×

Donne in cardiologia: ci sono ancora troppe barriere


Era il 1991. Una giovane donna medico italiana, laureata da soli sette anni e approdata ad Oxford da meno di due, vince una borsa di ricerca della European Society of Cardiology (Esc). Oggi, 28 anni dopo, quella stessa donna – Barbara Casadei –  è vice direttore del dipartimento di medicina cardiovascolare dell’Università di Oxford nel Regno Unito nonché attuale Presidente eletto dell’Esc. La prima donna a ottenere questa carica.

Casadei è una tra le poche cardiologhe che sono riuscite non solo a praticare con successo la professione ma anche a ricoprire un ruolo di leader globale in un mondo, quello della cardiologia, prevalentemente maschile, poco flessibile e molto esigente in termini di tempo, energie, dedizione. Da questa posizione potrà ancora più efficacemente supportare e sostenere giovani ricercatrici e cliniche, cosa che del resto ha sempre fatto.

Sono già diversi anni che ci sono più studentesse di medicina che studenti maschi e credo che debba essere compiuto ogni sforzo possibile affinché le donne medico siano parte integrante delle infrastrutture sanitarie”, ci racconta a margine del congresso che la società organizza ogni anno e che quest’anno si è tenuto a Parigi. “Sarebbe un errore non incoraggiare le donne laureate in medicina a essere più coinvolte nella professione ed avere ambizioni”.

Sempre a Parigi abbiamo incontrato Karen Sliwa, presidente della World Heart Foundation (anche in questo caso la prima volta per una donna) e Direttore dell’Hatter Institute for Cardiovascular Research dell’Università di Cape Town, in Sud Africa.

Era ormai tempo che una donna ricoprisse un ruolo leader in cardiologia, in particolare alla guida della World Heart Association e della European Society of Cardiology”, commenta. “Incoraggio tutte le cardiologhe e le altre professioniste a farsi avanti e soprattutto a fare rete, lavorare insieme, cercare le giuste occasioni e seguire il nostro esempio (…) Non è difficile e non c’è bisogno di essere geniali, basta essere perseveranti e, se qualcosa non va, si deve semplicemente cercare una nuova opportunità”.

Nonostante queste parole incoraggianti e nonostante questi due splendidi esempi, ancora oggi, una carriera in cardiologia, e ancora di più un carriera che porti poi a ricoprire un ruolo da leader, è un percorso meno facile per una donna di quanto le parole di Sliwa o il sorriso sereno di di Casadei potrebbero suggerire.

Solo lo scorso anno, su JAMA Cardiology, quattro articoli hanno mostrato  quanto le donne che scelgono di specializzarsi in cardiologia siano sotto rappresentate e sottovalutate, vittime di pregiudizi e discriminazioni, molestie sessuali e disparità di salario. Una condizione che spiegherebbe perché oggi, nonostante il sempre crescente corpo di studentesse e laureate in medicina, tra queste non ce ne siano poi molte che scelgano di specializzarsi in cardiologia. Sono barriere che portano giovani brillanti e promettenti a rinunciare in partenza a questa specializzazione.

In uno di questi quattro articoli, per esempio, erano riportati i risultati di un sondaggio che ha coinvolto 4850 studenti di medicina interna e 198 tirocinanti. Di questi ha risposto solo il 23 per cento e più della metà erano uomini. Secondo i risultati del sondaggio, ben il 63 per cento delle donne non ha neanche preso in considerazione una carriera in cardiologia (vs solo il 37 per cento degli uomini).

Attraverso il sondaggio i ricercatori hanno individuato ben otto fattori considerati i più importanti dai medici nella scelta del loro percorso professionale: un orario stabile, conciliabilità con la vita familiare, conciliabilità con l’essere donna, presenza di modelli positivi, benefici finanziari, interessanti sfide professionali, centralità del paziente, l’opportunità di una carriera stimolante. In generale, le donne che hanno scelto poi di non perseguire una carriera in cardiologia hanno dato più importanza ai fattori legati all’equilibrio tra lavoro e vita privata.

In un commento, sempre sul JAMA Cardiology, Roxana Mehran dell’Icahn School of Medicine al Mount Sinai Hospital di New York, ha invece richiamato l’attenzione sulla mancanza di voci femminili in cardiologia (forse ora con l’elezione di Casadei a Sliwa, qualcosa potrebbe cambiare). In un altro, invece, Rashmee Shah (University of Utah School of Medicine, Salt Lake City) ha denunciato il significativo il gap salariale tra una donna cardiologa (parliamo dei paesi anglosassoni) e la sua controparte maschile.

Non è solo un problema per le donne, è un problema per tutti noi.

Che la cardiologia sia una specializzazione respingente per le donne, lo conferma anche Iain Simpson ex-presidente della British Society of Cardiology, in un episodio del podcast del British Medical Journal, BMJ Talk Medicine.

È diffusa la percezione che sia difficile (per una donna, ndr) riuscire in cardiologia”, spiega Simpson. “Ne ho avuto una conferma in prima persona quando una delle nostre praticanti, una ragazza decisamente brillante, ha deciso di proseguire con una specializzazione in gastroenterologia nonostante fosse stata incoraggiata da me e da altri colleghi – sia uomini sia donne –  a prendere in considerazione cardiologia (…).Quello che mi ha colpito sono le ragioni che l’hanno portata a questa scelta (…): che è troppo difficile per una donna farcela in cardiologia e ha ritenuto che questo fosse una percorso più semplice da seguire. Noi dobbiamo assolutamente fare in modo che questo cambi”.

La cardiologia è sempre stata una specializzazione in grado di attrarre i migliori”, ricorda, sottolineando poi che ora, non riuscendo attirare brave donne medico, il rischio che si corre è di perdere alcuni dei migliori studenti che potrebbero diventare brillanti cardiologi. “Non è solo un problema per le donne, è un problema per tutti noi. Quindi i miei colleghi cardiologi uomini e io dobbiamo partecipare a questa discussione e provare a infrangere alcune delle barriere”.

E in Italia? Anche in Italia aumentano le donne medico: secondo i dati della FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, al 2018 dei 369.341 medici iscritti all’ordine,159.699 erano donne, e per le fasce di età tra i 25 e i 54 anni il numero delle donne iscritte supera quello degli uomini. Peccato che di queste 159mila, solo 3008 (sempre dati FNOMCeO) siano cardiologhe.