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FridaysforFuture: la prima generazione a reagire, l’ultima a poter fare qualcosa


Da Sydney a Seoul, da New York a Città del capo, fino a Roma e Napoli: venerdì 15 marzo 2019 la battaglia per il clima di Greta Thunberg e del suo FridaysforFuture è diventata ufficialmente quella di tutti gli studenti del mondo.

La manifestazione globale per il clima, chiamata gloriosamente dai francesi la “Marche du siècle” (la marcia del secolo), ha letteralmente e inaspettatamente invaso le strade della principali città italiane e del mondo intero. Le città Europee che hanno aderito alle manifestazioni sono numerosissime, ma prima della Francia (216 città), Germania (199), Svezia (129) e Gran Bretagna (111) Spagna (65), Portogallo (36), Belgio (31), Irlanda (31) e Finlandia (26) c’è, ancora più inaspettatamente, l’Italia.

L’Italia è stato il paese con il maggior numero di raduni (235), nei quali anche il numero di partecipanti è stato sorprendete: a Milano erano in 100.000, a Napoli in 15.000, Torino 20.000, a Bologna e Roma 30.000, a Palermo qualche migliaio. I numeri parlano chiaro: nessuna questura aveva preventivato un numero così grande di partecipanti e la folla, maggiormente di giovani studenti di scuola superiore, ha sorpreso davvero tutti.

Ci troviamo difronte ad una crisi esistenziale, la più grave che l’umanità abbia mai conosciuto. Noi siamo la gioventù, non abbiamo contribuito a questa crisi. Non la accettiamo e scioperiamo perché vogliamo un futuro, non molleremo”, ha dichiarato Greta Thunberg (volto del movimento FridaysForFuture) di fronte al parlamento di Stoccolma, all’alba di una giornata epocale per lei e tanti altri, all’indomani tra l’altro della sua candidatura al premio Nobel per la Pace. Ma nonostante la fama galoppante della giovane svedese, nella giornata del 15 marzo non vi è stata nessuna star se non la Terra.

In tutte le città (senza dimenticare quelle non Europee, negli Stati Uniti ci sono stati 168 raduni, in Canada 54 , in Australia 51, in Messico 28 , in Brasile 21, in Argentina 18, in Cile 12, in India 29) i cortei si sono svolti compattamente, tutti hanno preso parte in maniera pacifica e omogenea alle varie manifestazioni. Ascoltando interventi e guardando i video, subito ci si rende conto di una forte comunanza di intenti che unisce i membri del movimento FridaysForFuture e che rende le loro richieste precise e ridondanti.

Come gli obiettivi rimangono immutati dalle ultime manifestazioni di febbraio – politiche più incisive contro il riscaldamento globale, in particolare per ridurre le emissioni di anidride carbonica, tra i principali gas serra – anche gli snodi tematici della loro retorica micidialmente diretta sono gli stessi, senza nessun tipo di declinazione nazionale, o regionale. I discorsi infatti, come testimoniano gli striscioni preparati con spiccata creatività e ironia – di cui The Guardian ce ne offre una selezione accurata – i discorsi gravitano all’incirca intorno a quattro tematiche unite dal fils rouge:  “There is no Planet B” (Non c’è un pianeta B).

1) Siamo ancora in tempo, ma non abbiamo più pazienza

A Torino e in molte altre città in tanti si sono presentati in piazza muniti di sveglie o fischietti e più volte sono state fatte suonare all’unisono le sveglie sui propri cellulari.

Secondo l’ultimo report dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) abbiamo 12 anni per provare a risolvere questa situazione”, dice una manifestante a Roma. Dodici anni per provare a riparare il danno fatto, un limite tanto vicino che ci rende in tempo, ma anche estremamente in ritardo. Se lo striscione “Siamo ancora in tempo” è infatti stato appeso al Ponte degli Scalzi a Venezia. A Bologna invece il corteo è partito da Piazza Maggiore al suono dello slogan “Pazienza niente, studenti per l’ambiente“.

Siamo qui perché è importante, riguarda il nostro futuro.

2) Il nostro futuro è in grave pericolo

Siamo qui perché siamo stanchi: il futuro è sempre meno nitido, l’ambiente sta cadendo a pezzi e lo Stato non sta facendo nulla per cambiare questo stato si cose“, grida Virginia, studentessa appena maggiorenne a Bologna.

A Parigi Lucie Retaillau, giovane manifestante, rincara la dose: “Dovremmo rimanere seduti in classe per tre ore questo pomeriggio, quando invece non abbiamo futuro? Non ha senso”. A Milano Miriam, giovane manifestante e una delle maggiori rappresentanti milanesi del movimento FridaysForFuture, la pensa allo stesso medo: “ Va bene studiare, ma dobbiamo anche avere un futuro e quindi venerdì non vado più a scuola. Vado in Piazza della Scala a scioperare, ogni venerdì come ha fatto Greta”.

Noi siamo il futuro di domani e abbiamo bisogno di un posto in cui vivere, il mondo è nostro e noi dobbiamo far capire che ci interessiamo di questo mondo”, dice a Napoli Anna Balbi, giovanissima manifestante napoletana insignita dell’onorificenza di Alfieri della Repubblica.

3) La colpa non è di questa generazione, ma di quelle prima

Come il j’accuse di Greta Thunberg alla COP24 aveva svelato, il grosso debito ambientale causato dalle generazioni precedenti non sarà saldato dalle stesse e questo i giovani militanti lo sanno bene.
Ci avete rotto i polmoni” recitano alcuni dei molti striscioni anche per le strade di Bologna, riferendosi ad una comunità in generale di adulti e più nello specifico di politici sordi o che fintamente prendono sulle spalle l’onere di cambiare la situazione.

Siamo qui perché è importante, riguarda il nostro futuro. Perché dai, siamo onesti, quelli che ora sono seduti in Parlamento probabilmente non ci saranno in futuro e questo impatterà su di noi”, spiega con parole molto chiare un manifestante quindicenne a Berlino.

I politici parlano di cambiamento climatico, vanno alle riunioni per parlarne, vanno alla COP24, ma parlano i cambiamenti climatici (…)”, dice ancora Miriam da Milano.

4) Questa cambiamento richiede tanto tempo, tanto sforzo e poco profitto

La terra vale più dei soldi” recita uno striscione, portato da una giovane neozelandese, a Wellington. E in effetti, le soluzioni a breve termine proposte dai manifestanti, sono misure che da un lato mettono alla prova le nostre pesanti abitudini, scalpellandone delle nuove (minor consumo possibile di plastica, non comprare acqua in bottiglia, non fumare, fare bene raccolta differenziata, tenere basso il riscaldamento delle case e la luce) dall’altro tagliano fuori, tout court, la questione del profitto.

Il nostro pianeta sta morendo e i soldi non ci serviranno”, dichiara Miriam,

“Se il clima fosse una banca, sarebbe già stato salvato”, recitano innumerevoli striscioni.

A Parigi, dove si sono ritrovati in oltre 100.000 manifestanti ( contro i 36.000 previsti dalla prefetura), un ‘gilet jaune’ e militante ecologista di 41 anni, fa il punto sull’impegno rispetto al “Chilometro zero”, “Quando la nostra carne di qualità fa quattro volte il giro del mondo prima di poterla consumare, costa cara e inquina, stessa cosa per le verdure: le nostre partono all’estero e noi mangiamo quelle che vengono dalla Spagna e sono più inquinate”.

Speriamo che il movimento si stabilirà durevolmente finché le persone al potere non prenderanno in considerazione le nostre rivendicazioni”, fa eco un altro giovane manifestante nella capitale francese.

E anche se in quest’ultimo weekend la Rete e gli opinionisti italiani sono impazziti nei retroscena della vita di Greta, dal panino impacchettato e mangiato in treno, al libro pubblicato per lucrare sulla nostra Terra morente, ai bambini utilizzati “per non fare nulla”, vien spontaneo dire che il movimento non è Greta Thunberg. FridaysForFuture sono le voci di milioni di ragazzi che si rendono faticosamente più adulti per salvaguardare il proprio futuro e da tali devono essere guardati e trattati, senza risparmiargli né critiche, né riconoscimenti (come Francesco Costa, fa in questo articolo), e guardando con loro e grazie a loro al futuro, verso un altro obiettivo che, nel caso specifico di FridaysFor Future sarà il 24 maggio con una nuova grande iniziativa, prima delle Elezioni Europee.