Ottobre è stato un mese caldo per la moneta di Facebook. Prima le defezioni di alcuni grandi sponsor finanziari tra cui Paypal, poi la bocciatura senza appello del ministro francese Bruno Le Maire (“Libra non è benvenuta in Europa”) a cui è seguita la relazione estremamente cauta dell’ultimo G7, infine l’audizione di papà Zuckerberg al Congresso degli Stati Uniti che nel tentativo di difenderla è sembrato vicino ad affossarla definitivamente.
L’ex presidente della Banca centrale Mario Draghi aveva riassunto bene i termini della affaire Libra già all’indomani del G7 di luglio scorso, poche settimane dopo il primo annuncio della criptovaluta destinata, nelle intenzioni di Zuckerberg e dei suoi potenti sostenitori (un’associazione di colossi della finanza e del web costituita da Facebook e con sede in Svizzera), a rivoluzionare il sistema dei pagamenti a livello globale. “C’è interesse da parte di tutti i governi G7 e del mondo”, commentava Draghi in conferenza stampa, “ma c’è anche un punto di vista piuttosto unanime sul fatto che esistono motivi di preoccupazione insieme all’interesse, e che dovremmo (e dovrebbero) occuparci prima dei problemi”.
Dall’esordio… all’esordio
Libra aveva cominciato a far parlare di sé a giugno di quest’anno, con il trionfalismo e l’impatto mediatico consoni a una big della net economy come Facebook. Le premesse (e le promesse) erano enormi: “Una criptovaluta globale, integralmente digitale, supportata da riserve e costruita su una blockchain sicura, scalabile e affidabile”, “Le persone saranno in grado di inviare, ricevere, spendere e proteggere i propri soldi, consentendo un sistema finanziario globale più inclusivo… una valuta che le persone possano utilizzare con fiducia e comodità nella vita di tutti i giorni”. “A differenza della maggior parte delle criptovalute, è completamente ancorata a una riserva. Un paniere di valute e attività sarà detenuto nelle riserve di Libra per ogni Libra creata, creando fiducia nel suo valore intrinseco”.
A mesi di distanza da quel clamoroso annuncio e dall’iniziale diffidenza, più o meno esplicita, da parte dei governi e delle maggiori istituzioni finanziarie mondiali, si è passati a una fase di aperta ostilità nei confronti della moneta complementare di Menlo Park, sottoposta a un fuoco incrociato di critiche che hanno fatto sfilare via via dall’associazione che la sostiene colossi del calibro di Paypal, Ebay, Visa e Mastercard. Lo stesso Zuckerberg, davanti alla Commissione di servizi finanziari per convincere il Congresso degli Stati Uniti a dare il via libera alla criptovaluta (prevista sul mercato per giugno 2020), ha definito “rischioso” il progetto Libra, arrivando a dichiarare che “il piano potrebbe anche non funzionare”.
Uno spettro si aggira per l’Europa (e per il mondo)
Ma come siamo arrivati a questo punto? Cosa rende Libra un pericolo così concreto per il mondo da spingere il suo stesso creatore a preannunciarne la possibile, prematura fine?
Ci viene in soccorso di nuovo Draghi che nelle sue dichiarazioni di luglio riassume i termini delle contestazioni rivolte alla moneta complementare (una lista piuttosto nutrita): sicurezza digitale, riciclaggio, finanziamento del terrorismo, uso per scopi criminali, rischi connessi con l’anonimato, privacy, evasione fiscale, meccanismi di trasmissione della politica monetaria, rischi per la stabilità finanziaria, incertezza sull’evoluzione del sistema mondiale dei pagamenti. Tutte preoccupazioni “sostanziali”, come le definisce il presidente della BCE, che non possono essere eluse nel nome dell’innovazione ad ogni costo.
Abbiamo chiesto a Riccardo Cristadoro della Banca d’Italia – che ha collaborato al Rapporto G7 appena pubblicato proprio sugli stablecoins cioè le valute virtuali stabili come Libra – di chiarirci alcuni aspetti critici legati all’introduzione della moneta complementare made in Facebook.
Libra, la stabilità finanziaria e la politica monetaria
I pericoli legali alla stabilità finanziaria dipendono direttamente dall’ampiezza della rete social di Facebook (un patrimonio di 2,5 miliardi di utenti), ma anche al meccanismo che dovrebbe rendere stabile il valore di Libra rispetto al paniere di valute a cui è ancorata. Anche se le informazioni non sono complete, alcuni elementi di fragilità suggeriscono che i rischi di deprezzamento della moneta virtuale rispetto a quella legale sarebbero a carico degli utenti.
“È possibile”, spiega Cristadoro, “che una crisi di sfiducia nella nuova valuta virtuale possa determinare una repentina ‘fuga’ da Libra che – se dovesse riguardare un consistente numero di utenti in un dato paese e quindi importi rilevanti – potrebbe rendere difficile il rimborso ai possessori di Libra o renderlo attuabile solo a valori molto più bassi rispetto a quelli di acquisto. Inoltre, in economie strutturalmente più fragili, la presenza di una valuta virtuale ancorata a un paniere di monete ‘forti’ può portare a una graduale sostituzione della moneta legale circolante nel paese con libra, una specie di ‘dollarizzazione’ ancora più pervasiva. Questo fatto comporta non solo rischi alla stabilità finanziaria ma anche una perdita di efficacia della politica monetaria”.
E i vantaggi globali?
Di fatto, una moneta complementare come Libra dovrebbe riuscire a ridurre i costi dei pagamenti cross-border (in particolare le cosiddette “rimesse” dei migranti verso il paese natale) e l’inclusione finanziaria, perché garantirebbe a chiunque sia dotato di uno smartphone di accedere al sistema di pagamento (come è accaduto in Kenya con M-Pesa). Ma promesse del genere possono realizzarsi soltanto a determinate condizioni. “Occorrono regole e presidi che mitighino rischi di natura finanziaria, una maggior diffusione di educazione finanziaria e informatica e un sistema di identificazione digitale, probabilmente garantito dallo Stato”, precisa Cristadoro. Soltanto così, “l’abbattimento dei costi e l’inclusione finanziaria possono accelerare la crescita del benessere soprattutto nelle economie più deboli e nelle zone del pianeta più povere di infrastrutture finanziarie”.
Morta una moneta digitale se ne fa un’altra
Mettiamo da parte per il momento le reali possibilità di successo del progetto Libra (che sembrano affievolirsi giorno dopo giorno). Negli ultimi mesi si sono ricorse notizie sull’ipotesi che altri big della Rete oltre a Facebook siano in procinto di dar vita alla propria valuta digitale. Un fenomeno che si inserisce all’interno di alcune tendenze in atto individuate da Cristadoro che in futuro potrebbero rivelarsi sempre più importanti. Da una parte “la crescente domanda, soprattutto da parte dei nativi digitali, di accesso immediato e semplice a servizi, prodotti e reti sociali attraverso un unico mezzo, tipicamente lo smartphone, e in un ambiente integrato”, dall’altra “lo sfruttamento delle tecnologie digitali nella finanza (il cosiddetto Fintech) che sta ridisegnando servizi, attori e modalità di accesso nel mondo finanziario”.
Secondo Cristadoro, “le valute digitali sono una parte di questo mondo in evoluzione. Forse nessuna di quelle oggi esistenti ha le caratteristiche legali, finanziarie e tecniche per affermarsi globalmente ma non è difficile prevedere che in un mondo sempre più compenetrato nella rete, luogo di partecipazione politica e sociale, di intrattenimento sociale, di acquisto e vendita di beni e servizi, anche ciò che oggi chiamiamo moneta si digitalizzerà in modo più o meno completo. Naturalmente questo non potrà che avvenire sotto il controllo delle autorità di supervisione e regolamentazione e secondo il dettato della legge. Ma è difficile pensare che non avvenga. Tuttavia, il passo successivo (dall’avere monete digitali ad averne una unica o dominante a livello mondiale) non è automatico né scontato”.
Che ne sarà di Libra?
L’audizione di Zuckerberg al Congresso a cui accennavamo è sembrata a molti osservatori il tentativo estremo che prelude alla resa definitiva. Un modo per mettere in chiaro (almeno dal suo punto di vista) i termini della questione, riassumibili più o meno così. Libra, se fosse approvata, sarebbe in grado di aiutare una parte consistente della popolazione mondiale e gli ostacoli e l’opposizione che ha incontrato finora sarebbero forse risolvibili se però non fosse Facebook l’interlocutore, col suo passato e il suo presente. Negando legittimità al progetto Libra il Congresso sta aprendo la strada al sorpasso dei cinesi che arriveranno alla moneta digitale prima degli americani (con un affondo degno della Guerra Fredda). La realtà è che molti aspetti del progetto Libra vanno ancora chiariti per poter capire quale tipo di regime regolatorio sia più appropriato a una realtà del tutto nuova, ma le dichiarazioni di diversi ministri in Europa e Oltreoceano non promettono una conclusione né rapida né indolore.