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Aifa: balzi in avanti e zompi all’indietro


L’appartenenza a una generazione non conta molto: “è un tratto identitario molto più evanescente di quanto si pensi”, scriveva Michele Serra iniziando la collaborazione con ilPOST curando la newsletter Ok boomer!. Quindi avere una certa età può essere tutt’al più considerato un fattore di rischio per tenere certi comportamenti o avere determinate opinioni. Tra i pericoli ai quali espone l’età c’è quello di cadere prigioniero nelle sale di comitati, fondazioni o presidenze che sono l’inevitabile e conclusivo deposito di chi per anni si è mosso tra tavoli di lavoro e cabine di regia. Queste due categorie spaziali – sale e tavoli – sono molto diffuse nella sanità del nostro Paese, che a livello istituzionale somiglia a uno dei “paesaggi italiani con zombie” descritti da Alberto Arbasino. Sono fucine di luoghi comuni che, nonostante la loro inconsistenza, sono amplificati dalle newsletter online che affollano le nostre caselle di posta.

Una descrizione fantasiosa e imprecisa della realtà – un luogo comune, insomma – è quella che pretende che la collaborazione tra le istituzioni e le imprese – tra il pubblico e il privato – sia preclusa da quei “pregiudizi di tipo ideologico” di cui ha parlato il presidente del consiglio di amministrazione dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) Giorgio Palù a margine di un evento della Fondazione Mesit, uno dei tanti meeting che si svolgono ogni giorno nella Capitale. Vecchia storia – quella che la prudenza nei rapporti con le imprese da parte di chi ha a cuore il bene comune sia frutto di un pregiudizio – che ingenuamente si poteva pensare fosse stata sufficientemente chiarita almeno riguardo la sanità dalla consultazione anche parziale degli 83mila record bibliografici proposti da Pubmed sull’argomento dei conflitti di interesse. “Le collaborazioni tra università e industria possono indubbiamente accelerare il progresso medico e apportare benefici ai pazienti” scrivevano tre past editor del New England Journal of Medicine sul BMJ. Aggiungendo però che “tali collaborazioni, tuttavia, possono prosperare senza che tutti quei soldi viaggino dai produttori di farmaci e dispositivi ai medici e alle istituzioni, e senza la rete di relazioni finanziarie tra industrie e medici che non hanno chiare finalità scientifiche o legate alla salute.”

“Gli interessi pubblici e privati vanno quasi ovunque d’amore e d’accordo, compreso nella sanità italiana”

Comunque sia, gli interessi pubblici e privati vanno quasi ovunque d’amore e d’accordo, compreso nella sanità italiana. Uno dei nuovi pensatoi condivisi si chiama Ithaca e il claim che lo sostiene precisa la sua missione: The Travel Journey to Healthcare Innovation. C’è da giurare che i fondatori non abbiano presente la poesia di Konstantinos Kavafis sull’isola di Omero altrimenti non avrebbero accostato a cuor leggero l’isola di Omero all’accelerazione dei processi di approvazione dei medicinali.

“Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca”.

Nel think thank ci sono Francesco Saverio Mennini (economista sanitario e docente all’università di Roma Tor Vergata) e Guido Rasi (già direttore dell’Agenzia italiana del farmaco e dell’Agenzia europea per i medicinali). Entrambi attualmente consulenti del Ministero della salute. Mennini è pure coordinatore scientifico della Fondazione Mesit citata in apertura, insieme a Marcella Marletta che fino al 2020 era a capo della Direzione dei farmaci, dispositivi medici e sicurezza delle cure del Ministero della salute. Un discreto intreccio, insomma. Ha scritto Andrea Capocci che “Rasi e Mennini, dunque, svolgeranno un doppio ruolo. Da un lato, negli uffici del dicastero consiglieranno il ministro della salute Orazio Schillaci sui principali temi di salute pubblica. Dall’altro, aiuteranno le aziende farmaceutiche a «far sentire la propria voce» su alcuni dossier scottanti, come la riforma dell’agenzia deputata a controllarle”. Per Ithaca, il futuro della salute dovrebbe basarsi sulla rapidità del percorso di approvazione e rimborso dei farmaci; la cosa davvero necessaria è un “early access made in Italy” per garantire un percorso accelerato all’innovazione, valutazione dell’innovatività e modelli di governance.

“I palazzi dalle porte girevoli sono il regno di consulenti incaricati di ristrutturare, ridurre, ritardare”

A leggere questo programma non sembrano esserci particolari pregiudizi a frenare la collaborazione tra pubblico e privato che, peraltro, sarebbe opportuna e probabilmente utile se si rispettassero i ruoli e le legittime finalità delle diverse parti: al contrario, è il trionfo delle revolving doors. I palazzi dalle porte girevoli sono il regno dei consulenti: ogni questione è buona per nominarne e per “esternalizzare” l’analisi dei problemi, la valutazione e la decisione. Per preparare il terreno, serve ristrutturare, ridimensionare e ritardare: le tre azioni chiave dei governi conservatori di oggi secondo Mariana Mazzucato e Rosie Collington, autrici di un libro super consigliato: The big con: How the consulting industry weakens our business, infantilizes our governments and warps our economies.

In una cosa tutti i governi si somigliano: nella svalutazione delle competenze interne alle istituzioni. Ministri e direttori di agenzie governative amano circondarsi di persone con cui vanno d’accordo, di cui conoscono idee e capacità. Ci può stare, ma in questo modo le competenze all’interno dell’istituzione pubblica si riducono e il sentire comune all’interno dell’ente pubblico svanisce. “Con la crescita del numero delle consulenze a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso – spiegano Mazzucato e Collington – molte aree regolatorie di importanza critica hanno iniziato a caratterizzarsi non come insiemi di persone collegate che apprendono – in cui gli analisti del settore pubblico si rivolgono al mercato per suggerimenti che possano aiutarli a prendere decisioni regolatorie appropriate – ma invece per l’esternalizzazione ad attori del mercato della stessa definizione di quelle regole destinate a orientare il loro lavoro”. In definitiva, affidare fasi importanti dell’attività regolatoria ai pareri di consulenti esterni è una scelta politica per limitare l’influenza dello Stato sul mercato; inoltre, quanto più questi momenti di discussione si spostano su tavoli privati tanto maggiore è la demotivazione dei dirigenti pubblici di ministeri e agenzie governative che vedono mortificate le proprie competenze.

Ristrutturare, ridimensionare e ritardare: le tre azioni spiegate nel libro The big con non somigliano a quanto sta succedendo in questi mesi all’Aifa? La “rivoluzione” preannunciata prevede una sola commissione che oltre a valutare efficacia e sicurezza dei farmaci, deciderà anche riguardo i prezzi e i meccanismi di rimborso. La commissione dell’Aifa sarà composta da dieci persone. Fa effetto pensare che, invece, il lavoro della Food and drug administration è supportato da 31 “technical and scientific advisory committees and panels”. Che la Medicines and healthcare products regulatory agency britannica prevede otto “independent advisory boards” e una commissione “On human medicines” composta da 22 membri. Sedici commissioni tematiche con un numero variabile di component completano il sistema consuntivo dell’agenzia inglese. Negli ultimi anni, invece, le commissioni nominate all’Aifa a supporto delle decisioni dei dirigenti hanno avuto vita difficile: il comitato scientifico per la sorveglianza post-marketing dei vaccini covid-19 istituito il 14 dicembre 2020 si è riunito il giorno dopo per poi cessare di fatto il proprio lavoro senza che l’agenzia ne desse notizia. È di questi giorni l’annuncio dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) che ha comunicato le dimissioni dei clinici e ricercatori a suo tempo nominati nella commissione oncologica dell’Aifa. “Pur nel pieno rispetto della necessaria autonomia operativa di Aifa –spiega il comunicato Aiom – riteniamo penalizzante che le decisioni regolatorie sui farmaci oncologici delle commissioni di Aifa vengano assunte senza un supporto istruttorio condotto in trasparenza da esperti esterni all’agenzia, che possano fornire elementi di contesto e di merito utili a generare equilibrate decisioni da parte dei componenti delle Commissioni stesse”. Anche la commissione più importante, la Tecnico-scientifica, perde pezzi: un lancio di agenzia ha segnalato le dimissioni di una componente che ha però negato di averle “ufficialmente” presentate (ma in che senso “ufficialmente”?). Il presidente dell’Aifa dice di non saper nulla, mentre non è stato sentito chi invece si è realmente già chiamato fuori da una situazione surreale, resa ancora più caotica da interrogazioni parlamentari di esponenti della maggioranza di governo a cui gli stessi membri del governo devono provare a inventare delle risposte.

Insomma: ci sarà pure una rivoluzione all’orizzonte dell’Aifa, ma il modello potrebbe essere uno di quelli Stati equatoriali in cui un generale con molte medaglie al petto finge di comandare un’entità governata negli uffici delle grandi società di consulenza. Se non ci andasse di mezzo la nostra salute e la sostenibilità del Paese sarebbe pure comico. Nell’attesa possiamo tornare a leggere Arbasino, ripartendo dalla pagina in cui spiega come in Italia non sia infrequente che ai Grandi Balzi Avanti seguano i Grossi Zompi Indietro.