“Nel vocabolario di un Pakistano medio, la parola ‘mestruazioni’ semplicemente non esiste”. A dirlo è Wasma Imran, co-fondatrice di una società – la Recircle Cup – che produce coppette mestruali nel paese mediorientale, intervistata di recente dalla BBC. Un’azienda, la sua, dietro cui si nascondono obiettivi ben più ambiziosi della semplice vendita commerciale: favorire la diffusione della conoscenza sul ciclo mestruale e demolire un pericoloso e anacronistico tabù culturale.
Secondo i risultati di un recente sondaggio dall’Unicef infatti, il 49 per cento delle donne e ragazze Pakistane scopre dell’esistenza delle mestruazioni solo al presentarsi del primo ciclo. Anche a quel punto l’argomento viene spesso evitato. Inoltre, il 44 per cento della popolazione femminile non ha accesso agli strumenti necessari a garantire un buon livello di igiene mestruale e il 28 per cento rinuncia a svolgere le normali attività quotidiane durante il ciclo.
“Molte ragazze non vanno a scuola in quei giorni perché non possono procurarsi gli assorbenti”, racconta Imran. “Questo mi ha colpito molto”.
Da qui la decisione, presa insieme all’altro fondatore di Recircle Cup – Mahin Khan –, di produrre coppette mestruali riutilizzabili, confortevoli e in grado di durare per oltre dieci anni. “Credo che nel prossimo futuro le troveremo nei supermercati a fianco dei tamponi e degli assorbenti”, dice soddisfatta Wasma Imran.
Educare le donne su questo argomento dovrebbe essere normale come respirare.
Quello delle mestruazioni in Pakistan non è solo un problema economico, quanto anche – e forse soprattutto – culturale. “Sono molte le donne che mi scrivono per chiedermi se l’utilizzo delle coppette è ‘haram’, vietato”, sottolinea la co-fondatrice di Recircle Cup.
In una società fortemente patriarcale come quella pakistana, infatti, il terrore di essere ‘scoperte’ dagli uomini è spesso talmente forte da spingere le donne a nascondersi e a vivere il ciclo come una colpa. Nel paese musulmano, poi, tutto ciò che riguarda la salute riproduttiva delle donne, mestruazioni incluse, è considerato vergognoso e coperto da un rigoroso silenzio.
“Gran parte degli uomini pakistani non sa quasi nulla del ciclo mestruale”, spiega Khan, “e non ne parlano molto”. Le donne, di conseguenza, sono tacitamente invitate a fare lo stesso.
Ne risulta che molte adolescenti arrivano impreparate al primo ciclo mestruale, con effetti negativi per la loro salute, autostima ed educazione. “È come se fosse una cosa tanto grave da dover essere tenuta nascosta”, aggiunge Imran. “Mentre educare le donne su questo argomento dovrebbe essere normale come respirare”.
Ci si può immaginare quanto sia stato difficile, dunque, per la madre di Imran, scoprire che la figlia si era lanciata in questa avventura. “Mi ha detto ‘Tu non sai quello che hai fatto; non sai quanto sia grave’”, racconta sorridendo. “Ma nonostante tutto sono riuscita ad avere una conversazione con lei sull’argomento”.
Più pacata, invece, la reazione della madre di Khan: “È stata abbastanza di supporto, e alla fine ne ha comprata una. Spero la usi, ma forse voleva solo essere d’aiuto”.
A essere utile, per le donne pakistane non sarà solo avere a disposizione, in alternativa ad assorbenti e tamponi, uno strumento economico e confortevole come Recircle Cup. Ancora più valore potrebbe avere il lavoro messo in atto da Imran e Khan per favorire una maggiore diffusione della conoscenza sull’argomento: sul sito della loro azienda, ad esempio, è presente un blog dove è possibile reperire diverse informazioni importanti.
Purtroppo in Pakistan sforzi di questo tipo devono ancora scontrarsi con un pensiero dominante di forte matrice patriarcale, spesso giustificato attraverso considerazioni di natura religiosa. Quello che manca, forse è che si verifichi nella maggior parte degli uomini la rivelazione avuta da Mahin Khan, la componente maschile di Recircle Cup: “A un certo punto ho realizzato che questo problema riguarda il 50 per cento della popolazione”.