“Credo che (Twitter) cambierà la medicina, soprattutto a un livello di diffusione della ricerca”. Ne è convinta Silvia Castelletti, cardiologa presso l’Istituto Auxologico di Milano e membro del social media network dell’European Society of Cardiology (Esc). “Gli stessi giornali dovranno pensare a nuovi modi per promuoversi su Twitter”
Come già sottolineato dai suoi colleghi Eugenio Santoro, Alberto Tozzi e Antonio Raviele, il social network dei 280 caratteri ha un ruolo sempre più rilevante negli ambiti della disseminazione della ricerca e dell’aggiornamento professionale dei medici. Ma non solo: “Oltre a promuovere la nostra ricerca e a tenerci aggiornati attraverso le principali riviste cardiologiche” spiega Castelletti, “noi giovani tendiamo a scambiarci molte idee e a condividere casi clinici”.
Quella di discutere con i propri colleghi dei pazienti che si incontrano nella pratica clinica è infatti una tendenza ben radicata in ambito medico (si pensi alla pubblicazione dei case reports nelle riviste scientifiche o ai racconti di medici/scrittori quali Oliver Sacks e Henry Marsch) e non ha certo risparmiato la community dei medici presenti su Twitter.
Noi giovani tendiamo a scambiarci molte idee e a condividere casi clinici.
Capita sempre più spesso di leggere tweet relativi a casi clinici peculiari o particolarmente significativi, in molti casi corredati dai video procedurali e dai risultati degli esami diagnostici, in forma di tracciati elettrocardiografici, immagini radiologiche o quant’altro. Questo permette ai medici di confrontarsi in tempo reale su manifestazioni patologiche atipiche o rare, su reazioni avverse inattese e risposte terapeutiche non comuni.
“Gli aneddoti ci aiutano a imparare”, sottolineano Adam S. Cifu, Andare L. Vandross e Vinay Prasad in un articolo pubblicato di recente dall’American Journal of Medicine. E questo non vale solo per chi lavora nel campo della salute ma anche per i cittadini, tanto che si è arrivati a parlare di Twitter come di uno strumento in grado di favorire la democratizzazione del dibattito medico. “I pazienti ottengono informazioni sul modo di pensare dei medici e questi, a loro volta, possono ottenere informazioni utili sul caso”, scrivono i tre autori.
Tuttavia, la tendenza a condividere casi clinici su Twitter comporta anche delle problematiche molto serie. In primo luogo, per quanto riguarda la privacy e la condivisione di dati sensibili. “Troppo spesso”, segnalano Cifu e colleghi, “il consenso a pubblicare su Twitter il caso di un paziente è dato per scontato”. In altre situazioni, poi, nonostante non siano riportate le informazioni anagrafiche del soggetto, questo risulta comunque facilmente identificabile; ad esempio, attraverso le immagini delle manifestazioni cliniche o i riferimenti temporali della visita.
Un problema particolarmente rilevante, poi, riguarda l’impatto che la presentazione di questi singoli casi ha in termini di promozione di una medicina non-basata-sulle-evidenze. “Se un caso condiviso a voce con un collega può influenzare il comportamento di un singolo medico, uno condiviso su Twitter può influenzare la pratica di migliaia di operatori”, sottolineano gli autori dell’articolo. Poiché, poi, i casi clinici che diventano virali sono spesso quelli più peculiari – e quindi più rari -, il rischio è che questo comportamento favorisca fenomeni di sovra medicalizzazione.
I pazienti ottengono informazioni sul modo di pensare dei medici e questi, a loro volta, possono ottenere informazioni utili sul caso.
È quindi fondamentale distinguere l’aneddotica dalla ricerca clinica condotta su campioni rappresentativi e secondo criteri statistici e metodologici standardizzati. In questo senso Twitter può avere un ruolo fondamentale, specie nel favorire la diffusione delle evidenze pubblicate in letteratura. Sono stati persino sviluppati degli strumenti comunicativi ad hoc – come i cosiddetti #visualabstract: infografiche che permettono di sintetizzare i contenuti di uno studio in una singola immagine – e dei parametri di valutazione che tengono conto della presenza social delle riviste.
Infatti, come spiega Castelletti, attualmente per definire il livello di autorevolezza di un giornale “si usa un metro di giudizio (n.d.r. l’impact factor) che non tiene conto dell’impatto sui social media; questo in futuro dovrà essere cambiato”. Parametri che lo fanno, invece, sono utilizzati ad esempio nell’ambito della valutazione dei singoli studi: un caso emblematico è quello l’indice Altmetric, che oltre al numero di citazioni ai convegni e sulle altre riviste tiene conto anche delle condivisioni sui social e delle apparizioni in blog e forum.
Questo dimostra quanto le potenzialità di Twitter in termini di diffusione dei risultati della ricerca scientifica siano enormi, grazie soprattutto alle sue caratteristiche di tempestività e di sintesi e alla possibilità, da parte degli utenti, di effettuare una selezione personalizzata e sempre aggiustabile delle fonti. “I profili professionali da seguire variano in base ai propri interessi”, conclude la cardiologa dell’Istituto Auxologico riferendosi proprio alla possibilità di seguire i profili di specifici esperti del settore.
Grandi possibilità, quindi, ma anche grandi responsabilità. Bisogna sempre ricordarsi, infatti, che la platea degli utenti di Twitter è estremamente eterogenea e che le sue caratteristiche di tempestività e sintesi non devono andare a scapito di qualità e significatività delle evidenze.
La serie “Medici su Twitter” è realizzata con il contributo non condizionante di