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Mediterranea: ecco perché non possiamo fare altrimenti


Viviamo al margine del più grande cimitero al mondo. Un cimitero al quale si arriva da vivi, sopra al quale si muore in agonia, dentro il quale non si riceve sepoltura. È una sorte da cui tuttavia ci si potrebbe anche salvare se attraversare questo cimitero, il Mar Mediterraneo, fosse reso invece che una sfida alla morte una viaggio verso la vita. Non lo è, in questo momento meno che mai.

Ci sono però tanti che si rifiutano di guardare le persone morire in mare, annegare non solo in mezzo all’acqua, ma anche in mezzo al silenzio e all’indifferenza. Sono le persone che, su navi come la Sea Watch o la Mare Jonio, perlustrano le acque che separano l’Africa dall’Europa sordi a intimidazioni e minacce e, in caso di necessità e possibilità, intervengono senza preoccuparsi delle conseguenze che questo intervento umanitario può avere per loro. Rispondono solo alla legge del mare, alla legge internazionale che afferma che un uomo che sta annegando in mare va salvato.  E non intendono fermarsi. Neanche dopo l’approvazione del Decreto “sicurezza bis” da parte del Consiglio dei Ministri di martedì scorso (11 giugno).

Non volevo più raccontare a me stesso di essere rimasto in silenzio a guardare migliaia e migliaia di persone morire nel Mediterraneo”, racconta Tommaso Cingolani, del centro sociale Labàs di Bologna in uno dei tanti video in cui i volontari della rete Mediterranea Saving Humans, raccontano cosa li spinge a salire sulla Mare Jonio (la nave che la piattaforma Mediterranea ha comprato e adopera per missioni di monitoraggio e testimonianza). A loro la Mare Jonio permette, invece che guardare le persone morire, vederle rinascere una volta consapevoli di essere fuggite, per esempio, all’inferno dei lager libici, come racconta Mario Pozzan.

 

Quando i miei figli o i miei nipoti mi chiederanno ma tu dov’eri, cosa facevi quando il Mediterraneo diventava un cimitero (…)? io potrò, per fortuna mia, rispondere che ero qui e che facevo quello che si doveva fare in quel momento”, fa eco Maso Notarianni, di Arci, giornalista, che grazie alle sue competenze nautiche è incaricato di portare la barca di appoggio, e guida i gommoni che, in caso di necessità, sono i primi ad approcciare i naufraghi.

Alla guida della nave vera e propria invece ci sono Pietro Marrone, pescatore siciliano di Mazzara del Vallo e il primo ufficiale Davide Di Nicola, anche lui siciliano che prima di quest’avventura ha trascorso otto anni su navi mercantili e circa quattro a bordo di yacht di multimiliardari. Abbandonata quella vita non ha rimpianti: “Mettermi al servizio dell’uomo per me è un onore, e sono onorato di essere a bordo della Mare Jonio“.

 

Quanti a bordo con Di Nicola e Marrone e tutti quelli che a terra hanno reso possibile e rendono possibile questa attività attraverso la rete Mediterranea Saving Humans sono persone di ogni tipo, che appartengono ad ogni realtà della società civile. Non possono essere incastrate in categorie: sono tutte semplicemente persone che hanno sentito dentro di loro la necessità di salvaguardare la propria umanità e hanno dato retta a questa voce.

Non volevo più raccontare a me stesso di essere rimasto in silenzio a guardare migliaia e migliaia di persone morire nel Mediterraneo.

Sono persone che hanno scelto di “essere dove i diritti stentano un po’ ad affermarsi e dare un po’ una spallata a questi perché si affermino, perché prevalga un senso di giustizia (…). Mettersi a disposizione non per un interesse personale ma per un meccanismo collettivo, per una dinamica che interessa non solo la propria identità ma per un senso di giustizia e cooperazione che deve contraddistinguerci come donne e uomini liberi di questo mondo”, come spiega ancora Tommaso.

Ci sono certo giovani come lui, con alle spalle la politica attiva dei centri sociali, ci sono ong, ci sono magazine e imprese sociali. Ci sono donne come  Francesca Zanoni che nello scardinare narrazioni stereotipate creano invece “una narrazione che al posto della paura mette il coraggio di donne e uomini a servizio di qualcosa molto più grande che, come diciamo spesso, non riguarda solo qualcuno, non è un andare a soccorrere qualcuno, non è essere i salvatori di qualcuno che ha bisogno, ma invece è essere consapevoli che salvando loro ci salviamo veramente tutte e tutti insieme. Perchè mettendo in discussione quello che accade, agendo, anche in maniera conflittuale, nel contesto in cui siamo immersi, che viviamo, ridiamo valore a certe cose (…) penso alla solidarietà, accoglienza, dignità e alla fine anche alla vita”.

E ci sono anche preti, come Don Mattia che si è detto, prima di salire a bordo, “onorato di prendere parte a questa operazione che vuole compiere questa azione di testimonianza, monitoraggio, denuncia e di salvataggio di nostri fratelli e sorelle che rischiano la vita per arrivare in Europa”.

 

Viviamo in un momento in un cui politici baciano rosari e ringraziano la Madonna dei loro successi elettorali ma rendono sempre più difficile salvare persone che dopo essere sfuggiti a carestie, guerre, stenti, stupri e torture. E fa quindi ancora più effetto vedere che chi professa una fede incrollabile dimentica il comandamento più importante “Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non vi è comandamento più importante di questo” (Mc 12,29-31), mentre un gruppo di persone che vengono da diversi background culturali, politici, sociali differenti, da diversi credi religiosi o senza alcun credo, segue questo stesso comandamento con estrema naturalezza. Come non ci fosse altra via per vivere. Per sopravvivere.

E lo stesso vale per “l’equipaggio di terra”, quelli che lavorano nella rete di Mediterranea e che sostengono con donazioni, con aperitivi ed eventi di finanziamento (come il bellissimo concerto MayDay al quale hanno preso parte artisti quali Roy Paci, Brunori Sas e i Punkreas), con video di supporto: da Michela Murgia e Marcello Fonte, a Luciana Littizzetto e Fabio Fazio, a Roberto Saviano, Malika Ayane, Kim Rossi Stuart e tanti tanti altri meno o per niente famosi. Per tutti vale quello che ha detto recentemente Ascanio Celestini: “È una cosa banale: non sostengo l’attività di Mediterranea, è che proprio non posso fare altrimenti. Né io, né tutti gli altri”.

Trovate tutti i video dell’equipaggio di bordo e di quello di Terra alla pagina Facebook di Mediterranea Saving Humans, ovvero qui. Oppure sul sito della piattaforma, qui.
Qui invece trovate le informazioni per aiutare Mediterranea.