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Photo by wuestenigel / CC BY

Verso il 26 maggio: il nuovo volto dell’Europa


È luglio 2018. Sono trascorsi già più di due anni dal referendum sulla Brexit, poco meno di tre mesi dalle elezioni ungheresi, che hanno sancito, per la terza volta consecutiva, la leadership di Viktor Orbán, quattro mesi dalle elezioni italiane, dalle quali è nato il governo Lega e Movimento Cinque Stelle, più di un anno dall’elezione di Donald Trump.

Osservando uno scenario politico radicalmente cambiato rispetto al passato, il giornalista francese Bernard Guetta ha deciso di dire addio a Radio France Inter, dopo ventisette anni di dirette, e di partire per un viaggio in Europa, per cercare di capire cosa ha spinto certi paesi a voltare le spalle all’Unione Europea. Ne “I sovranisti” (pubblicato da add editore), Guetta racconta il suo viaggio nei quattro paesi che stanno rivivendo l’ascesa dell’estrema destra, trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino: l’Ungheria, la Polonia, l’Italia e l’Austria.

A ridosso delle elezioni europee del 26 maggio, Guetta, ospite del Salone Internazionale del Libro di Torino, ha raccontato a Senti Chi Parla la nuova Europa che ha conosciuto nel suo viaggio, e gli scenari futuri post elezioni.Sono rimasto veramente impressionato da quello che ho scoperto in questi paesi. In realtà, tutti i ventisette stati dell’unione sono spaventati da quello che sta accadendo. Oggi ci sono tre nemici in campo, non sono piccoli e nemmeno deboli: sono gli Stati Uniti di Donald Trump, la Russia di Vladimir Putin, la Cina di Xi Jinping. Se questi tre presidenti sono così decisi a distruggere l’unità europea, noi abbiamo buone ragioni per riaffermare quest’unione e per combatterli”.

Per molti, quelle di domenica sono “le elezioni delle elezioni”, dalle quali potranno emergere due scenari opposti: da una parte la totale inclusione nel progetto unionistico degli stati europei, dall’altra l’implosione dell’unione stessa e la riaffermazione degli stati nazionali. Per molti altri, invece, una rivoluzione vera e propria non ci sarà. Quel che è certo è ci troveremo di fronte a cambiamenti importanti.

Come spiega Il Post, storicamente il Parlamento Europeo è formato da due grandi partiti: il Partito Popolare di centrodestra, e il Partito Socialista di centrosinistra. Si tratta di due forze che hanno sempre collaborato, riuscendo a stringere accordi su diverse questioni, nonostante gli interessi opposti: da un lato i socialisti puntano a garantire misure di sostegno per le zone povere d’Europa e politiche ambientali forti; dall’altro i popolari prediligono politiche a favore degli accordi commerciali e del controllo delle frontiere.
Gli equilibri nel Parlamento Europeo, però, non sono però così definiti. C’è sempre stata una naturale tendenza alla frammentazione: una dinamica simile a quella che ha caratterizzato la politica interna dei singoli stati europei dopo la dissoluzione, o quasi, del modello delle ideologie.

Da una parte i nazionalisti conservatori otterranno più seggi nel Parlamento Europeo, ma non raggiungeranno la maggioranza.

La frammentazione, quindi, è sempre più accentuata: a confermarlo sono gli ultimi sondaggi, che hanno registrato una perdita dei consensi ai popolari e ai socialisti. A trarne vantaggio sono i partiti più piccoli, che saranno il nuovo ago della bilancia sui temi che dovrà affrontare il prossimo Parlamento. Questi partiti sono i liberali (lo storico ALDE), i verdi e la galassia dei partiti populisti.

Da una parte i nazionalisti conservatori otterranno più seggi nel Parlamento Europeo, ma non raggiungeranno la maggioranza”, ha detto Guetta. “Saranno più forti ma non spetterà solo a loro il potere di prendere decisioni politiche. Dall’altra, i partiti conservatori tradizionali come il PPE (Partito Popolare Europeo) saranno più deboli, così come i socialisti. Ci saranno due forze più grandi rispetto alla legislatura precedente: la prima è completamente nuova ed è rappresentata da chi sta tra la sinistra e la destra, come Macron, con Verhofstadt e alcuni ex socialisti ed ex conservatori democristiani; la seconda è rappresentata dai Verdi, che saranno molto più forti rispetto agli scorsi anni”.

Un ruolo decisivo nelle decisioni del Parlamento Europeo è sempre spettato ai liberali dell’ALDE (Gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa). Sebbene si tratti di una forza presente nel Parlamento Europeo sin dalla sua nascita, i liberali sono egemoni solo in certi paesi dell’Unione e pressoché inesistenti in altri (in Italia, per esempio).

Da mesi si sta parlando di una possibile, ma non ancora confermata, entrata di Reanissance, il partito che fa capo a La Republique En Marche!, di Emmanuel Macron, nell’ALDE, che potrebbe contare 100 parlamentari – contro i 68 del precedente mandato – e raggiungere numericamente i popolari e i socialisti. Nell’ALDE, Reanissance sarebbe il gruppo più numeroso del partito, contando circa 20 deputati. L’obiettivo di Macron sarebbe, oltre alla leadership, è il rinnovamento dell’intero gruppo, a partire dal nome: appunto “Reanissance” (Rinascimento). Il cambiamento però non sembra essere nelle corde dell’ALDE, che si è sempre presentato come un partito eterogeneo: solo due anni fa, Guy Verholfstadt, il leader dell’ALDE, corteggiava il M5S, nel tentativo di aumentare il proprio peso in parlamento.

Per raggiungere la maggioranza, quindi, molto dipende dai liberali, visto che i sondaggi danno i due principali partiti al 40 per cento. Se ci dovesse essere una spaccatura interna ai liberali, saranno invece i Verdi ad essere decisivi. Nonostante il successo ottenuto nelle ultime elezioni in Baviera e in Olanda, l’onda verde di cui tanto si parla sembra in realtà essere molto bassa, nonostante il tema della sostenibilità e dell’ambiente sia diventato decisivo nel dibattito pubblico. Stando ai sondaggi, i Verdi potrebbero aggiungere appena quattro o cinque seggi rispetto alla legislatura uscente, per un totale di 60. Il successo contenuto dipende dal fatto che si tratta di una forza politica con poca presa nei paesi del sud Europa: in Grecia, Portogallo e Slovacchia potrebbero non ottenere nessun seggio. In Italia rischiano di non superare la soglia di sbarramento.

Un’ipotesi possibile è che in Italia Salvini rompa la coalizione di governo con il Movimento Cinque Stelle

Tra le nuove forze in campo, c’è il blocco dei partiti euroscettici, nazionalisti, e quelli antisistema, come il Movimento 5 Stelle. Questi partiti promettono al loro elettorato un cambiamento radicale dell’Unione Europea dopo le elezioni del 26 maggio. Stando ai sondaggi, uniti potrebbero arrivare a controllare circa 180 seggi in tutto, ma c’è un ostacolo interno da non sottovalutare. Anche se provano un sentimento di diffidenza comune verso l’Europa come istituzione, e condividono gli slogan come “America first” o “Prima gli italiani”, si tratta di partiti che non riescono a trovare un accordo. Provengono da situazioni diverse da paese a paese, si fanno portavoce di esigenze differenti: per questo non riescono incanalare le loro forze in battaglie comuni. Non mancano nemmeno i conflitti interni su alcuni temi, in particolare quello dei confini (il Südtirol, per esempio, divide i nazionalisti austriaci e quelli italiani, mentre i confini ungheresi continuano a far discutere l’est Europa). Non è un caso, quindi, che il tentativo di Matteo Slavini di creare un fronte sovranista unito sia naufragato.

Questo spiega anche la frammentazione di dei partiti nel Parlamento Europeo. Prendendo il caso italiano, le forze euroscettiche siedono in tre blocchi distinti: La Lega accanto a Marine Le Pen, Fratelli d’Italia tra le fila del Partito Dei Conservatori Europei (ACRE) e il Movimento 5 Stelle nel gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD), fondato con Nigel Farage.

Se i partiti euroscettici riuscissero a mettersi d’accordo e a stringere un’alleanza con il Partito Popolare, sarebbe per loro difficile, ma non impossibile, raggiungere la maggioranza e controllare l’aula con un certo margine. Con un Parlamento a maggioranza euroscettica, comunque, l’Unione Europea non ne uscirebbe distrutta: nessuno di questi partiti, infatti, ha proposto l’abolizione dell’euro, del Parlamento Europeo o la dissoluzione dell’Unione. Per questo si parla di euroalternativismo, perché quello che propongono è una versione più contratta dell’Unione Europea, non la sua distruzione.

Partendo dallo scenario italiano, Bernard Guetta ne è certo: “Un’ipotesi possibile è che in Italia Salvini rompa la coalizione di governo con il Movimento Cinque Stelle. Andando a nuove elezioni potrebbe ottenere la maggioranza nel Parlamento italiano con Berlusconi e Fratelli d’Italia. In questo modo ci sarebbe un governo di destra, coerente nella sua formazione, e con una maggioranza forte in Parlamento. Questa evoluzione potrebbe portare Salvini a moderare le sue dichiarazioni e le sue proposte politiche, perché oggi si trova in una costante competizione con il Movimento 5 stelle e con l’Europa”. E continua: “Se Salvini andrà al potere con una maggioranza di centrodestra, i suoi compagni politici, cioè le piccole industrie lombarde, non vorranno di certo che l’Italia rompa i rapporti con l’Unione Europea, e nemmeno che l’Unione Europea si dissolva”.

Ho deciso di combattere per l’Unione.

Anche Guetta si è candidato alle elezioni europee in Francia, nella lista Reanissance: “Ho deciso di combattere per l’Unione”, ha detto. Essendo le prime elezioni europee dall’insediamento di Macron, rappresentano il primo test elettorale del suo mandato: secondo i sondaggi, tra le numerosissime liste (34 in tutto) La République En Marche! e il Rassemblement National, di Marine Le Pen sono pari (si attestano tra il 22 e il 22.5 per cento). La leader dell’ ex Front National sostiene la lista Prenez le pouvoir (Prendete il potere), guidata dal ventitrenne di origini italiane Jordan Bardella.

In ogni paese la sinistra e la destra tradizionali sono indebolite, così come gli stati nazionali sono troppo deboli oggi per dare validi segnali agli elettori”, ha spiegato Guetta. “Noi abbiamo bisogno di uno Stato Nazione europeo: la destra e la sinistra stanno perdendo terreno e questo spazio è occupato dalla destra e dalla sinistra estrema. Sta accadendo in Francia con la signora Le Pen e con La France Insoumise di Mélenchon; sta accadendo anche in Polonia, in Ungheria, negli Stati Uniti, in Cina, in India. Pensiamo a Narendra Modi. È un estremista di destra, nazionalista e fortemente conservatore, di sicuro non un democratico”.

In questi giorni, però, gli occhi di tutta Europa sono puntati sull’Austria, che vivrà le elezioni europee più politicizzate di sempre, dopo lo scandalo che ha portato alle dimissioni di Heinz-Christian Strache, vicecancelliere e leader del partito di estrema destra parte della coalizione di governo. Dopo le rivelazioni del Süddeutsche Zeitung, si è aperta una vera e propria crisi di governo che ha spinto il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, a indire le elezioni anticipate (che si celebreranno, forse, a settembre). Nelle elezioni di domenica, però, le questioni europee finiranno inevitabilmente in secondo piano.

Anche in Italia si discute più delle tensioni tra Movimento Cinque Stelle e Lega che di Europa. L’atteggiamento di Matteo Salvini, infatti, continua a far discutere: dalle foto con il mitra in mano al discorso dal balcone del Comune di Forlì, lo stesso dal quale Benito Mussolini aveva tenuto alcuni comizi e assistito all’uccisione di partigiani. “Salvini è una persona cinica e si comporta in questo modo perché vuole ottenere sempre più voti. Vuole giocarsi la carta fascista per sedurre ex fascisti e i nostalgici di quei tempi. Tutto qui”, ha spiegato Guetta.

Seppur in lieve calo nei sondaggi, la Lega rimane il partito probabilmente più votato alle elezioni europee, con il 31,6 per cento dei voti: tradotto in seggi, il partito di Salvini conquisterebbe ben 26 sedute nel Parlamento Europeo. A seguire, il Movimento 5 Stelle con il 22,3 per cento, pari a 18 seggi.

L’Italia ha scelto il sovranismo per tre motivi” ha concluso Guetta. “Il primo riguarda le politiche di Matteo Renzi, che sono state ostiche sia economicamente sia socialmente. Per questo è cresciuto il risentimento contro di lui e contro il Pd. La seconda ragione è, ovviamente, l’immigrazione. La terza riguarda noi, chi siamo e come ci siamo comportanti. Gli altri paesi europei non sono stati per niente solidali con l’Italia ed è per questo che è cresciuto il risentimento contro la Francia, la Germania e tutti gli altri paesi europei. E posso capirlo perché tutti noi, Francia compresa, siamo stati molto ipocriti su questa questione. Tutti dicono «l’Italia è meravigliosa, è così generosa», ma dove sono gli aiuti? Non c’è aiuto”.