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Occorre disegnare una scuola nuova, solidale e inclusiva


Da mesi la scuola è al centro del dibattito politico nel nostro Paese: prima per la chiusura improvvisa a causa della pandemia di Covid-19, poi per riorganizzarne l’apertura. Per la prima volta nella storia, infatti, tra febbraio e aprile, 1 miliardo e 600 milioni di bambini e ragazzi di 165 Paesi del mondo da un giorno all’altro hanno dovuto smettere di andare a scuola (Qui vi avevamo raccontato le loro reazioni). I più penalizzati sono stati i bambini più svantaggiati e meno abbienti, per i quali la scuola è la principale leva di riscatto economico, sociale e culturale. Nonostante quando si parla di povertà si pensi spesso ai Paesi in via di sviluppo, anche in Italia, con circa 9,8 milioni di bambini e ragazzi che hanno interrotto la scuola, si sono accentuate le disuguaglianze. Dunque, come mai in questi giorni, relativamente alla scuola, si parla solo delle misure da adottare per contenere il virus? Non sarebbe necessario, invece, mettere al centro dell’agenda politica la necessità di un’attività educativa che accolga tutti gli studenti, a partire dai più fragili, per disegnare nel post Covid-19 una scuola nuova, solidale e inclusiva?

È giusto parlare dell’aspetto organizzativo e delle precauzioni sanitarie obbligatorie, ma non si può non parlare anche delle disuguaglianze che Covid-19 ha accentuato in chi già aveva difficoltà di apprendimento”, racconta a Senti chi Parla Andrea Morniroli, gruppo educazione del Forum Disuguaglianze e Diversità, firmatario del documento educAzioni insieme ad altre associazioni. La scuola, infatti, più di ogni altra istituzione, riesce a garantire l’articolo 3 della nostra Costituzione, che ricorda che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza alcun tipo di distinzione.

Scuola, quindi, che deve essere presente nella vita delle famiglie e dei bambini e che, invece, in questi mesi, non è riuscita a esserci.La realtà è che la scuola in questi mesi di pandemia è scomparsa. È scomparsa l’istituzione, è scomparsa la sua presenza, il suo ruolo centrale, attraverso il quale passa la socializzazione, la cultura, il saper essere gli adulti di domani. E io come genitore, mi sento perso. (…) Ebbene in questi mesi ho capito come mamma, quanto l’insegnamento sia elemento prezioso per la crescita. Quale preziosa professione è l’essere docente ed educatore, in quest’epoca”, ci racconta Liliana, mamma di Giuseppe (8 anni) e Caterina (4 anni).

La realtà è che la scuola in questi mesi di pandemia è scomparsa.

È d’accordo anche Manuela, mamma di Pietro (10 anni), che crede che “nell’occuparsi quasi esclusivamente di protocolli di sicurezza, si è tralasciato, troppo, di parlare di didattica. A fine lockdown, nel momento in cui si è cominciato, seppure blandamente, a parlare di rientro a scuola, sarebbe stato opportuno, utile, ma direi anche dovuto, creare spazi adeguati a un confronto tra politica e parti coinvolte, dal corpo insegnanti, alle famiglie, fino agli studenti”.

Emergono le disuguaglianze
Mi sembra che la didattica a distanza abbia posto il grande problema della disparità dell’accesso sia dal punto di vista tecnologico che di sostegno didattico”, ci dice Martina, mamma di due ragazze di 17 e 18 anni. Un altro dei problemi che la chiusura delle scuole ha accentuato è proprio la disparità di accesso a Internet, dovuta alla mancanza di una connessione nelle case di tutte le famiglie, alla scarsa potenza del segnale in alcune zone di Italia. A questo si aggiunge che non tutti possiedono un computer o un tablet e uno spazio per potere studiare in una postazione adeguata, con una porta da chiudere e in spazi accettabili. Ma le differenze non finiscono qui. Si nota anche se i genitori sono in casa o lavorano, se possono contare su dei risparmi o se, al contrario, sono oppressi per incremento di povertà e mancanza di cibo, se sanno o meno parlare l’italiano, o se vivono in situazioni di fragilità abitativa.

Per questo, alla riapertura delle scuole è necessario l’impegno di tutti per contrastare ogni forma di discriminazione, affinché nessuno venga lasciato indietro e tutti abbiano la possibilità di sviluppare le proprie capacità. Pensiamo, ad esempio, a chi in questi mesi è rimasto indietro, non avendo un computer o un genitore che poteva aiutarlo nelle lezioni virtuali. Non è accettabile che venga separato dal resto della classe, sottolineando le sue difficoltà, ma occorre piuttosto pensare ad attività alternative stimolanti. “Con il rientro a scuola mi aspetto una maggiore apertura da parte dei docenti, una maggior capacità di usare linguaggi vari e di ascoltare gli spunti offerti dai ragazzi, anche uscendo dalle mura scolastiche e creando percorsi didattici nell’ambiente di vita. Mi piacerebbe in questa occasione condividere con gli insegnanti una riflessione sul ruolo formativo e non solo strettamente didattico della scuola. Sarebbe necessario che la scuola fosse al centro di un forte investimento economico e politico”, continua Martina.

La pandemia potrebbe innescare finalmente quel processo di cambiamento di cui abbiamo bisogno.

La fragilità dei bambini
Con la riapertura delle scuole sarà anche fondamentale riavvicinare i bambini alla scuola, soprattutto i più piccoli, perché la scuola li ha abbandonati, li ha traditi. Durante il lockdown per ridurre questa rottura si sarebbe dovuto dare un supporto psicologico ai bambini – anche a quelli che apparentemente sembravano non averne bisogno – cercando di fornirgli degli strumenti per digerire questa nuova vita senza amici, senza compagni, senza maestre, senza più nessuno. Ad esempio, avrebbero potuto sfruttare la programmazione televisiva per far passare programmi per bambini dedicati all’educazione e alla speranza, e non solo alla conta dei morti”, ci dice Liliana. Con la riapertura delle scuole, infatti, tutti i bambini e gli adolescenti avranno bisogno di elaborare l’esperienza di questi mesi e le nuove norme di comportamento rese necessarie dalla pandemia. Per questo, affermano i firmatari del documento educAzioni, la riflessione su questa esperienza, le sue cause, le sue conseguenze anche per i comportamenti e responsabilità individuali, declinata a seconda dell’età, dovrebbe entrare nel programma educativo nei prossimi mesi.

Speranze per il futuro
Sicuramente, come sottolinea Alessio, papà di Anna (15 anni) e Francesco (11 anni), “in Italia siamo partiti tardi e non si è intravisto il filo conduttore di un piano generale per il rientro a scuola”. Forse, però, siamo ancora in tempo per cambiare le cose, sfruttando il fatto che la scuola sia tornata al centro del dibattito pubblico: “Sono contenta che si sia ricominciato a parlare in Italia della questione scuola. Non abbiamo alcuna garanzia che ciò significhi soluzioni e cambiamenti positivi, ma che la scuola sia stata messa di nuovo al centro dei dibattiti potrebbe creare opportunità reali di cambiamento e di soluzioni a problemi che vengono anche da molto lontano. Ora mi aspetto che la scuola possa realmente tornare ad essere una questione prioritaria e che gli aiuti economici europei previsti vengano impiegati per risolvere i tanti problemi della scuola italiana, dando voce a chi vive la scuola ogni giorno”, continua Manuela.

Che Covid-19 possa essere finalmente la spinta di cui avevamo bisogno?Spero, e mi auguro, che non tutto il male venga per nuocere. La scuola italiana è imbalsamata da decenni in un limbo di attesa di una riforma che la renda adeguata ai tempi nuovi. Nessuno, in tempi normali è riuscito a cambiare sostanzialmente le cose. La pandemia potrebbe innescare finalmente quel processo di cambiamento di cui abbiamo bisogno”, conclude Alessio.