I fenomeni atmosferici che hanno investito gli Stati Uniti e non solo in questi ultimi anni (proprio nei giorni scorsi si sono registrate temperature record sotto lo zero) non hanno fatto che aumentare la già alta attenzione riguardante il cambiamento climatico. Un’espressione scomoda per l’amministrazione Trump e per il Presidente stesso che più volte ha negato l’esistenza del fenomeno arrivando a definirlo una bufala.
A dover rendere conto di molte delle affermazioni del Potus a riguardo è Andrew Wheeler. Nominato a luglio da Trump come presidente dell’Agenzia di protezione dell’ambiente (Epa), il 26 gennaio scorso Wheeler si è presentato davanti alla commissione del Senato per l’ambiente e i lavori pubblici in occasione dell’audizione di conferma del suo ruolo. Durante la seduta è stato chiamato a rispondere a numerose questioni riguardanti le politiche messe in atto dall’Epa durante i primi mesi del suo mandato e la sua visione del cambiamento climatico.
La consegna dell’incarico a Wheeler è arrivata in seguito ai numerosi scandali che hanno costretto il suo predecessore, Scott Pruitt, a rassegnare le dimissioni. Sin da subito, tuttavia, la nomina del nuovo presidente dell’agenzia ha destato nell’opinione pubblica una notevole preoccupazione visto il recente passato di Wheeler come lobbista per l’industria del carbone. Preoccupazione condivisa anche dai Democratici che puntano il dito contro quello che si configurerebbe inequivocabilmente come un conflitto di interessi.
Tuttavia, di per sé, la nomina non ha stupito i più, perché Wheeler è sin da subito sembrata la persona giusta per proseguire la politica di deregolamentazione voluta da Trump e cominciata da Pruitt.
Non la chiamerei la più grande crisi.
Durante l’audizione sono stati molti i momenti in cui le accuse degli oppositori di Trump in senato hanno messo Wheeler in una posizione scomoda, costringendolo a rispondere a domande spigolose. “La comunità scientifica dice che la minaccia del cambiamento climatico è una delle più grandi crisi che il nostro pianeta deve affrontare” ha detto il senatore Bernie Sanders, “lei è d’accordo?” . Wheeler ha detto di credere nel cambiamento climatico ma ha poi aggiunto: “Non la chiamerei la più grande crisi”.
Immediatamente Sanders ha espresso con forza i suoi dubbi chiedendosi come sia possibile che, “il candidato presidente dell’Agenzia di protezione dell’ambiente non nomini mai nei suoi discorsi le parole ‘cambiamento climatico’, in un momento in cui la comunità scientifica pensa che questo rappresenti un’enorme crisi ambientale globale”.
Fra le accuse più pesanti ci sono quelle del senatore democratico Ed Markey che ha con forza incolpato Wheeler di “gettare fumo negli occhi per esser sicuro che ci sarà un avanzamento nelle sporche politiche di Donald Trump. Ecco perché è rilevante il fatto che tu sia un ex lobbista dell’industria carboniera”.
Il direttore dell’Epa ha sostenuto di ritenere il riscaldamento globale una questione importante che deve essere affrontata. Ha poi spiegato però come, secondo lui, un regolamento federale di vasta portata che impone tagli profondi delle emissioni sarebbe l’approccio sbagliato proponendo di dare maggiore fiducia agli stati e alle imprese private.
“Con le nostre azioni di deregolamentazione, l’amministrazione Trump ha dimostrato che le onerose normative federali non sono necessarie per guidare il progresso ambientale”, ha detto Wheeler, ammettendo però anche di star “ancora esaminando” il rapporto redatto a novembre dalle 13 maggiori agenzie federali.
La relazione, voluta dal Congresso e resa pubblica dalla Casa Bianca, mette in guardia sulle conseguenze del cambiamento climatico per gli Stati Uniti, prevedendo che se non si adotteranno misure significative per contenere il surriscaldamento globale, i danni derivanti da quest’ultimo avranno una ripercussione fino al 10 per cento sulle dimensioni dell’economia statunitense entro la fine del secolo.
Il rapporto va quindi contro quella che è stata la maggior argomentazione di Donald Trump a proposito delle sue politiche di deregolamentazione, ovvero che le norme approvate dall’amministrazione Obama danneggerebbero l’industria e l’economia statunitense. Il tycoon al tempo disse di non credere nello studio, posizione mitigata da Wheeler durante l’audizione di metà gennaio, il quale ha bollato il rapporto come basato “sul caso peggiore”, nonostante l’analisi consideri che cosa potrebbe succedere se le emissioni si abbassassero o continuassero a crescere.
Il presidente dell’Epa ha continuato sostenendo che sotto la sua guida l’agenzia sta affrontando la sfida di diminuire le emissioni di carbonio e ha ribadito le conclusioni dell’amministrazione Trump, ovvero che il piano di revisione del Clean Power Plan (la politica dell’amministrazione Obama per combattere il cambiamento climatico) entro il 2030 avrebbe ridotto le emissioni del 34 per cento rispetto ai livelli del 2005.
Tuttavia dopo due anni di presidenza Trump, uno studio preliminare mostra come nel 2018 negli Stati Uniti le emissioni di diossido di carbonio siano aumentate nonostante un numero considerevole di centrali al carbone abbia chiuso. Wheeler ha spesso sottolineato il fatto che le emissioni di gas serra siano diminuite del 2,7 per cento tra il 2016 e il 2017 a testimonianza che l’amministrazione Trump stava proteggendo l’ambiente attraverso la deregolamentazione. Eppure quel calo si è verificato prima che Trump assumesse ufficialmente le sue funzioni ed è stato in gran parte guidato dalle forze di mercato.
Va aggiunto inoltre che, uno studio dell’Università di Harvard rilasciato qualche giorno prima dell’audizione, ha rilevato come le politiche di deregolamentazione del tycoon sarebbero più nocive del fare nulla, a causa della produzione di gas serra nella maggior parte degli Usa. Wheeler ha rigettato le conclusioni dello studio sostenendo che “questo non è ciò che mi dicono all’agenzia” e più avanti nell’audizione ha affermato: “Credo che stiamo andando avanti su una base proattiva”.
Da quando l’amministrazione Trump si è insediata sono state proposte più di 60 normative che segnano un passo indietro rispetto alle leggi approvate da Obama sul cambiamento climatico.
Wheeler, che con l’approvazione del Senato diventa a tutti gli effetti l’alfiere del tycoon nello smantellamento del Clean Power Plan, ha già fatto diverse mosse a riguardo, a partire dall’allentare le restrizioni riguardanti le centrali elettriche a carbone. Provvedimenti che nel loro insieme potrebbero costare più di 1400 morti all’anno. E secondo i ricercatori di Harvard, l’intera agenda ambientale di Trump potrebbe portare a 80.000 morti in più per decennio. Ma i settori toccati dalle politiche del nuovo presidente dell’Epa sono numerosi e vanno dal diminuire le protezioni federali per i fiumi e le paludi alla riduzione delle regole riguardanti le emissioni dannose degli autoveicoli.
Una direzione sempre più chiara, confermata ulteriormente dalla nomina di otto nuovi membri del comitato scientifico consultivo dell’agenzia. Fra questi figura anche John Christy, un professore dell’Università dell’Alabama che ha più volte minimizzato il cambiamento climatico durante conferenze e apparizioni sui media.