Avreste mai detto che dall’analisi delle acque reflue potessero arrivare informazioni di grande importanza per la nostra salute? Forse non tutti lo sanno, ma le acque di scarico sono sempre più al centro di studi epidemiologici, e alcuni Istituti in particolare si stanno focalizzando sulle ricadute cliniche possibili derivanti da queste analisi. L’epidemiologia delle acque reflue è una tecnica abbastanza recente e innovativa, che tramite l’analisi chimica o biologica dei reflui non trattati permette di studiare una serie di fattori legati alla popolazione. Tutte le sostanze con cui veniamo a contatto, ingerendo direttamente o inavvertitamente contaminanti dei cibi o dell’aria che finiscono nel nostro corpo, vengono metabolizzate ed escrete con urine e feci e finiscono collettate nelle acque di scarico delle nostre città, raggiungendo gli impianti di depurazione.
Abbiamo realizzato un’intervista a Sara Castiglioni, (Capo Unità di Biomarkers Ambientali – Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano), che ci ha spiegato come tramite analisi specifiche i ricercatori riescano a valutare una serie di fattori legati al consumo di sostanze legali e illegali, quelli legati alla salute, e infine la presenza biologica del virus SARS-CoV-2 responsabile della pandemia di Covid-19. Fino al 2019 infatti l’uso del monitoraggio delle acque reflue per valutare e ottimizzare la salute globale era qualcosa di riservato a pochi. La pandemia, di fatto, ha cambiato tutto questo, grazie al metodo usato per tracciare il corso della SARS CoV-2, ed è stato probabilmente uno dei pochi benefici portati dall’emergenza pandemica. “In questo tipo di analisi – spiega Sara Castiglioni – andiamo a valutare un quantitativo che esiste nelle acque reflue e che riguarda l’intera popolazione, sia sintomatica che asintomatica. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo studiato in modo particolare la città di Milano, rilevando una carica virale di SARS-CoV-2 elevata tanto quanto quella registrata nell’autunno del 2020, nonostante i casi di positività e ospedalizzazione fossero infinitamente meno”.
“È un sistema che usiamo anche per le droghe d’abuso da circa 15 anni”
Questo ovviamente, oltre a dimostrare l’efficacia del vaccino, ha fornito dati importanti sulla reale circolazione del virus in quel momento. “È un sistema che usiamo anche per le droghe d’abuso da circa 15 anni”, afferma la Castiglioni, “e chiaramente si tratta di uno strumento assai più valido rispetto ad altri dati epidemiologici o survey, fornendo una fotografia della popolazione intera, in modo oggettivo e costante, quasi in tempo reale, poiché i campioni possono esser raccolti anche quotidianamente e analizzati in poco tempo”.
“Fornisce una fotografia della popolazione intera, in modo oggettivo e costante, quasi in tempo reale”
Ma l’importanza dell’epidemiologia basata sulle acque reflue si allarga anche ad altri fattori, e parlando in termini di impianti di trattamento delle acque, esiste ad esempio una grave disparità tra nazioni ricche e povere, fattore parzialmente responsabile delle loro statistiche sanitarie divergenti. Uno studio su base mondiale nota infatti come le aree prive di infrastrutture fognarie centralizzate, in particolare nei Paesi a basso reddito, siano in una condizione di doppio svantaggio, e senza tali strutture l’igiene della comunità è compromessa, privando alcune popolazioni anche dei benefici del monitoraggio sanitario continuo fornito appunto da questo tipo di epidemiologia. Estendere la raccolta e il trattamento delle acque reflue alle aree prive di questa tecnologia sarebbe quindi fondamentale e potrebbe fornire una strategia economicamente vantaggiosa per la valutazione della salute attraverso l’epidemiologia delle acque reflue, soprattutto in condizioni in cui l’assistenza sanitaria tradizionale è finanziariamente fuori dalla portata della maggior parte della popolazione locale. “Ma la cosa ben più grave” – sottolinea Sara Castiglioni – “è che in questi Paesi le acque reflue non trattate vengono immesse in superficie e usate a scopo di irrigazione, o purtroppo persino a uso domestico, per cui si trovano forti cariche virali e batteriche. E non da ultimo c’è il problema dei contaminanti, tra cui farmaci e antibiotici che vengono in parte degradati da depuratori, ma dove questi non ci sono si riversano nell’ambiente, e come sappiamo gli antibiotici possono essere responsabili di antibiotico-resistenza”.
“Occorre limitare molto il quantitativo di antibiotici che raggiunge gli impianti di depurazione delle acque e anche l’ambiente”
Proprio sul tema dell’antibiotico-resistenza, quasi tutti i Paesi hanno dei piani nazionali perché è un serio problema di livello sanitario, e proprio su questo punto spinge Sara Castiglioni, affermando che “dovrebbero essere sensibilizzate maggiormente le popolazioni verso un uso corretto degli antibiotici, e i medici verso le prescrizioni, evitando quelle inopportune. Questo limiterebbe molto il quantitativo di antibiotici che raggiunge gli impianti di depurazione delle acque e anche l’ambiente”. Lo scopo principale non è infatti quello di degradare sostanze chimiche ma la sostanza biologica e diminuire le cariche batteriche, per cui parte degli antibiotici che entrano in un depuratore non vengono degradate e finiscono immesse nell’ambiente.
Ma in ottica futura, quali sono le ulteriori possibilità date dall’esplorazione delle acque reflue, in termini di benefici sulla salute e non solo? Una nota della FAO dice che una migliore gestione delle acque reflue genera benefici sociali, ambientali ed economici contribuendo al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile. E poi c’è la sopraccitata esperienza della pandemia, che ci ha dato un buonissimo esempio per dimostrare come questo tipo di studi può essere utile a livello di fornitura di dati epidemiologici in affiancamento a dati clinici, e questo potrebbe essere esteso anche ad altri aspetti della salute umana, quindi marcatori clinici di malattia che possono essere studiati nello stesso modo e dall’altro lato anche esposizione a contaminanti da parte della popolazione. “Noi – aggiunge Sara Castiglioni – abbiamo lavorato all’esposizione a pesticidi, o alle micotossine che vengono ingerite coi cibi. Aspetti che possono essere sicuramente approfonditi, e poi c’è tutta la parte di studi di infezioni virali e batteriche. Abbiamo uno strumento valido e validato che può sicuramente essere usato per studiare la salute umana o per affiancare gli strumenti che già ci sono, favorendo un miglioramento della comprensione della salute umana a livello di popolazione”. Insomma, è piuttosto evidente che le acque reflue rappresentino un importantissimo laboratorio per lo studio della salute umana, con un potenziale enorme che finalmente abbiamo iniziato a sfruttare e che nel corso degli anni a venire troverà senza dubbio ulteriori applicazioni in campo medico e scientifico.