“Avevo già scelto la bara”. Una leucemia allo stadio terminale, François che esce dal coma e guarisce misteriosamente per intercessione di un futuro santo (in questo caso il martire polacco Jerzy Popiełuszko). Il copione dei presunti miracoli segue quasi sempre lo stesso schema. Eppure le guarigioni inspiegabili non sfidano soltanto la scrupolosità (e la pazienza) della Congregazione vaticana per le cause dei santi, in gioco c’è anche la nostra visione dei limiti della medicina e della scienza più in generale.
“Avevo già scelto la bara”
Re, papi, imperatrici, primi ministri, la storia dell’umanità si racconta soprattutto attraverso le grandi figure che segnano le sorti dei popoli, eppure conserviamo memoria anche di Miguel Juan Pellicer, un contadino del ‘600, che non ha ucciso nessuno di questi personaggi, di solito un altro buon motivo per passare alla storia. Numerose testimonianze – univoche – riportano un episodio particolarmente curioso della vita di Miguel: tre anni dopo l’amputazione di una gamba, avvenuta nel 1637, si vide ricrescere l’arto per intercessione di Nostra Signora del Pilar, dedicataria del Santuario sulla cui soglia per anni il contadino mendicò. Quello di Miguel è il miracolo di guarigione più celebre riconosciuto dalla Chiesa Cattolica, un evento che si verifica meno spesso di quanto potremmo pensare. La Chiesa ha da sempre un metodo molto rigoroso per il riconoscimento dei miracoli, come spiega il professor Fiorenzo Mignini, responsabile dell’Osservatorio medico permanente “Paleani” a Il Foglio: “Prima di tutto, noi non usiamo la parola miracolo neanche per scherzo. Parliamo di guarigioni inspiegate o inspiegabili. Procediamo con metodo clinico rigoroso, il lavoro è lungo. Definiamo una guarigione inspiegata se riteniamo che in questo momento (e preciso, in questo dato momento) la letteratura internazionale e gli esperti non riescono a fornire un’ipotesi sulla guarigione. Parliamo invece di guarigione inspiegabile se di mezzo c’è il fattore tempo, e cioè se essa è avvenuta in un tempo inferiore a quello che di norma serve perché si verifichi”.
“Prima di tutto, noi non usiamo la parola miracolo neanche per scherzo. Parliamo di guarigioni inspiegate o inspiegabili”
Ai medici il concetto di miracolo è del tutto estraneo, tutto ciò che possono fare è stabilire se la guarigione è scientificamente inspiegabile secondo i criteri attuali di comprensione della scienza medica. L’osservatorio attivo da febbraio 2012 a Loreto, presso la delegazione pontificia del Santuario della Santa Casa, si occupa proprio di valutare i casi di guarigione scientificamente inspiegati. Il metodo per il riconoscimento di questo tipo di guarigioni è stato delineato nel ‘700 da Prospero Lambertini, cardinale di Santa Romana Chiesa e poi Papa Benedetto XIV. Spiega Mignini: “Primo: la malattia deve essere grave, incurabile o difficoltosa a trattarsi. Secondo: la malattia non deve trovarsi all’ultimo stadio o al punto di poter guarire spontaneamente. Terzo: nessun farmaco o trattamento deve essere stato utilizzato, o in tal caso deve aver prodotto nessun effetto. Quarto: la guarigione deve essere avvenuta in modo istantaneo o con eccezionale rapidità. Quinto: la guarigione deve essere perfetta (non difettosa o parziale). Sesto: nessuna crisi deve aver preceduto la guarigione; in tal caso, essa potrebbe essere considerata come naturale. Settimo: non devono esserci una o due recidive”. Quello che oggi non si riesce a spiegare può diventare spiegabile in futuro. Se smettiamo di avere un’idea deterministica dell’universo, potremmo aprirci alla prospettiva che fatti che sembrano in contrasto con leggi immutabili della natura in realtà sono la spia del suo vero modo di funzionare. In questo senso sono sorprendenti ma anche illuminanti le parole, riportate dal sito del Cicap, dell’ex direttore del Bureau Médical di Lourdes, Patrick Theillier: “Un malato non può guarire se non da una malattia suscettibile di guarigione. Il miracolo non forza la natura. Non si è mai visto un soggetto Down guarire a Lourdes. In definitiva, ciò che io chiamo miracolo può essere qualificato in medicina come remissione spontanea. Da parte mia, credo che il miracolo utilizzi le vie della natura, ma con delle modalità ancora non conosciute dalla medicina”.
“Un malato non può guarire se non da una malattia suscettibile di guarigione”
Servono medici per riconoscere i miracoli
A differenza di quello che è successo a Miguel, non sempre i miracoli avvengono nei luoghi consacrati ai santi. Quando questo non accade la paternità è spesso attribuita sulla base delle preghiere: il miracolo è opera del santo a cui era rivolta la preghiera al momento della guarigione. Ne è un esempio il caso riportato da Jacalyn Duffin, medico ematologo, storica canadese e autrice del libro Medical Miracles: Doctors, Saints, and Healing in the Modern World. Grazie alla sua testimonianza nel 1990 è stato canonizzato la prima santa del Canada: Marie-Marguerite d’Youville, destinataria delle preghiere dei parenti di un paziente guarito inspiegabilmente. Nel 1986 a Jacalyn viene chiesto di essere un testimone “cieco” di un caso clinico. In sostanza l’ematologa deve analizzare la cartella di un paziente affetta da leucemia mieloide acuta senza però sapere nient’altro del caso, neanche se il paziente è ancora in vita. Vetrini e analisi del sangue lasciano chiaramente intuire una seconda remissione del paziente, ma, secondo una specialista come la Jacalyn, sarebbero state inevitabili le complicanze che seguono sempre a queste cure, le infezioni. Eppure dopo aver depositato la propria testimonianza, le viene rivelato che il paziente è ancora in vita e perfettamente in salute. La sua testimonianza era stata richiesta in base all’accordo tra i postulanti canadesi e il Vaticano che in un primo momento aveva rifiutato il caso come possibile miracolo. Nonostante Jacalyn fosse atea, non ha mai avuto dubbi sulla straordinarietà della guarigione, tanto da esser disposta ad andare lei stessa in Vaticano a testimoniare, come ha dichiarato in un’intervista riportata su Tempi: “Una volta consegnati i miei risultati, sono andata in Vaticano al processo a testimoniare con una pila di documenti e di prove. Per me era una questione di principio, di scienza”.
“Per me era una questione di principio, di scienza”
Una questione di scienza…
Ma non tutti i medici la pensano come Jacalyn… Le guarigioni inspiegabili avvengono e l’atteggiamento della medicina ufficiale è quasi sempre quello di chi si rassegna a subire un affronto ma non può e non vuole farci niente. È come se in quei casi la guarigione del paziente, cioè la ragione stessa di esistere della scienza medica, rappresentasse uno smacco invece che una notizia positiva da cui trarre qualche lezione. Eppure, la ricerca clinica si confronta quotidianamente con un fenomeno in qualche modo miracoloso che potrebbe offrire la sponda necessaria a rivedere l’atteggiamento che abbiamo appena descritto. Negli studi costruiti per valutare l’efficacia dei farmaci i ricercatori ricorrono al placebo per avere un metro di paragone. Dal braccio dei pazienti ai quali viene dato il placebo ci si aspetta comunque un effetto terapeutico, ma spesso invece si registra un miglioramento. Questo implica che i ricercatori di fatto riconoscono implicitamente il potere dell’autocura o, forse meglio, degli effetti curativi della mente. La semplice constatazione dell’esistenza dell’effetto placebo e della sua indubbia utilità comporta un tale cambio di paradigma per i medici da farli arretrare. L’abisso che si apre è così profondo, e così inquietante la prospettiva di dover sospendere l’incredulità per capire i meccanismi dietro il funzionamento del placebo, che è meglio darlo per scontato, senza avvicinarsi troppo. L’unione di mente e corpo non si trasforma in un oggetto diretto di studio alla ricerca di cornici di pensiero nuove in cui inserire la malattia e la cura, ma resta al massimo sullo sfondo. “È come se fossimo imbarazzati”, scrive Jeffrey D. Rediger nel suo libro Cured: the life-changing science of spontaneous healing. Ma questo imbarazzo ha un costo elevato in prospettiva: non capire i processi che potrebbero portare a nuovi metodi per guarire i pazienti.
Tanti miracoli, un unico denominatore comune?
Rediger, che di lavoro fa il professore di psichiatria alla Harvard Medical School, ha sempre guardato con curiosità a quelle guarigioni “eccezionali, inattese, inspiegabili o non spiegabili nello stato attuale della scienza”, secondo la formula usata anche dal Comitato medico internazionale di Lourdes. Che cosa hanno in comune quei casi? Cosa ha messo in moto il meccanismo di guarigione che sfugge alle classificazioni mediche? Per provare a capire Rediger decide di passare al setaccio i casi di persone guarite senza apparente spiegazione e di verificare le loro storie. Ci impiega 17 anni. “Si trattava di diagnosi inconfutabili e documentate, che sono state poi seguite – settimane, mesi o talvolta anni dopo – da prove documentate di remissione completa”. Ascoltando le loro storie arriva a concepire l’idea che qualcosa deve essere cambiato in quei pazienti, qualcosa che gli ha poi permesso di guarire in modo imprevedibile. Insomma, in quelle storie c’è qualche qualcosa da imparare, e Rediger intuisce che non sono lezioni che fanno sconti. Al fondo della sua riflessione c’è una critica serrata alla medicina occidentale, ai suoi punti ciechi, alla sua resistenza al cambiamento e forse alla sua stessa struttura. Ma Rediger, da direttore medico dei programmi di psichiatria per adulti McLean SouthEast, sa che uno studio “serio” sulle guarigioni miracolose può trasformarsi in un attimo in una baracconata che la comunità scientifica non gli perdonerebbe. In cerca di risposte lo psichiatra fa il globetrotter dei miracoli medici. La scia delle guarigioni inspiegabili lo porta in giro per il mondo, dalle istituzioni mediche più rispettate ai chirurghi spirituali brasiliani (i curanderi), passando per i predicatori negli Stati Uniti. Ma dopo il TEDx che tiene sull’argomento non dovrà più preoccuparsi di girare il mondo in cerca di nuovi casi da analizzare, perché sarà la sua fama a procurarglieli.
“La medicina occidentale ha perso qualcosa di essenziale: si concentra sulla malattia e non sulla persona”, prosegue Rediger, “aspetta che le persone si ammalino piuttosto che rafforzare il loro sistema immunitario in modo che questo non avvenga”. E qui in effetti qui non siamo di fronte a una novità assoluta… L’infiammazione cronica è “una superstrada che corre direttamente verso le malattie più mortali là fuori. Ma quante volte il tuo medico ti ha aiutato a ridurre l’infiammazione nel tuo corpo?”. Per Rediger una delle principali responsabili del fenomeno è la dieta occidentale che provoca continuamente infiammazioni in tutto il corpo, e l’altro fattore è lo stress. I pazienti che studia hanno tipi diversi di cancro – testicoli, cervello, melanoma metastatico – ma anche lupus allo stadio terminale, diabete di tipo 2 debilitante e una forma paralizzante di artrite che normalmente lascia le sue vittime su una sedia a rotelle.
“La medicina occidentale ha perso qualcosa di essenziale: si concentra sulla malattia e non sulla persona”
All’inizio Rediger nota che la maggior parte dei “miracolati” di fronte alla prospettiva della morte decide di modificare radicalmente la propria dieta, ma non tutti nello stesso modo. Alcuni diventano vegetariani, altri invece scelgono di mangiare carne senza nessun tipo di limite. Rediger cita il caso di un paziente inglese che, dopo aver letto di un altro malato di cancro che si era ripreso, opta per una dieta chetogenica rigorosa – ricca di grassi e povera di carboidrati – e il suo tumore al cervello di stadio 4 comincia clamorosamente a ridursi. Ovviamente Rediger sa che le sue idee possono rivelarsi colpevolizzanti per i pazienti che non ce la fanno. Nella maggior parte dei casi le malattie gravi e incurabili portano inevitabilmente alla morte, ma nel percorso di cura tradizionale, quello basato sulle prove, la medicina nel migliore dei casi sottovaluta le risorse di autocura del paziente e si limita a prenderne atto malvolentieri. Eppure l’effetto placebo è sempre lì, di fronte agli occhi dei medici, insieme alle tante guarigioni inspiegabili che aspettano di essere studiate o almeno non eluse. “Abbiamo più potere di quanto sappiamo quando si tratta di guarire”.