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Perché dormire è importante, ora più che mai


Dormire è importante, ora più che mai. Un’affermazione forse un po’ ansiogena, che di certo, se soffrite di insonnia, non vi aiuterà stanotte. Ma state tranquilli, relazioni dirette tra Covid-19 e mancanza di sonno, per fortuna non ce ne sono, spiega Matt Walker, direttore del Center for Human Sleep Science della University of California, Berkeley. Al loro posto c’è però una relazione diretta e strettissima tra sonno e sistema immunitario: meno ore dormite, e più si alza la probabilità che vi ammaliate di influenza, riporta uno studio di qualche anno fa, e ancora: se nella settimana precedente alla somministrazione di un vaccino antinfluenzale non dormite un quantitativo di ore sufficienti, la risposta dei vostri anticorpi sarà del 50 per cento  inferiore, rendendo di fatto il vaccino meno “efficace” .

“Dormici su”: se questo è un consiglio che ci sentiamo ripetere, perdonate il gioco di parole, dalla notte dei tempi, è perché un’altra delle funzioni del sonno è proprio quella di un “balsamo emotivo”, spiega il dottor Walker: dormire permette di smussare le asperità di giornate stressanti, in modo da recuperare un umore più sereno il giorno successivo. Disturbi mentali e sonno infatti sono strettamente legati, tanto che “negli ultimi venti anni non siamo stati capaci di trovare anche un solo disturbo psichiatrico nel quale il sonno risultasse normale”, specifica Matt Walker.

L’occasione che ci viene offerta (e che dovremmo sfruttare) da questo lockdown mondiale, quindi, è quella di dormire un po’ di più. Un recente rapporto (non scientifico) su 68.000 americani che usano dispositivi indossabili per il monitoraggio del sonno ha mostrato che dal 13 marzo (giorno in cui Trump ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale a causa del Covid-19) c’è stato un aumento medio del 20 per cento del tempo dedicato al sonno. Pur prendendo questi dati con le pinze, avverte Matt Walker, quindi anche considerando un 10 per cento come dato più realistico, vuol dire che in condizioni “normali” conduciamo una vita in costante debito di sonno.

Elevati livelli di stress (e di cortisolo) possono incidere sulla qualità e sulla quantità del nostro sonno, e nella conversazione virtuale con Chris Anderson (puntata che fa parte della serie “TED Connects”) Matt Walker offre una serie di consigli molto semplici per ristabilire una buona routine notturna. Ma, come spiega un altro esperto dei disturbi del sonno, Syed Moin Hassan del Brigham and Women’s Hospital di Boston, non siamo tutti uguali: alcune persone hanno il ritmo circadiano del sonno ritardato. Ciò significa che il ritmo sonno-veglia endogeno (cioè l’orologio biologico interno, codificato geneticamente, che ci fa percepire la stanchezza e ci induce a dormire o a svegliarci quando siamo riposati) è desincronizzato rispetto al ciclo esterno luce-buio.

Negli ultimi venti anni non siamo stati capaci di trovare anche un solo disturbo psichiatrico nel quale il sonno risultasse normale.

Il processo omeostatico che regola il sonno, spiega Moin Hassan, prevede che nella fase di veglia il nostro cervello produca tutta una serie di prodotti di scarto. Uno di questi è l’adenosina, più adenosina accumuliamo e più percepiremo il senso di stanchezza. La seconda parte di questa equazione è il nostro ritmo circadiano, cioè quell’orologio biologico interno, di cui scrivevamo poco sopra, che quando è arrivato il momento di dormire avvisa la nostra ghiandola pineale nel cervello di iniziare a secernere la melatonina. Quando questi due processi coincidono, avremo il sonno migliore. Se pensiamo al nostro cervello come a un bidone della spazzatura che si riempie di adenosina, dovrebbe risultare pieno nel momento in cui l’orologio biologico interno scocca l’ora di andare a letto. Ma se il nostro orologio biologico non è sincronizzato rispetto al ciclo esterno (e sociale) luce-buio, ed è, ad esempio, ritardato, la melatonina verrà rilasciata più tardi e il risultato è che soffriremo di insonnia: pur mettendoci a letto alle 11 di sera, non prenderemo sonno se non molto più tardi, salvo svegliarci molto presto a causa del suono di una sveglia.

Non sei pigro se ti alzi a mezzogiorno”. Accusare chi fa fatica ad alzarsi la mattina di essere pigro è scorretto. Semplicemente, secondo quanto ci spiega Moin Hassan, orologi diversi erano funzionali all’evoluzione della nostra specie: persone con un ritmo circadiano ritardato erano utili perché la loro capacità di non addormentarsi la notte si traduceva nella possibilità di proteggere la propria tribù da pericoli e predatori durante le ore notturne. Oggi cerchiamo invece di imporre lo stesso ritmo sonno-veglia a tutti, facendo passare il messaggio che alzarsi presto e andare a letto non troppo tardi sia più virtuoso o moralmente migliore e condannando di fatto queste persone alla convinzione di avere un problema.