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Photo by catherinecronin / CC BY-SA

Fintan O’ Toole: quello che stiamo vivendo è pre-fascismo


Scordati il post-fascismo. Quello che stiamo vivendo è pre-fascismo”. La prima affermazione nell’articolo di Fintan O’ Toole uscito su Irish Times il 26 giugno è spiazzante per la maggior parte degli italiani. Siamo abituati, infatti, a usare la parola fascismo con pudore: i meno giovani ricordano come fino a pochi anni fa questo termine fosse pronunciato assai raramente e quasi sempre in riferimento al passato.

Come ci ricorda Wikipedia, “L’apologia del fascismo, nell’ordinamento giuridico italiano, è un reato previsto dall’art. 4 della legge Scelba attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”. In molti erano abituati a considerare questa norma come un confine insuperabile, politico ma ancor prima di natura etica. Forse non è più così per molti italiani.

Il fascismo crea un senso di terrore nei confronti di un gruppo non amato.

Il fascismo, sostiene il giornalista irlandese, non si instaura dall’oggi al domani. Ha bisogno di crescere giorno dopo giorno in un terreno fertile, nel quale possa impiantarsi e maturare. Nelle società odierne, una delle condizioni è la creazione artificiale di un universo alternativo di fatti inventati, funzionale alla propaganda politica e a quello che O’Toole non esita a definire marketing. È proprio intorno a queste false verità che si generano “le identità tribali” necessarie alla costruzione di una contrapposizione tra civiltà e un fronte che ha “il sapore del selvaggio” perché è capace di andare oltre i confini della moralità condivisa.

Bisogna prima danneggiare i confini della moralità, assuefare il popolo in modo tale che accetti atti di crudeltà estrema. (…) Il fascismo crea un senso di terrore nei confronti di un gruppo non amato e questo permette che i membri di quel gruppo vengano de-umanizzati. Una volta raggiunto l’obiettivo si può cominciare ad alzare il tiro e passare a rompere vetrine fino al genocidio”.

O’Toole usa come esempio proprio la politica di Matteo Salvini, che ogni giorno contribuisce ad aumentare un sentimento di odio nei confronti degli immigrati, respinge i barconi e propone di censire i Rom. E Donald Trump, trascinando via i bambini dai loro genitori e chiudendoli nelle gabbie, vuole solo vedere fino a dove può spingersi. Gli esperimenti stanno riuscendo: se negli Stati Uniti il consenso di Trump ha superato il 42  per cento, in Italia episodi di violenza e razzismo nei confronti di persone di colore aumentano ogni giorno.

Milioni e milioni di europei e americani stanno imparando a pensare l’impensabile. E se quei migranti fossero annegati nel mare? Che cosa succederebbe se quei bambini rimanessero traumatizzati per tutta la vita? Quei milioni di persone hanno già, nella loro mente, varcato i confini della moralità. I test andranno avanti, i risultati analizzati, i metodi perfezionati, i messaggi affinati. E poi verranno le azioni”.

In una situazione del genere, “tutto può succedere”, spiegava O’ Toole in una keynote alla Social Democrats Conference del 2016. Se un tempo le potenzialità aperte alla novità significavano speranza di un cambiamento positivo, oggi questa imprevedibilità ci deve terrorizzare proprio perché ciò che pensavamo che il progresso della civiltà ci avesse ormai garantito può invece essere messo in discussione.

Abbiamo bisogno di una società in cui la dignità collettiva sia basata sulla dignità individuale di ogni persona. Non deve essere solo un’aspirazione, ma un insieme concreto di garanzie. Ed era ovvio per chiunque alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando la civiltà umana aveva probabilmente raggiunto il suo punto più basso, che non si poteva permettere che ciò accadesse di nuovo”.

Abbiamo bisogno di una società in cui la dignità collettiva sia basata sulla dignità individuale di ogni persona.

La socialdemocrazia, dice O’Toole, è costruita sulla paura e sulla speranza. “Dobbiamo temere di vivere in una società in cui ci sono molte persone dominate dalla paura di perdere la casa, il lavoro, o tutto ciò che si sono costruite, piuttosto che dalla speranza. Dobbiamo simpatizzare con loro ed essere in grado di dirgli che non c’è bisogno di avere paura perché è possibile costruire una società in cui le persone non si svegliano al mattino con un senso di insicurezza”.  “Al momento, nel mondo abbiamo permesso che si verificasse il peggio. In molti paesi stanno manipolando e sfruttando la paura delle persone”, prosegue.

A sentire le parole del politico irlandese vengono in mente le tesi del sociologo tedesco Wolfgang Sofsky, che al rapporto tra potere e paura ha dedicato molti studi e diversi libri. “Il più grande profittatore della paura della gente è lo Stato”, scrive Sofsky. “Si procura consenso promettendo ordine e tranquillità”. La protezione chiesta dai cittadini è la premessa per un maggior controllo. Anche per questo, ci si è spesso domandati quale possa essere stato – o possa ancora essere – il ruolo che gli stessi governi esercitano per favorire le condizioni di insicurezza nei cittadini, così che il senso di sudditanza possa essere incentivato.

Quale direzione prendere, allora? “Ci sono due strade che possiamo imboccare: entrare in una fase sempre più buia in cui sarà in atto una putinizzazione delle società occidentali, in cui ci sarà un grande leader rieletto ogni cinque anni, che controlla i media alimentando le paure delle persone, oppure possiamo unire le nostre forze per ricostruire le istituzioni della socialdemocrazia, che garantiranno alle persone di non svegliarsi assalite dalla paura ma con una sensazione di speranza per loro e per i loro figli. Gli esseri umani sono creature straordinarie e vedrete che in questo caso si sacrificheranno, lavoreranno, sopporteranno molte circostanze difficili, perché sarà ridata loro la dignità”.