“È necessario alzare il tono di voce sul cambiamento climatico”, a dirlo è Paolo Cianconi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in occasione del XXIII Congresso della SOPSI, che ha dato spazio quest’anno anche al tema, durante la lettura “Cambiamenti climatici e migrazioni: quali prospettive per la salute mentale?” “Ci siamo salvati, in passato, spostandoci”, prosegue lo psichiatra. “Se il sistema globale va in crisi non ci sarà possibilità di spostarci (…), se il Pianeta entrerà in una fase di trasformazioni irreversibili e peggiorative, noi ci dovremo assestare sui cambiamenti che abbiamo provocato”.
Ma come affrontare questo cambiamento? Continuare sulla strada attuale che porterà a un futuro buio per l’umanità, mettendo in atto comportamenti resilienti, o percorrere la via dello sviluppo sostenibile? È la scelta che i nostri leader politici sono chiamati a fare, ora.
Sono proprio le queste le istanze che spingono oggi 15 marzo 2019 gli studenti di tutto il mondo a manifestare. Sono queste le conclusioni a cui arriva il Global Environment Outlook 2019 (GEO-6) , rapporto dell’Onu sulle condizioni dell’ambiente, la cui sintesi è stata presentata l’11 marzo scorso in occasione della quarta United Nations Environment Assembly a Nairobi, in Kenia. Il rapporto fornisce un’analisi sullo stato del nostro Pianeta, con un focus sulle condizioni ambientali. ‘I danni causati al pianeta sono così importanti che, se non verranno prese delle misure urgenti, la salute delle popolazioni sarà sottoposta a delle minacce crescenti’, si legge.
Il rapporto si rivolge ai ministri dell’ambiente riuniti nella capitale keniota dove sono stati affrontati temi e questioni cruciali, come la riduzione dello spreco alimentare, la promozione della mobilità elettrica, la crisi da inquinamento da plastica negli oceani, il cambiamento climatico. Ed è proprio parlando di chi in questo momento ci governa ed ha in mano le sorti del nostro Pianeta, continua Cianconi: “le persone che non hanno capacità umanitaria non dovrebbero salire a posizioni di potere in un momento di crisi di questo tipo. Mi verrebbe da pensare che c’è un handicap di tipo bio-psicosociale dal punto di vista della specie perché ripetiamo questo errore continuamente”. Il riferimento è ai Maya che si sono estinti per effetto del cambiamento climatico, al quale hanno contribuito, spostandosi massivamente sulle coste, costruendo a spese della foresta.
È necessario alzare il tono di voce sul cambiamento climatico.
Oggi, secondo lo psichiatra, il cortocircuito sul quale si gioca la partita è la contrapposizione tra due termini: resilienza e sostenibilità. “Viene usato sempre più spesso il concetto di resilienza e invece viene usato molto meno il termine di sostenibilità”, sottolinea Cianconi. Invece di investire sui concetti di adattamento e di mantenimento, dobbiamo abbracciare una filosofia che si basi “sullo sforzo che le persone, i gruppi e le collettività fanno per mantenere le cose che sono giuste, le cose che funzionano”.
Quali sono le sfide che il cambiamento del clima ci pone di fronte? “I cambiamenti climatici si sposteranno verso quello che viene detto il set: l’organizzazione della biosfera, dei climi e la frequenza maggiore dei fenomeni accidentali climatici più estremi”.
Il riscaldamento, l’inquinamento, il deforestamento stanno modificando la biosfera che si sta spostando verso un nuovo tipo di equilibrio. “Ci troveremo di fronte ad una biosfera fatta di componenti diverse, con estinzione di alcuni gruppi, mutazione di gruppi che riusciranno a mutare, derive di nuove specie, nuove forme di adattamento a questo tipo di cambiamento”.
Dovremo abituarci ad un clima profondamente cambiato. “Potremmo doverci abituare alla scomparsa di alcuni tipi di clima che abbiamo nel nostro pianeta; per esempio, il clima artico scomparirà, non sappiamo se anche l’antartico”. Potremmo dover assistere alla tropicalizzazione di alcuni climi, come, ad esempio, quello mediterraneo. Alcuni scienziati, infine, stanno ipotizzando che si installeranno alcune aree di climi, mai avute in questo pianeta, rispetto alle quali davvero non sappiamo cosa aspettarci.
I dati sono allarmanti. Secondo il GEO-6 la produzione industriale raddoppierà entro il 2030, ed è necessario agire ora per affrontare l’inquinamento che ne deriverà. “Se la continua crescita industriale sarà al netto positiva o negativa per l’umanità dipenderà da come gestiamo la sfida relativa alle sostanze chimiche. Ciò che è chiaro è che dobbiamo fare molto di più, insieme”, spiega Joyce Msuya la direttrice ad interim dell’United Nations environment programme (Unep). Nonostante gli impegni per massimizzare i benefici e minimizzare gli impatti di questo settore, tantissime sostanze chimiche pericolose continuano a essere rilasciate nell’ambiente in grandi quantità. Invadono e inquinano aria, acqua e suolo, cibo ed esseri umani.
Una soluzione è valida solo quanto c’è la volontà di implementarla.
Per affrontare il problema, il mondo può e deve sfruttare le numerose soluzioni già esistenti ed evidenziate nel report. “Le soluzioni esistono, come mostra il rapporto. Una gestione sostenibile della catena di distribuzione, innovazioni nella direzione di una chimica green e sostenibile e l’adozione di approcci comuni alla gestione delle sostanze chimiche possono ridurre i rischi per la salute umana, gli ecosistemi e le economie. Ma una soluzione è valida solo quanto c’è la volontà di implementarla”, continua Msuya.
Non possiamo vivere senza prodotti chimici né possiamo più vivere senza pensare alle conseguenze di una loro cattiva gestione. Quando parliamo di conseguenze, come si legge nel rapporto, parliamo del fatto che se le misure di protezione dell’ambiente non verranno intensificate, l’Asia, il Medio Oriente e l’Africa sperimenteranno milioni di decessi prematuri entro la metà del secolo. Ma anche dell’impatto negativo dei pesticidi sugli impollinatori, dell’uso eccessivo di fosforo e azoto in agricoltura e delle sostanze chimiche che minano gli ecosistemi dell’oceano e delle barriere coralline. Parliamo di antimicrobici, e non solo, che riversiamo nei nostri sistemi di acqua dolce, e faranno sì che la resistenza anti-microbica sarà la prima causa di decesso entro il 2050. Ma anche di perturbatori endocrini danneggeranno la fertilità degli uomini e delle donne, così come lo sviluppo dei bambini.
I cambiamenti potrebbero agire direttamente sulla stabilità dei neuro-tessuti sia in senso genetico che epigenetico.
E dal punto di vista della salute mentale? Sono tante le domande che Cianconi ci pone e si pone.
Cosa accadrà quando ci saranno popolazioni che dovranno affrontare le ondate di calore? E quando si innalzeranno le acque al punto che le zone costiere di molte importanti città si troveranno ad evacuare? Cosa succederà per tutte quelle aree del mondo che dovranno affrontare cambiamenti che riguardano l’intero sistema produttivo per via dei cambiamenti climatici? O, più banalmente, sul piano della capacità di reagire allo stress: come reagiranno le popolazioni rispetto ad un mondo che cambia drasticamente? In che modo le persone potrebbero reagire al fatto che non possono più, ad esempio, andare in spiaggia o che da un giorno all’altro possa cambiare completamente la fisionomia di un paesaggio? O, ancora, come gestiremo politicamente i rifugiati climatici? Saremo in grado di creare nuove categorie di accoglienza?
“I cambiamenti potrebbero agire direttamente sulla stabilità dei neuro-tessuti sia in senso genetico che epigenetico, e questo potrebbe avere conseguenze su intere popolazioni che forse, anche da un punto di vista economico, potrebbero non riuscire a trovare le risorse necessarie per sopravvivere”, continua Cianconi.
Se vogliamo avere futuro in un Pianeta che sia vivibile da persone in buona salute, dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare. Servono azioni verso economie vicine allo zero spreco entro il 2050, perché non possiamo più permetterci di anteporre lo sviluppo ai danni che stiamo provocando all’ambiente, non c’è più tempo per occuparcene dopo.