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Hiv/Aids: cinque strade verso una cura


Perché non si riesce a trovare una cura per l’infezione da Hiv? E quali sono le strade più promettenti che i ricercatori di mezzo mondo stanno battendo per riuscire nell’impresa? A rispondere a queste domande, direttamente dall’International AIDS Conference appena conclusasi ad Amsterdam, ci hanno provato Steven Deeks, docente alla University of California San Francisco, e Sharon Lewin, di stanza al The Peter Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne in Australia.

Ci sono cinque approcci (in studio al momento, ndr)”, spiega Deeks. “Il primo è quello di iniziare molto presto la terapia, prima che il virus prenda il sopravvento. Abbiamo provato e non pensiamo che possa funzionare, ma in teoria è possibile mettere in terapia le persone molto molto presto ed evitare che il virus arrivi dove deve”.

Il secondo approccio, invece, è quello di cui Sharon Lewin è una massima esperta: cercare di forzare il virus ad abbandonare i suoi nascondigli nel corpo di un paziente in cura in modo da poterlo attaccare ed eliminare. Questo approccio si chiama shock and kill (riattivare e uccidere) ed è opposto alla terza strada elencata da Deeks, lock and block, che consiste invece nel bloccare il virus in queste cellule e silenziarle definitivamente.

L’Hiv è un virus complicato e abbiamo già fatto tanta strada.

Il quarto approccio è la terapia genica”, prosegue il ricercatore di San Francisco. “Questa sappiamo che funzionerebbe, perchè ha funzionato su Timothy Brown, il paziente di Berlino, ma è costosa” E inoltre, non sarebbe una strategia applicabile in breve tempo e allo stesso modo a 37 milioni di persone in tutto il mondo.

Inoltre, come ricorda nell’intervista Deeks, Timothy Ray Brown “non è stato curato dall’Hiv perchè quello era l’intento. L’obiettivo era quello di curare un cancro che Timothy aveva, attraverso un trapianto di midollo osseo. Aveva un cancro, ha subito un trapianto di midollo, è stato in ospedale due e tre anni, ed era in una situazione molto complessa.  Ha sofferto tantissimo (…) Il fatto che stesse morendo di cancro  è quello che ha reso eticamente possibile la procedura utilizzata dai ricercatori. Liberarsi dell’Hiv è stato un beneficio secondario”.

Nessuno vuole passare quello che ha passato Brown. Tuttavia è la prova che è possibile e questo è molto importante e ha ispirato un intero campo di ricerca. Ora il goal è di rendere questa pratica più sicura”, prosegue il virologo statunitense, che arriva finalmente al quinto approccio, quello da lui preferito. “Da ultimo c’è la strategia probabilmente più promettente, la chiamiamo immunoterapia in remissione, in pratica somministriamo ai pazienti delle terapie immunologiche tipo vaccini, in modo tale che il sistema immunitario riesca da solo a controllare il virus, e su questo ci sono enormi progressi fatti da molti gruppi di ricerca in tutto il mondo”.

Secondo Sharon Lewin tuttavia sarà necessaria una combinazione di strategie. “L’Hiv è un virus complicato e abbiamo già fatto tanta strada. Abbiamo dei farmaci antiretrovirali fantastici che possono tenere il virus sotto controllo, il che vuole dire che le persone ora vivono una vita lunga e sana”, prosegue la ricercatrice cercando di spiegare come mai sia così complicato trovare una cura definitiva. “Una delle ragioni per cui è così difficile è che il virus diventa parte del Dna dell’organismo che lo ospita, si inserisce nel codice genetico di chi ci convive”.

È un virus complicato”, ribadisce Deek, “si nasconde in specifiche cellule del corpo e non sappiamo come farlo uscire da questi suoi nascondigli”.

Qui il video dell’intervista a Sharon Lewin e Steven Deeks.