Immaginiamo di camminare tra gli scaffali di un supermercato, nello specifico quello dedicato alle creme per il viso: cosa ci indurrà a preferirne una al posto dell’altra? Ebbene, Beatrice Mautino laureata in Biotecnologie industriali, e autrice del libro “Il trucco c’è e si vede” (Chiarelettere), ci conferma che, con buona pace di tutti i nostri sforzi per compiere scelte consapevoli, a guidare la nostra scelta verso quella crema è il marketing perché un’informazione attendibile sui cosmetici oggi non esiste. Ce lo dice dal Cyborg Stage del Wired Next Fest.
Ma perché il marketing funziona? Perché se l’effetto placebo c’è quando assumiamo un farmaco, c’è anche quando ci spalmiamo una crema addosso. Naturalmente lo hanno dimostrato in uno studio (svedese): a tre gruppi di donne sono state consegnate tre confezioni di crema antirughe per il viso (una per ciascun gruppo). Al gruppo A è stata consegnata una crema molto costosa, nella sua confezione di lusso, al gruppo B è stata consegnata la stessa confezione della crema di lusso ma al suo posto era stata inserita una crema di fascia media, da supermercato, al gruppo C è stata consegnata una confezione di crema da supermercato ma al suo interno era contenuta la crema di lusso. Un po’ contorto, ma gli studi clinici si fanno così.
Ebbene, se dopo un mese di tempo la pelle delle donne dei tre gruppi non mostrava alcuna differenza nella quantità di rughe e qualità dell’incarnato rispetto al prima, la percezione delle donne che avevano utilizzato la crema costosa e la crema da supermercato “travestita” da crema costosa sostenevano di vedere la loro pelle molto migliorata e ne avevano consumata molta di più rispetto alle donne del gruppo C. Insomma le donne del gruppo A e B erano più “soddisfatte” del prodotto. Anche se il prodotto era diverso.
Allo stesso modo, nella realtà, può anche accadere che lo stesso prodotto sia venduto a prezzi differenti al discount o in profumeria, in base al canale di vendita scelto dal produttore.
La scelta di utilizzare prezzi diversi per prodotti venduti in posti differenti di fatto soddisfa però un nostro bisogno, che è il bisogno magari del lusso, di “farci del bene” con ingredienti di qualità.
Sono strategie di vendita, bellezza. Possiamo sfuggirgli? Sì. Leggendo i famigerati INCI? No. L’INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) altro non è che l’elenco, in ordine di percentuale di presenza, degli ingredienti del prodotto. Ma le quantità, per rispetto al segreto industriale, non sono specificate. Quindi anche di fronte a due etichette identiche non possiamo essere certi di trovarci di fronte allo stesso prodotto.
Come mantenere lo scetticismo di fronte ai messaggi pubblicitari e compiere delle scelte il più possibile consapevoli? Ragionando, facendosi delle domande, informandosi e laddove abbiamo qualche dubbio, chiedendo direttamente ai produttori le prove di quello che affermano. Pensereste mai che un maglione di lana possa “respirare”? E allora perché comprare shampoo che promettono di far respirare i vostri capelli? Lana e capelli sono la stessa cosa: proteine attorcigliate, essenzialmente prive di vita.
I consumatori europei sono i più tutelati al mondo.
La disinformazione nel campo della cosmesi può però fare danni ben più gravi di vitamine nutrienti aggiunte agli shampoo che scivolano dritte nello scarico della doccia: ad esempio quando cominciano a circolare fake news sulla cancerogenicità dei filtri solari (fisici e chimici): “Le creme solari sono l’unico strumento che abbiamo per proteggerci da un vero agente cancerogeno: il sole (…). Sugli ingredienti delle creme solari, sui filtri che fanno il lavoro di bloccare il sole, una cosa importante da dire è che sono tra gli ingredienti in assoluto più studiati e controllati dagli enti regolatori europei”.
Una buona notizia quindi c’è ed è quella per cui, soprattutto nel campo della cosmesi, “i consumatori europei sono i più tutelati al mondo”.
Notizie invece non tanto buone per gli appassionati del “bio”: “Quella del biologico è una certificazione (…) La certificazione bio più famosa per i cosmetici si chiama Cosmos Organics, è una certificazione europea, e prevede che un prodotto riceve il bollino se ha almeno il 20% degli ingredienti provenienti da agricoltura biologica. Che vuol dire che l’80% però può non esserlo”.
“Il problema è che anche le certificazioni sono diventate uno strumento di marketing”, quindi leggere su un’etichetta “organic” non ha nessun significato informativo per noi consumatori, e non ci dice nulla sulla differenza tra quel prodotto che abbiamo tra le mani e quello a fianco lasciato sullo scaffale.
Insomma, la forma è sostanza? Nel mondo della cosmesi (e forse un po’ ce lo potevamo aspettare), no.