Razzismo, xenofobia e discriminazione sono problemi presenti in ogni società moderna. Troppo spesso però si trascura di sottolineare che non si tratta di problemi soltanto sociali e culturali, ma anche sanitari. Sono la causa diretta o indiretta infatti di malattie e decessi evitabili in gruppi spesso già svantaggiati. La prestigiosa rivista scientifica “Lancet” ha dedicato a questo tema una serie di articoli molto interessanti, che esaminano le radici delle ideologie discriminatorie e proposti possibili interventi per affrontare lo spettro dei driver di problemi sanitari. Gli autori? Un team di ricercatori dell’University college of London coordinato da Delanjathan Devakumar. È un fatto assai significativo, fa notare proprio Devakumar, che l’approfondimento arrivi da questa istituzione britannica, perché l’University College of London un tempo era la casa di Francis Galton e Karl Pearson, scienziati eminenti ma il cui lavoro – che documentava e catalogava le differenze umane nel tentativo di classificare alcuni tratti somatici – fu utilizzato per fornire una base scientifica al colonialismo e a teorie razziste.
I key message della serie del “Lancet” potrebbero essere sintetizzati così:
– Il razzismo, la xenofobia e la discriminazione sono determinanti fondamentali di salute e devono essere considerati come tali quando ci si approccia alla gestione o all’analisi della salute pubblica.
– La storia e la pratica attuale dimostrano che l’ideologia discriminatoria ha purtroppo modellato in passato – e in alcuni Paesi continua a farlo – la ricerca scientifica e il modo in cui è stata ed è interpretata.
– I precursori della discriminazione sono i due processi strutturali fondamentali della separazione, il meccanismo per cui gli individui si considerano diversi dagli altri e l’affermazione di un potere gerarchico.
– I danni alla salute e le disuguaglianze sanitarie sono influenzate dal razzismo, dalla xenofobia e dalla discriminazione attraverso una serie di fattori strutturali che hanno radici storiche e politiche: la discriminazione non può essere affrontata perciò senza affrontare anche questi complessi processi.
– I leader populisti che diffondono ideologie razziste, xenofobe e discriminatorie sono responsabili anche della diffusione di cattive condizioni di salute.
Perché questa serie proprio ora? Spiega Delanjathan Devakumar: “Abbiamo sempre avuto razzismo. Ma ci sono stati cambiamenti nell’ultimo decennio o giù di lì, con l’ascesa di politiche populiste e divisive in tutto il mondo che forniscono una giustificazione ai gruppi razzisti e possono portare a conseguenze reali e talvolta devastanti”. La pandemia di covid-19 ha esacerbato e/o svelato gran parte delle politiche divisive a livello globale, così come le disuguaglianze che la politica razzista può causare. Un team di ricercatori coordinato da Ladan Golestah dell’Albert Einstein college of medicine, che lavorava nel Bronx durante la prima ondata della pandemia di covid-19 nel 2020, ha dimostrato che i tassi di mortalità per tutte le cause erano del 60% più elevati tra i neri rispetto ai bianchi. All’inizio questa discrepanza era stata interpretata come una conseguenza dell’età, delle comorbilità dei pazienti indipendentemente dalla loro etnia, ma guardando indietro la verità è ben diversa: “Mi sono resa conto che ciò che era nascosto in bella vista era l’entità delle comorbilità non diagnosticate che ha portato a risultati di salute molto peggiori per i neri. Ciò era dovuto alla mancanza di accesso all’assistenza sanitaria a causa delle barriere finanziarie incontrate in modo sproporzionato da questo gruppo. Il covid-19 a sua volta ha provocato più traumi e danni fisici a questi gruppi di persone, esacerbando ulteriormente tali disuguaglianze. E l’introduzione della telemedicina ha anche peggiorato – se possibile – la capacità di alcuni sociali di accedere all’assistenza sanitaria”.
Anche in Gran Bretagna, malgrado la presenza di un sistema sanitario pubblico a carattere universalistico, non sono mancate le discriminazioni nell’assistenza sanitaria durante la pandemia. Lobby Anikola del gruppo covid-19 bereaved families for justice ha dichiarato al People’s covid inquiry: “Quando chiamavano i numeri d’emergenza durante la prima ondata, alle persone veniva chiesto se avevano le labbra blu, un sintomo della carenza di ossigeno nel sangue nei bianchi, ma che è molto meno evidente nelle persone con la pelle più scura, il che significa che molti sono rimasti a casa quando avevano bisogno di cure mediche urgenti. È stato anche dimostrato che i pulsossimetri non riescono a rilevare l’ipossia nelle persone con la pelle più scura, poiché sono stati progettati per l’uso sui bianchi, come ha dimostrato anche uno studio pubblicato sul British medical journal”.