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Luci e ombre dell’omeopatia


A ottobre 2022 la Procura di Ancona ha chiesto la condanna a quattro anni per il medico omeopata accusato di omicidio colposo nel caso del bambino morto all’ospedale Salesi di Ancona nel 2017 per una grave infezione sviluppata da un’otite trattata soltanto con prodotti omeopatici. Non è l’unico caso, purtroppo. Nel 2011, il figlio di quattro anni di un medico omeopata di Lecce morì per le complicazioni di un’influenza trattata soltanto con farmaci omeopatici. Più recentemente, nel 2019, sul British Medical Journal venne riportato il caso di un uomo di 38 anni che aveva sofferto di un evento acuto di cirrosi epatica pur essendo astemio. Tramite una biopsia i medici avevano scoperto che l’alcool “colpevole” era contenuto nei farmaci omeopatici che l’uomo stava assumendo per il trattamento di una patologia benigna del fegato. Nel farmaco assunto c’era il 18% di etanolo.

“Come è possibile che tutto questo sia legale?”

Qualche anno prima di questo evento anche una giornalista scientifica, Yvette D’Entremont – conosciuta come SciBabe per via del suo blog in cui fa chiarezza sulla disinformazione che circola in rete su scienza, cibo e nutrizione –, si era interessata alla composizione di alcuni prodotti omeopatici, in particolare alle etichette. Perché? Voleva capire quali e quanti potenziali effetti benefici questi prodotti potessero avere sul suo organismo, ha deciso quindi di testarne un certo quantitativo davanti a una videocamera (qui sotto il video). Ne è uscita fuori una parziale sbronza e nient’altro. O meglio, ne è uscito fuori che il 20% degli ingredienti presenti nel prodotto era composto da etanolo. Non solo, parlandone con un collega giornalista dell’emittente NBC di New York, hanno chiesto a un quindicenne di andare a comprare il prodotto in farmacia con una telecamera nascosta, e il farmacista gliel’ha venduto. E questo, scrive su Slate, “ci porta a una inevitabile domanda: come è possibile che tutto questo sia legale?”.

Ma cerchiamo prima di tutto di capire quanto è diffuso il consumo di prodotti omeopatici e, soprattutto, di cosa parliamo. Secondo l’ultima rilevazione dell’Eurispes riferita al 2017, tra le medicine non convenzionali l’omeopatia risulta essere la cura alternativa più diffusa. Quando si decide di non affidarsi alla medicina tradizionale, si legge nel rapporto, ci si orienta soprattutto verso l’omeopatia, nel 76% dei casi. Seguono la fitoterapia, in circa il 60%, l’osteopatia, l’agopuntura e, infine, la chiropratica. Inoltre, secondo un’indagine del 2016 della Federazione italiana medici pediatri (FIMP), anche in questa branca della medicina l’uso dei prodotti omeopatici è abbastanza diffuso, un pediatra su tre usa anche l’omeopatia nella pratica quotidiana. Oggi, i rimedi omeopatici sono classificati dalla vigente normativa come farmaci, anche se l’Agenzia italiana del farmaco ha stabilito che l’etichettatura del medicinale omeopatico deve essere seguita dalla frase “senza indicazioni terapeutiche approvate”. Infatti, secondo i risultati dell’indagine più completa mai realizzata sull’argomento, pubblicata dal National Health and Medical Research Council – il maggiore istituto australiano di ricerca medica – i rimedi omeopatici non risultano efficaci nel trattamento di alcuna patologia. I ricercatori australiani hanno esaminato 255 articoli scientifici sugli effetti dell’omeopatia nel trattare diverse patologie e hanno sottoposto la loro indagine alla revisione (peer review) del documento da parte di altri ricercatori indipendenti per valutarne la solidità. Anche il quotidiano britannico Guardian si è espresso su questo tema: “L’inefficacia dell’omeopatia era già stata più volte dimostrata da diversi studi clinici” ma questa indagine ha dimostrato che gli studi che sostengono che l’omeopatia funzioni “sono tutti invalidati dalla presenza di rilevanti errori di metodo, come la scarsità di partecipanti per supportare questa teoria”.

La ragione del successo
Ma allora, perché così tante persone sono affascinate dall’omeopatia? Lo abbiamo chiesto a Stefano Cagliano, medico ora in pensione ma che nel corso della sua carriera ha affiancato l’attività clinica a quella di pubblicista scientifico, seguendo con particolare attenzione il settore dei farmaci e delle terapie di non provata efficacia, promuovendo la diffusione della evidence-based medicine. Cagliano, inoltre, è stato anche invitato da Piero Angela a scrivere una perizia in suo favore in un processo a suo carico per un servizio di Super Quark nel quale la medicina omeopatica era stata accusata di non avere un fondamento scientifico certo.

Dal punto di vista di Cagliano in Italia il quadro del consumo è quasi consolante: “Secondo quattro indagini Istat, svolte dal 1991 al 2005, su un campione di 30 mila famiglie, la percentuale di italiani che ne hanno fatto uso è aumentata dal 2,5% iniziale del 1991 all’8,5 del 2000, per scendere al 4,1 nel 2013, posizionando così il nostro Paese al terzo posto in Europa, dopo Francia e Germania”. Secondo questi dati, afferma Cagliano, utilizzano regolarmente rimedi omeopatici circa 2 milioni e 452 mila italiani. “Le stesse cifre inoltre indicano che circa 20.000 medici prescrivono almeno una volta l’anno medicinali omeopatici”. L’anno scorso, le vendite dei medicinali omeopatici non sono diminuite, “in termini di fatturato si è registrato il medesimo dato dell’anno precedente, il che è un dato sostanzialmente positivo dopo la leggera contrazione registrata negli anni precedenti” come ha annunciato il presidente dell’associazione Omeoimprese Giovanni Gorga. Tornando alla questione centrale del perché i prodotti omeopatici godono di tanto successo, Cagliano dice: “non è una domanda semplice e, come è stato già detto, ‘ogni problema complesso ha una soluzione semplice, diretta e sbagliata’. La terapia omeopatica continua a sedurre persone d’ogni genere, malati e camici bianchi, cuori latini e sensibilità teutoniche. Ma il successo riguarda un po’ tutti per varie ragioni. L’omeopatia ha avuto un successo iniziale, in una presunta lotta alle malattie e quando la medicina moderna doveva ancora venire, quando poi quest’ultima è venuta alla luce alla fine dell’Ottocento la prima è praticamente scomparsa, per poi ricomparire lentamente nei primi decenni del Novecento”.

“La terapia omeopatica continua a sedurre persone d’ogni genere, malati e camici bianchi, cuori latini e sensibilità teutoniche”

Una piccola lezione di storia
La medicina offriva un’immagine contraddittoria e miserevole quando debuttò l’omeopatia, alla fine del Settecento, scrive Cagliano nel libro “Guarire dall’omeopatia” (Il Pensiero Scientifico Editore, 2020). “Era uno scenario raccapricciante. Per i malati innanzitutto ma anche per i medici. (…) L’inventario delle malattie è ancora rozzo e approssimativo, circostanza che rende più probabili gli errori dei medici incapaci di distinguere, per esempio, la tubercolosi da altre infezioni respiratorie. L’antipatia che i medici hanno verso misurazioni e numeri era totale, cosa che lascia in ombra il significato della frequenza dei battiti cardiaci e il valore semeiologico di misurare la pressione del sangue. Non solo. Manca e continuerà a mancare a lungo un metodo per distinguere le cure utili dalle inutili, o peggio, dalle dannose”. Insomma, in questo scenario viene al mondo il padre dell’omeopatia, il medico Christian Friedrich Samuel Hahnemann, il quale, progressivamente, perde fiducia nella medicina e si concentra sulla chimica, in particolare su prodotti naturali di importazione, come la corteccia di china del Perù, ma anche arsenico e mercurio, testandoli su sé stesso e su moglie, amici e allievi. Nei suoi appunti dell’epoca scrive che la corteccia di china “usata come mezzo contro la febbre intermittente agisce perché può produrre nella persona sana sintomi simili a quelli della febbre intermittente”. Significativo quel perché. Dopo molti tentativi e ancor più inconvenienti, arriva l’intuizione da cui, ritiene Hahnemann, se ne può trarre una legge generale: “un farmaco può scacciare nel malato gli stessi sintomi che induce nella persona sana”. Prestando molta attenzione alle dosi, visto che più sono elevate maggiore è il peggioramento iniziale prima di guarire. Quindi, a dosi basse le sostanze curano i disturbi che provocano a dosi alte. Hahnemann sostiene che la via della guarigione sta nel soddisfare il principio similia similibus curantur, i simili si curano con i simili. È nata l’omeopatia.

Cosa vuol dire che i simili si curano con i simili?
Lo spieghiamo con le parole del medico e divulgatore scientifico Salvo Di Grazia, estratte dal portale della FNOMCeO Dottore, ma è vero che…?. “Per curare un sintomo bisognerebbe assumere una sostanza che ne provochi uno affine (un bruciore si dovrebbe trattare con una sostanza che provoca ugualmente bruciore, come il peperoncino; l’insonnia, con una sostanza che provoca insonnia, come il caffè, e così via)”. Oltre a questa teoria, “il secondo elemento su cui si basa l’omeopatia è la diluizione. Il principio attivo, quindi, viene diluito diverse volte in acqua o alcol e poi spruzzato su globuli di zucchero (o in soluzioni liquide). Per gli omeopati, anche se una sostanza non esiste più a livello chimico, l’acqua nella quale è diluita ricorda, per una sorta di memoria, le caratteristiche di quella sostanza. Più la sostanza di partenza è diluita e più, sempre secondo le teorie alla base dell’omeopatia, sarebbe potente”. E per quanto riguarda la sicurezza, “essendo una terapia basata su sostanze in quantità infinitesimali o inesistenti non vi sono rischi di effetti collaterali o pericolosi”, afferma Salvo Di Grazia, “ma sono comunque riportati eventi avversi gravi dovuti a errori di fabbricazione o contaminazione. Curare con la sola omeopatia malattie serie può inoltre esporre a problemi ulteriori, anche gravi, perché può ritardare il ricorso a medicine efficaci e curative”. Come abbiamo evidenziato all’inizio di questo articolo.

La medicina dolce
Ora che abbiamo dato una misura della diffusione di questa pratica non ci è ancora chiaro perché le persone tendano a rifugiarsi in questa medicina alternativa. Possibile che il successo commerciale dell’omeopatia sia solo da attribuire a scelte dei singoli che seguono il libero arbitrio nella scelta delle cure? È nel patto di fiducia con il medico tradizionale, nella relazione tra medico e paziente che si nasconde il vero motivo, secondo Stefano Cagliano, per cui ci si avvicina alla medicina omeopatica. “Il successo dell’omeopatia ha radici diverse” ci spiega. “Che l’omeopatia sia rimasta viva, con fortune alterne, lungo tutti questi anni, e che conosca oggi un rinnovato interesse anche in Italia (…) non stupisce” scriveva lo studioso Gianni Tognoni nel 1983, aggiungendo: “Documenta che la medicina ufficiale non ha risposte sufficienti o soddisfacenti per i bisogni o le richieste di cura e attenzione. Questo fatto è noto ed ormai largamente riconosciuto anche all’interno della medicina “ufficiale” i cui limiti (intrinseci, teorici e conoscitivi e ancor più di prassi) sembrano diventare sempre più evidenti e la cui pretesa di fornire risposte razionali e risolutive ai bisogni di salute si rivela precaria. La suggestione “alternativa”, soprattutto se basata sulle parole d’ordine del ricorso al ‘naturale’, al ‘dolce’, al ‘simile’, alla ‘globalità’, è ovvia” (1). “Il fatto è che – ci fa notare Cagliano – nel rapporto con i malati molti fanno un uso intelligente della comunicazione mentre altri tradizionalisti sembra quasi ritengano il detto ‘il silenzio è d’oro e la parola d’argento’ un passaggio del giuramento d’Ippocrate”. Ma c’è dell’altro. Può accadere che il medico non sia preparato ad affrontare i disagi dei pazienti. Come scriveva Danielle Ofri “ascoltare è una delle attività più complesse che possediamo, eppure ci sembra una cosa talmente ovvia che raramente ci soffermiamo a pensarci” (2). E per quanto sembri semplice, ascoltare il paziente richiede un tempo e uno spazio idonei per entrambi, cosa che – scrive Cagliano nel suo libro – l’organizzazione sanitaria in genere non prevede.

Omeopatia vs placebo
“Il successo dell’omeopatia oggi ha nomi diversi” prosegue Cagliano. “Si chiama mancanza di rischi, prima di tutto, fascino per l’insondabile da un lato e intenzione di puntare su sé stesso dall’altro. In breve, voglia di essere rassicurati con proposte senza rischio. È legata alla suggestione, al cosiddetto effetto placebo. ‘È difficile rimanere imperatore in presenza di un medico: difficile anche conservare la propria essenza umana’ scriveva Marguerite Yourcenar nel suo capolavoro Memorie di Adriano. Di questo parliamo. A questa svestizione del malato di fronte al medico è legata l’azione di conforto che qualsiasi terapia esercita sulla persona. Un effetto al quale sfuggono in pochi: ‘Il suo principio attivo è la sensazione. La qualità della relazione è la sua posologia’. Così, se state meglio dopo una malattia, ciò è avvenuto non solo per l’azione concreta di qualche agente sul “nemico”, per esempio dell’antibiotico sull’infezione, ma anche per l’azione dell’effetto placebo. ‘Il placebo è un punto nodale della terapia, dove s’incrociano farmacologia, psicoterapia e magia, un punto tra scienza e irrazionale’ osserva Patrick Lemoine in Le mystère du placebo” (3).

“Una cura dei pazienti premurosa comincia dal notare le cose. Questo è un fattore fondamentale nel successo dei ciarlatani e dei falsi guaritori. Ascoltano con attenzione. Vedono la persona. Notano le cose. I pazienti si sentono accuditi”.

Una cura diversa
Ma se le cose stanno così, si può prevedere un effetto placebo anche per gli omeopati? Ebbene secondo il medico scozzese Des Spence “l’effetto dell’omeopatia è l’effetto positivo di una relazione terapeutica che è rassicurante, accettante e di supporto. La società non dovrebbe mai sottovalutare l’effetto curativo di una parola gentile o il valore di un approccio olistico” (4). Forse serve una cura dei pazienti premurosa, come suggerisce il diabetologo Victor Montori – promotore negli Stati Uniti del gruppo The patient revolution, un movimento che si ribella all’assistenza sanitaria “industrializzata” contemporanea e ne pretende una attenta e premurosa nei confronti del singolo paziente (5). “Una cura dei pazienti premurosa comincia dal notare le cose. Questo è un fattore fondamentale nel successo dei ciarlatani e dei falsi guaritori. Ascoltano con attenzione. Vedono la persona. Notano le cose. I pazienti si sentono accuditi. (…) Perciò, dopo aver notato le cose, i clinici devono reagire praticando la medicina basata sulle prove. Mi dà speranza promuovere l’idea rivoluzionaria della medicina basata sulle prove, non nel gettarla via”.

Bibliografia
1. Tognoni G. Omeopatia. Enciclopedia medica italiana. Seconda edizione. Firenze: USES, 1983; 1646-9.
2. Ofri D. Cosa dice il malato, cosa sente il medico. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2018; 126
3. Lemoine P. Le mystère du placebo. Paris: Editions Odile Jacob, 1996; 27.
4. Spence D. Good medicine: homeopathy. BMJ 2012; 345:e6184.
5. Montori V. Perché ci ribelliamo. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2018; 125.