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La responsabilità è un fatto quotidiano


Atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità”. Sono passati ormai 70 anni da quando queste parole vennero impresse nero su bianco e poi diffuse in tutte il mondo nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Era il 1948 e un intero continente, esangue e martoriato, cercava di superare i traumi del secondo conflitto mondiale affermando forte e chiaro che nulla di quello che era accaduto si sarebbe dovuto ripetere, mai più.

Se la leggiamo oggi, sembra addirittura una provocazione. La dichiarazione universale è stata disattesa ovunque”. Palpabili l’amarezza e la delusione di Gino Strada, fondatore di Emergency e ospite inaugurale della kermesse Torino Spiritualità che quest’anno porta il titolo “Preferisco di no”. E il no che si leva forte e chiaro dal palco del Teatro Carignano è quello del fondatore di Emergency che da ormai 24 anni, assieme alla sua associazione, dice no alla guerra, no alle ingiustizie, no alle menzogne, no a chi si gira dall’altra parte.

Lo spunto iniziale per riaffermare ancora una volta questo grande “no” è proprio la dichiarazione dei diritti dell’uomo: “Nel preambolo ci sta un’affermazione di fondamentale importanza nella storia del pensiero sociale umano, si dice che il riconoscimento dell’eguaglianza, dignità e diritti di tutti gli esseri umani è il fondamento della giustizia, della pace e della libertà nel mondo. Fino a quando noi non avremmo riconosciuto nella pratica questa uguaglianza di base non ci potranno essere libertà e giustizia nel mondo. Perché così la libertà sarà solamente quella del più forte di prevaricare il più debole e la giustizia sarà di fatto il suo strumento e la pace, neanche parlarne”.

Oggi quelle parole sembrano essere solo una grande speranza, perché di fatto dal quel 1948 le guerre scoppiate in tutto il mondo sono state più di 259. Al momento, secondo l’ultima edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, ce ne sono 36 in corso. Allora viene da chiedersi dove sia finito quell’impegno, quella promessa quella “aspettativa morale che coincideva con l’aspettativa di vita di miliardi persone?”.

Fino a quando noi non avremmo riconosciuto nella pratica questa uguaglianza di base non ci potranno essere libertà e giustizia nel mondo.

Allora erano i governi a impegnarsi davanti ai cittadini di tutto il mondo perché la guerra è un qualcosa che abbraccia interessi politici ma ha come vittime privilegiate proprio i civili.La gente non vuole la guerra ma sono i leader politici che gliela devono far accettare inventandosi un nemico ogni volta, dicendo alle persone che sono sotto attacco, che c’è un mostro che le minaccia. Queste parole le ha dette Goering, non Che Guevara”, ricorda Strada.“C’è solo un modo per far accettare la guerra, con la menzogna. E allora forse, suggerisce, si dovrebbe tornare a quei princìpi della Dichiarazione chiedendosi se quei valori sono un qualcosa sul quale siamo disposti a impegnarci a fondare la nostra civiltà futura.

Strada ha le idee chiare e crede nella necessità di un mondo senza guerre perché secondo il chirurgo milanese è proprio su questo tavolo che si gioca la sopravvivenza dell’umanità intera: “Con l’atomica noi abbiamo creato la possibilità dell’autodistruzione”. Non bastano più i trattati di non proliferazione, ribadisce Strada, perché ormai l’essere umano ha imparato a costruirla l’atomica e non può smantellare dalla propria testa il fatto di saperla costruire. “Allora è proprio un modo nuovo di pensare che ci viene richiesto, quello di cui parlava Einstein nel ’55, che deve far capire agli esseri umani che quando si è inventata la propria autodistruzione, quando si è costruita una trappola per topi – ma che nessun topo farebbe mai una trappola per topi – a quel punto lì, a prescindere dalla propria idea politica, la guerra non possiamo più permettercela. Non è più un gioco dal quale qualcuno uscirà malconcio, è un gioco dal quale rischiamo che la vita su questo pianeta sia seriamente compromessa”.

Lungi dall’essere un utopista, come spesso viene definito, Gino Strada si interroga in maniera molto diretta sul come sia possibile che l’umanità abbia fatto progressi enormi nei più svariati campi, dalla scienza alla tecnologia, senza mai raggiungere un effettivo sviluppo in quello dell’etica: “Siamo ancora lì incapaci di dire che se vogliamo vivere associati, se abbiamo deciso di essere società comunità, dobbiamo smettere di ammazzarci l’un l’altro? È un salto così grosso? Io non credo. Certo sarà difficile se la propaganda è una propaganda di odio e non tesa a cercare le cose che ci uniscono”.

Sono proprio le dinamiche di questa propaganda dell’odio che il chirurgo milanese approfondisce, portando all’attenzione del pubblico la capacità dei leader politici (coadiuvati da un sistema mediatico che funge da cassa di risonanza) di fomentare una narrazione dell’odio attraverso la creazione di menzogne costruite ad hoc. È il caso di Colin Powell con la fialetta di Antrace, riporta Strada. Allo stesso modo nell’Italia di oggi si “riesce a far passare l’idea che oggi i problemi degli italiani che non hanno lavoro e hanno problemi diversi, siano colpa di questi signori disperati che arrivano con i barconi per cercare un pezzetto di futuro”.

Abbiamo potuto curare in questi anni nove milioni di persone grazie alla solidarietà degli italiani.

A questa mistificazione della realtà il fondatore di Emergency contrappone la concretezza delle idee dell’associazione, frutto di 25 anni di operato sul campo: “Non sono convinzioni che ci siamo fatti per ragioni politiche, ideologiche o tanto meno filosofiche; è stata la pratica quotidiana dell’essere a contatto con persone smembrate, con pezzi di umanità distrutti. Parlo dei feriti che arrivano negli ospedali (…) le nostre idee non nascono da convegni ma nascono dalle sale operatorie”.

Idee che hanno significato non scendere a facili compromessi con nessuno rischiando di dover pagare un prezzo molto salato per i “no” che Strada ha affermato più volte nei suoi principi. Il chirurgo milanese è convinto che proprio questi “no” abbiano permesso ad Emergency di acquisire fiducia e credibilità agli occhi degli italiani che continuano a dimostrare la loro stima e il loro affetto attraverso aiuti e donazioni: “Abbiamo potuto curare in questi anni nove milioni di persone grazie alla solidarietà degli italiani. Noi non abbiamo rubato 50 milioni in campagna elettorale ma spendiamo 50 milioni ogni anno per fare del bene a della gente che ha bisogno, senza discriminazione”.

Senza discriminazione, secondo i principi di Emergency, significa portare “il meglio della tecnologia medica e scientifica che è stato sviluppato, condividerlo con quelle popolazioni” e non distribuire prodotti di terza categoria “abiti usati, medicinali scaduti”, e così via. “Ho visto cittadini africani utilizzare il centro di cardiochirurgia che abbiamo creato, il primo nella storia di quel continente, gratuito, di alto livello, non con i macchinari arrugginiti. Penso che questo modo di agire, cioè condividere il meglio che abbiamo noi, sia la migliore testimonianza che noi quelle persone le consideriamo uguali a noi”.

Non dobbiamo mai lasciarci scappare come occasione per riaffermare dei principi, che sono i principi di umanità.

Questo significa anche curare tutti a prescindere dalla fazione politica, principo per il quale Emergency e Strada sono stati criticati aspramente: “Quando durante la guerra in Afghanistan in Italia scoppiò la polemica sulla nostra associazione, l’accusa era ‘voi curate il nemico’ e io dissi sempre “ma quello lì è nemico vostro, non mio, non nostro, noi di nemici non ne abbiamo”.

Riaffermando ancora una volta le sue convinzioni, Gino Strada lancia l’appello per un impegno costante  e ribadisce l’urgenza del momento storico in cui ci troviamo: “O facciamo fuori la guerra noi o lei farà fuori noi, è una corsa a chi arriva prima”. Quella del fondatore di Emergency è un’invocazione alle coscienze di tutti gli esseri umani, un invito a non aver paura di indignarsi, di sentirsi coinvolti e di partecipare alla costruzione di un mondo futuro senza guerre:La responsabilità è un fatto quotidiano che non dobbiamo mai lasciarci scappare come occasione per riaffermare dei princìpi, che sono iprincìpi di umanità”.