Nel 2011 Haiti è ancora in ginocchio dopo il terremoto del 2010 che ha provocato oltre 300mila morti. Proprio in quel periodo, una dozzina di operatori sanitari di Oxfam, stando alle accuse del Times of London, organizza incontri con prostitute, forse anche minorenni, e orge, e sono ora accusati di abusi sessuali. La stessa Oxfam, organizzazione umanitaria britannica attiva in tutto il mondo, è oggi sospettata di aver coperto le dimissioni dei dipendenti coinvolti, alcuni dei quali hanno trovato lavoro presso altre agenzie umanitarie, insabbiando la vicenda.
Dell’accaduto e della successiva inchiesta parla la scrittrice haitiano-americana Edwige Danticat a Democracy Now!, spiegando che le organizzazioni umanitarie agiscono spesso ignorando totalmente lo stato in cui operano. A volte sono le stesse Ong a considerarsi uno stato a sé, abusando del loro potere e della loro influenza ai danni della popolazione locale. “Stiamo parlando di un momento, il 2010 ad Haiti, in cui centinaia di migliaia di persone morirono per il terremoto (…) In un contesto come questo le donne e le ragazze più vulnerabili fanno tutto quello che viene chiesto loro per avere in cambio un pezzo di pane, che è quello che è accaduto nel caso Oxfam (…) Soprattutto, ci sono bambini molto vulnerabili che, in alcuni casi, hanno perso i loro genitori. Ci sono famiglie separate. Ci sono persone disperatamente bisognose ed estremamente vulnerabili. Sarebbe enormemente sbagliato trarre vantaggio da questa situazione. Ma in quel momento, quando le persone stavano ancora cercando i loro cari, seppellendo i loro morti, cercando cibo e acqua, in quel momento traumatizzare questa gente aggredendola, facendo orge, è semplicemente da incoscienti”.
Secondo Edwige, che si dice per nulla sorpresa dell’accaduto, ricordando gli abusi degli operatori di Minustah, la missione di stabilizzazione dell’ONU attiva ad Haiti dal 2004, le Ong esercitano una sorta di attitudine predatoria verso le vittime perché i responsabili sanno che a loro non verrà fatto nulla. “La cosa peggiore è che loro non verranno puniti. Ci sarà un periodo di indignazione, si scuseranno e andranno avanti. Verranno rimossi dal loro incarico e mandati in un altro posto, dove potrebbero continuare a fare le stesse cose, lasciando delle vite distrutte dietro di loro”. Un fatto accaduto proprio all’interno di Oxfam dove uno degli operatori accusati di abusi sessuali era stato licenziato da Oxfam Gran Bretagna e, dopo pochi mesi, reintegrato da Oxfam America.
Come spiega, sempre a Democracy Now, Sean O’Neill, il giornalista che ha rivelato lo scandalo su The London Times, Oxfam è un’organizzazione massiccia, operante in tutto il mondo. Riceve circa 300 milioni di sterline all’anno da vari governi e varie autorità pubbliche. Si tratta del governo inglese, degli aiuti statunitensi, dei fondi dell’Onu, dell’Unione Europea e di altri governi. Ora, anche sotto la pressione del governo inglese, Oxfam, come altre organizzazioni umanitarie, dovrà dimostrare la sua abilità nel proteggere i più vulnerabili e di sapersi avvalere di controlli interni per punire chi sbaglia senza coprire la mala condotta. Altrimenti il risultato sarà uno: il taglio dei finanziamenti.
Secondo un articolo di Al Jazeera poi, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha confermato che ci sono stati 145 casi di violenze sessuali e abusi all’interno delle missioni di pace delle Nazioni Unite nel solo 2016, con un incremento rispetto ai 99 casi del 2015. I paesi più coinvolti sono Haiti, la Repubblica Centro Africana, la Repubblica Democratica del Congo, il Sud Sudan. Solo in pochi denunciano le violenze subite; molti altri continuano ad aver paura di parlare e le loro storie non verranno mai raccontate.
Nel mirino dell’inchiesta non c’è solo Oxfam: ben 30 persone dell’organizzazione Save the Children sono state allontanate con l’accusa di violenze sessuali. “Credo quindi che il problema riguardi l’intero settore. Quello che possiamo vedere e quello che tutti in quel settore sanno, o sembrano di sapere, è che gli abusi sessuali si verificano soprattutto in zone di emergenza, in zone disastrate, dove la società civile è collassata. E gli enti di beneficenza devono esserne consapevoli”, afferma O’Neill.
Taina Bien-Aimé, direttrice esecutiva della Coalition Against Trafficking in Women, spiega come la soluzione non sia destituire Oxfam da quei luoghi o privarli dei finanziamenti. Piuttosto è importante creare un dialogo con l’organizzazione per stabilire politiche di zero tolleranza verso gli abusi sessuali, verso lo sfruttamento. “Abbiamo bisogno di vedere più donne con incarichi dirigenziali. E questa è un’opportunità per Oxfam di investire nelle donne e nelle ragazze che hanno sfruttato e brutalizzato (…) Potrebbero avere l’opportunità di ricostruire le loro vite e raggiungere l’autosufficienza economica”, dichiara.
Dalle scuse quindi, bisogna passare all’azione. L’impunità deve finire e i responsabili devono essere trattati come tali: “Credo che l’Onu sia stato un modello terribile in tutte le sue azioni”, afferma Edwige Danticat. Senza dimenticare che una parte della responsabilità è anche dei media che continua a trattare in modo sbagliato queste storie di sfruttamento e di abusi sessuali. Il dibattito nell’opinione verte sulle questioni se le vittime venivano pagate o meno, se erano minori o no: “Non ci sono le storie di queste donne e ragazze, delle loro vite devastate, non si dice se sono ancora vive, come stanno sopravvivendo. Credo che dobbiamo spostare il dibattito sulla cultura dell’impunità e la cultura dell’accesso sessuale maschile al corpo delle donne”, conclude la scrittrice.