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Migranti e pensioni: la verità di Tito Boeri agli italiani


Bisogna dire la verità agli Italiani”. Così ha detto Tito Boeri, presidente dell’Inps, in occasione della presentazione del rapporto annuale dell’ente alla presenza del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, nonché vice-premier, Luigi Di Maio. E c’è chi scommette già che per averla detta la sua poltrona sia vicina a saltare. Le verità, o meglio i dati presentati durante la relazione annuale hanno infatti fatto poco piacere sia a Matteo Salvini (che ha lo ha tacciato di “continuare a fare politica” e di “vivere su Marte”) sia allo stesso Luigi Di Maio, che ha degradato l’analisi dei dati del presidente dell’Inps al livello di “opinioni personali”.

Ma quali sono queste verità scomode che Boeri ha presentato? Niente di nuovo rispetto al rapporto del 2017, ma semplicemente che: “Gli italiani sovrastimano la quota di popolazione con meno di 14 anni e quella di immigrati: pensano che ci sia un immigrato ogni quattro persone mentre in realtà ce n’è uno ogni dieci persone. Questo avviene anche in altri Paesi, ma la deviazione tra percezione e realtà è molto più accentuata da noi che altrove”.

Non sono solo pregiudizi”, spiega, “si tratta di vera e propria disinformazione, diversi esperimenti dimostrano come sia possibile migliorare in modo sostanziale la cosiddetta ‘demographic literacy’ degli italiani, basta dire loro la verità. La classe dirigente del nostro paese dovrebbe essere impegnata in prima fila nel promuovere consapevolezza demografica; chi si trova a governare con una popolazione così disinformata fa molta fatica a fare accettare all’opinione pubblica le scelte difficili che la demografia ci impone”.

Ci tiene Boeri a far capire che la demografia ha un impatto diretto sulle politiche economiche e di protezione sociale, e nel nostro Paese anche su quelle di politica estera come la regolamentazione dei flussi migratori. “Tutti sono d’accordo sul fatto che bisogna contrastare l’immigrazione irregolare. Ma si dimentica un fatto importante: per ridurre l’immigrazione clandestina, il nostro Paese ha bisogno di aumentare quella regolare. Tanti lavori per i quali non si trovano lavoratori alle condizioni che le famiglie possono permettersi nell’assistenza alle persone non autosufficienti, tanti lavori che gli italiani non vogliono più svolgere (…) Dunque c’è una forte domanda di lavoro immigrato in Italia, in presenza di decreti flussi del tutto irrealistici questa domanda si riversa sull’immigrazione irregolare”.

Quando si pongono forti restrizioni all’immigrazione regolare, aumenta l’immigrazione clandestina e viceversa”, ricorda il presidente dell’Inps. “In genere, a fronte di una riduzione del 10 per cento dell’immigrazione regolare quella illegale aumenta dal 3 al 5 per cento”. Non esita a presentare previsioni che richiamano alla mente diverse delle promesse fatte in campagna elettorale: “Dimezzando i flussi migratori, in cinque anni perderemmo, secondo le proiezioni mediane dell’Istat, una popolazione equivalente a quella odierna di Torino. Azzerando l’immigrazione, secondo le stime di Eurostat, ci priveremmo di circa 700 mila persone con meno di 34 anni nell’arco di una legislatura”.

Per ridurre l’immigrazione clandestina, il nostro Paese ha bisogno di aumentare quella regolare.

In combinazione a una riduzione del numero di migranti regolari in Italia, che Boeri vede come un grave danno alla nostra economia, è oltretutto corrisposto un aumento della migrazione italiana all’estero. Altro dato estremamente allarmante. È inutile infatti ignorare che siamo noi stessi un paese di migranti. Migranti giovani ed altamente scolarizzati: “Nel 2016 l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati Aire (Anagrafe degli Italiani all’Estero, ndr) abbiamo perso altre 115mila persone, l’11 per cento in più dell’anno precedente e potrebbe anche essere una sottostima ”.

Un paese che perde più di 100mila giovani all’anno è un paese che perde spirito imprenditoriale. C’è una chiara relazione negativa tra età media della popolazione e tassi di imprenditorialità”, sottolinea. “Il declino demografico vuol dire fin da subito meno imprese e meno investitori che temono per le basse prospettive di crescita del nostro Paese. Anche per questo la demografia conta nell’immediato: i suoi effetti di lungo periodo vengono anticipati da comportamenti che fin da subito condizionano il benessere di milioni di persone”.

Altro slogan ripetuto più volte nei mesi precedenti alle elezioni è stato quello che prometteva il ripristino delle pensioni di anzianità. Una mossa, avverte Boeri, che potrebbe costare alle casse del paese fino a 20 miliardi di euro e pesare gravemente sulle spalle dei contribuenti: “Oggi abbiamo circa due pensionati per ogni tre lavoratori. Questo rapporto è destinato a salire nei prossimo anni. Secondo le previsioni del FMI, riviste recentemente a seguito della riduzione dei flussi migratori, a legislazione invariata, a partire dal 2045 avremmo addirittura un solo lavoratore per pensionato. Oggi un reddito pensionistico vale l’83 per cento del salario medio, in queste condizioni con un solo lavoratore per pensionato, 4 euro su 5 guadagnati con il proprio lavoro andrebbero a pagare la pensione a chi si è ritirato dalla vita attiva”, spiega con parole ed esempi alla portata di tutti.

Torna poi spesso nel discorso di Boeri il monito a contrastare la povertà, con tutti i mezzi a disposizione: “Avere consapevolezza demografica non significa tuttavia rinunciare a dare risposte a un paese sfiancato dalla più lunga ed estenuante crisi del dopoguerra. Non significa ignorare la domanda di protezione dei tre milioni di disoccupati e cinque milioni di poveri ereditati da questi anni difficili e non tenere nel conto che anche chi un lavoro ce l’ha è diventato, con la crisi, più avverso al rischio. Significa solo anticipare i problemi del futuro per migliorare il presente”.

C’è molta nostalgia del passato come se questo fosse necessariamente migliore del presente.

Adeguare il nostro sistema di protezione sociale, assicurandoci che raggiunga solo chi ne ha davvero bisogno e che assicuri protezioni non solo temporanee a chi ha poche vie d’uscita, significa anche essere consapevoli del fatto che abbiamo pochissimi margini di errore in questa delicatissima operazione

C’è molta nostalgia del passato come se questo fosse necessariamente migliore del presente, si propone così di disfare più che di fare, di abrogare piuttosto che di migliorare o completare, senza analizzare in dettaglio ciò che di buono e di cattivo è stato fatto sin qui. È uno spreco di informazioni rilevanti che davvero non ci possiamo permettere”.

Per evitare questo spreco e migliorare il sistema di protezione sociale nonostante gli effetti della crisi, il rapporto presenta anche sei esempi di riforme: dal prevedere un’età di pensionamento più flessibile in modo da evitare la tentazione di ripristinare le pensioni di anzianità, non sostenibili economicamente dal sistema previdenziale, a possibili riforme che riguardano i lavoratori autonomi, passando per le pensioni di privilegio che “sono il frutto di una scelta arbitraria che può essere rimessa in discussione soprattutto in presenza di un debito pubblico molto elevato e della necessità di devolvere risorse a impieghi maggiormente meritori”.

Presenta dati e analisi chiari, il presidente Boeri, spesso dichiarando esplicitamente come sul piano tecnico il lavoro sia già stato fatto e come manchi solo il passaggio politico all’attuazione di queste riforme. Tuttavia, finora, la risposta della politica è stata solo un ripetuto attacco ai dati e alle proposte presentate. Attacco al quale ha replicato così: “I dati sono la risposta migliore e non c’è modo di intimidirli. La mia risposta è nei dati e i dati parlano. Oggi presentiamo quella che è la verità che bisogna dire in Italia”.