricercatrice del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, partner di EuroMoMo per l’Italia, quei dati non possono essere interpretati correttamente senza guardare a quelli riguardanti i decessi su base settimanale e il relativo valore di riferimento (Grafico 2): “Bisogna guardare alla media del valore atteso (baseline), rappresentata dalla riga tratteggiata grigio scura, insieme all’intervallo di confidenza, l’area grigia del grafico che indica il range di valori all’interno del quale si distribuiscono i dati”.
La questione è che – ovviamente – il numero settimanale di decessi nella fascia di età compresa tra 15 e 44 anni è, a prescindere da covid-19, basso: in media intorno alle 1.500 morti ogni settimana in tutta Europa. Questo dato deriva dalla distribuzione dei dati raccolti negli anni, i quali variano normalmente dai 1.420 a 1.620 decessi settimanali circa (il range rappresentato nel grafico dall’area grigia di cui sopra). Sempre sulla base di questa derivazione è poi possibile individuare una soglia, rappresentata nel grafico dalla linea rossa tratteggiata corrispondente a circa 1.700 decessi a settimana, oltre la quale è possibile ipotizzare un effettivo incremento sostanziale, come evidenziato da EuroMoMo. “Finché i valori rimangono all’interno dell’area grigia o addirittura sotto la linea rossa – spiega de’ Donato – non si può veramente parlare di un eccesso”.
Guardando i dati relativi al 2021, oggetto dello scetticismo anti-vaccinista, si vede che il numero di decessi settimanali nella fascia 15-44 supera la linea dell’incremento sostanziale in tre momenti: un paio di settimane a luglio e settembre e, in modo più prolungato, da metà novembre a fine anno. Guardando i dati complessivi (Grafico 3) e quelli relativi alle altre classe di età si nota però che tale eccesso di mortalità si registra in tutte le classi di età (a esclusione di quella da 0 a 14 anni), con una discrepanza dal valore atteso che aumenta all’aumentare dell’età. Considerando l’ultima settimana del 2021, ad esempio, i morti in eccesso in tutta Europa nella fascia 15-44 anni sono circa 250, nella fascia 45-64 anni sono circa 1.500, nella fascia di età 65-74 sono circa 3.200 e nella fascia 75-84 sono circa 3.500. Chi dice che nel 2021 c’è stato un eccesso di mortalità nei giovani e non negli anziani, quindi, dice una cosa non vera.
Inoltre, includendo nella finestra temporale anche le prime settimane del 2022 si nota come i valori stiano rientrando nel range di quelli attesi, in linea con l’andamento dell’epidemia in Europa. Quell’incremento che si registra nella fascia 15-44 anni nelle ultime settimane del 2021, infine, potrebbero dipendere, come ci spiega de’ Donato, di nuovo dalle caratteristiche del campione. “In questa fascia rientrano sia ragazzi che adulti, due popolazioni completamente diverse. Si tratta di classi di età che sono state aggregate proprio perché i dati a disposizione sono pochi: immagino che dentro ci siano soprattutto quarantenni. Non si può parlare di un eccesso perché i valori, proprio a causa dell’elevata variabilità, rimangono quasi sempre nel range atteso”.
Vaccini contro covid-19 e mortalità nei giovani: nessuna evidenza scientifica
Esistono dei metodi precisi per stabilire se, per un motivo o per l’altro, l’incidenza di una data condizione – inclusa la morte – sia aumentata o in aumento. Questi prevedono l’analisi di ampi database, come i Registri nazionali, mediante tecniche statistiche che tengono conto di un numero elevato di variabili. Nel caso dell’ipotetico aumento delle morti improvvise tra gli sportivi, ad esempio, non è possibile giungere a una conclusione senza aver valutato elementi come la storia clinica degli atleti, la loro provenienza geografica, l’attività sportiva, il tipo di controlli a cui sono sottoposti, le restrizioni adottate nei singoli Paesi, il tasso di vaccinazione.
Non basta, quindi, selezionare pochi casi potenzialmente indicativi, per quanto drammatici e ad alto impatto emotivo, per trarre una conclusione. Non bastano un thread su Twitter, un montaggio video o un articolo postato in un blog. Non basta l’opinione di un esperto. Servono i dati e i dati dicono che al momento l’ipotesi di un aumento della mortalità tra i giovani per effetto della campagna vaccinale contro covid-19 non è supportata da evidenze scientifiche.