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Photo by Giovanni Barbato /

“Bisogna muoversi”: Marco Damilano commenta le elezioni


In questi giorni di incertezza politica, alle soglie del secondo giro di consultazioni, ci si continua a interrogare sul risultato delle elezioni del 4 marzo con la vittoria del Movimento Cinque Stelle, il grande risultato della Lega e la sconfitta del Partito Democratico. Torna sull’argomento anche Marco Damilano, direttore de ‘l’Espresso’, ospite alla Scuola Holden di Torino insieme a Rivista Studio.

La crisi della sinistra è un problema che non riguarda solo l’Italia, ma molti altri paesi europei. Basti pensare alla Francia o alla Spagna, dove i partiti di sinistra, nelle loro varie versioni, sono stati spazzati via dal polo populista. Come ricorda Damilano, è successo anche nei primi anni del Novecento, “quando la polarità dell’Ottocento dei primi sistemi politici era costituita da conservatori e liberali e a un certo punto il polo liberale è stato sostituito dal polo socialista, forte del suffragio universale, fino a farlo scomparire. Ogni tanto mi chiedo se siamo in un cambio di fase e dove ci porterà”.

Siamo in una fase in cui vince la nostalgia, vince il ritorno al mondo antico che rassicura chi ha paura del futuro. Il progressismo, però, è sempre stata la parte politica del domani. Ma se questo non funziona più, se si votano forze politiche tutt’altro che progressiste, cosa bisogna fare? “Il PD in questi anni ha cercato ambiziosamente di costruire il futuro inserendo all’interno del centrosinistra elementi di modernizzazione e, al tempo stesso, cercando di innovare l’intero sistema politico. Si è comportato come avrebbe voluto si comportasse tutto il sistema politico. Un sistema dove i leader vengono scelti con le primarie, dove c’è una coincidenza tra il ruolo del leader e quello del segretario perché il partito non è un fine in sé ma è uno strumento per arrivare al governo”, spiega Damilano.

Il tema non è solo la sconfitta elettorale”, sottolinea il direttore de l’Espresso, “ma anche che quel sistema politico che il PD sognava di realizzare, e che chiedeva alle altre forze politiche di realizzare, non c’è più. C’è il tripartitismo, c’è un sistema di voto proporzionale che rende inutile che il segretario sia anche il candidato premier. Il progetto di cambiare il sistema politico è fallito. Bisognerebbe tracciare una linea, ammettere che si ha fallito e ricominciare”.

Se non ci sono vincitori, non c’è neanche un’opposizione predeterminata

La verità, secondo Damilano, è che la ragione sociale del Partito Democratico, fin dall’inizio, è stata il governo. È un partito fondato per rappresentare la società italiana in tutte le sue pieghe, come aveva fatto a suo tempo il partito di governo per eccellenza, la Democrazia Cristiana. Forse è proprio qui l’errore: l’aver considerato la salita di Matteo Renzi a Palazzo Chigi nel 2014 il punto di arrivo.

Tenendo il governo all’ombra di questo leader innovatore non sono state fatte tre cose che fa qualunque partito: un’elaborazione culturale, un’organizzazione funzionale a quel progetto, i dirigenti. Un leader deve dire a un pezzo di società di alzarsi e camminare con lui. Se queste tre cose non vengono fatte, e non sono state fatte, si torna al peccato originale: l’essere andati al governo con un colpo di mano. Le altre leadership hanno avuto il tempo, stando all’opposizione, di costruire una piattaforma programmatica, un’agenda, una leadership, una classe dirigente diffusa e un modello organizzativo”.

Forse anche per questo, quella maggioranza silenziosa evocata proprio da Renzi per vincere il referendum costituzionale del 2016 si è mossa voltandosi dalla parte opposta. Non ha scelto la stabilità, ma la rottura. Ora che questa rottura si è consumata, in Parlamento ci sono forze guidate da leader spinti dall’euforia post elettorale piuttosto che da veri ideali. Schieramenti né di destra né di sinistra, secondo Damilano, ma un grande centro, più forte che mai, rappresentato da forze inedite. Quindi, cosa succederà adesso?

Sono abbastanza d’accordo con l’idea che i voti presi dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle siano sovrapponibili e complementari, ma sono molto scettico sulla possibilità che questo governo possa nascere davvero. Mi chiedo soprattutto cosa si possa fare per impedirlo e qui c’è una critica alla posizione statica presa dal PD. Il primo giro di consultazioni ha fatto vedere che l’immagine dei due vincitori è fasulla. Dato che il concorso non è chi arriva primo ma chi fa il 51 per cento del Parlamento, non ci sono vincitori. Se non ci sono vincitori, non c’è neanche un’opposizione predeterminata. Bisogna muoversi, bisogna costringere gli altri a muoversi”.

Qui il video dell’intervento di Marco Damilano.