“Ricordo al sindaco e al Pd che a Milano la gente vorrebbe anche lavorare”. Sono parole di Matteo Salvini, ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti diffuse con un tweet a commento dell’introduzione del limite di 30 chilometri orari a Milano a partire dal 2024. Quella del Consiglio comunale milanese sarebbe “l’ennesima scelta demagogica che certamente produce riscontri mediatici immediati ma che nel medio e lungo periodo non garantirà alcun beneficio per la città e i cittadini”.
Ricordo al sindaco e al PD che a Milano la gente vorrebbe anche lavorare… https://t.co/EvlYfnu5Fg
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) January 9, 2023
Dopo un mese, il ministro è tornato a occuparsi di viabilità e automobili per criticare il via libera definitivo del Parlamento europeo all’accordo sui veicoli inquinanti (quindi a benzina e diesel) di nuova immatricolazione: “Il blocco della vendita di auto diesel e benzina dal 2035 votata in Europa è l’ennesima follia nel nome del fanatismo verde” leggiamo in un tweet in due parti pubblicato il 15 febbraio. “Questo provvedimento metterebbe a rischio il posto di centinaia di migliaia di lavoratori, consegnando la produzione di un’intera industria alla Cina, il più grande paese inquinante al mondo. Convocherò al Ministero dei Trasporti le aziende produttrici, sindacati e associazioni per stabilire una strategia per fronteggiare questa pazzia: non si lotta per l’ambiente togliendo il lavoro agli italiani”.
“Il blocco della vendita di auto diesel e benzina dal 2035 votata in Europa è l’ennesima follia nel nome del fanatismo verde”
È un nuovo atto dell’eterna dialettica tra promozione della salute e tutela del lavoro, ma non solo: le reazioni del ministro alle decisioni delle istituzioni sono un’opportunità per tornare a riflettere sui determinanti commerciali della salute. L’attività pubblicitaria dell’industria automotive – che con l’alimentare è uno dei settori trainanti dell’advertising – ha una forte influenza sulla nostra salute, in primo luogo per l’impatto dei veicoli sull’ambiente. “I trasporti sono responsabili di gran parte delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea (Ue) e contribuiscono in larga misura ai cambiamenti climatici” spiega l’Agenzia europea per l’ambiente. “Mentre gli altri settori economici, come quello della produzione di energia elettrica e l’industria, per lo più hanno ridotto le loro emissioni dal 1990, le emissioni da trasporto sono aumentate. Attualmente i trasporti sono responsabili di oltre un quarto delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’Ue e non è prevista un’inversione di tendenza. Ciò rende il settore dei trasporti un grosso ostacolo alla realizzazione degli obiettivi dell’Ue in materia di protezione del clima. Autovetture, furgoni, camion e autobus producono oltre il 70% delle emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti. La quota restante proviene principalmente dal trasporto marittimo e aereo”.
Dopo la crisi sofferta negli anni iniziali della pandemia, il mercato delle automobili è in ripresa e uno dei dati più preoccupanti dal punto di vista ambientale è la crescita della quota di mercato dei cosiddetti Sport utility vehicle: quelli che conosciamo con l’acronimo Suv. Nel 2021 per la prima volta questo segmento di automobili è stato più venduto delle berline: nel 2012 in Italia si immatricolavano 860 mila berline (60% del mercato), 121 fuoristrada e 118 crossover unità immatricolate (le due categorie arrivavano al 17% del mercato). Già nel 2018 le berline erano scese sotto il 50%, mentre i Suv avevano raggiunto il 40% nel 2019. Per la loro conformazione, i Suv consumano di più e di conseguenza inquinano di più, spiegano due ricercatori dell’università di Sidney in Australia su The Conversation. Il successo dei Suv è un fenomeno mondiale: questa “novità” nell’offerta di automobili è arrivata sul mercato automobilistico statunitense grazie a un’opportunità creata da un’esenzione dai nuovi standard di efficienza del carburante ottenuta dalle case automobilistiche nel 1975. Da allora, l’attività lobbistica tipica nel consolidare i determinanti commerciali di salute ha fatto la sua parte: in altre parole, l’industria automobilistica ha usato la sua influenza a Washington per opporsi a modifiche degli standard di carburante per i Suv e gli autocarri leggeri.
L’impatto sull’inquinamento non è il solo problema: come leggiamo in una rassegna di Nicholas Freudenberg e Sandro Galea, “a causa della posizione più elevata del loro centro di gravità, hanno una probabilità tre volte maggiore di ribaltarsi e il tasso di decessi degli occupanti in questi ribaltamenti è quasi tre volte superiore a quello delle berline”. Problema confermato anche in uno studio più recente. Altro aspetto che fa riflettere è che in caso di incidente i Suv hanno maggiori probabilità di uccidere gli occupanti delle auto e dei pedoni che investono: un’analisi degli incidenti stradali mortali negli Stati Uniti dal 1995 al 2001 ha rilevato che ogni decesso di occupanti di Suv evitato a causa del peso maggiore ha un costo aggiuntivo in termini di incidenti che comportano la morte di occupanti di automobili, pedoni, ciclisti o motociclisti. È stato calcolato che l’angolo di visuale del guidatore di alcuni Suv sia talmente ridotta da impedirgli di vedere dodici bambini accovacciati davanti al cofano…
“I Suv hanno una probabilità tre volte maggiore di ribaltarsi e il tasso di decessi degli occupanti in questi ribaltamenti è quasi tre volte superiore a quello delle berline”
In definitiva, si potrebbe pensare che decidendo di acquistare un Suv si pensa alla propria sicurezza mettendo a maggior rischio la vita degli altri. Chi acquista un Suv lo fa per avere più spazio, non solo all’interno dell’automobile, ma anche sulla strada: peccato che in tanti abbiano questo desiderio e che, in generale, l’aumento quasi generalizzato della grandezza delle auto rende tutto più complicato. C’è poco da fare ed è di nuovo The Conversation a mettere in fila le possibili soluzioni: il trasporto elettrico deve diventare la norma prima possibile e ovunque possibile. Va promossa la vendita di veicoli più piccoli e leggeri, ottimizzando così l’efficienza energetica. Le case automobilistiche devono assumersi la responsabilità del loro contributo al cambiamento climatico e dovrebbero abbandonare la commercializzazione dei Suv a combustibile fossile promuovendo veicoli più leggeri, piccoli ed elettrici. E pazienza per Salvini (ma questo The Conversation non lo dice).
Questo post è il quarto di una serie dedicata ai determinanti commerciali della salute. La prima uscita puoi leggerla qui “Aranciate amare”, la seconda qui “Bevi che non ti passa”, mentre la terza qui “Vendere: ad ogni costo”.