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Contact tracing nel mondo: chi sorveglia i sorveglianti?


Mentre in Italia Immuni ha fatto ufficialmente il suo esordio negli store, in tutto il mondo ogni stato si sta dotando di una propria app di contact tracing per contrastare e prevenire il diffondersi della Covid-19. Ma come rispondono queste applicazioni alla prova delle democrazie?

Nell’epoca della sorveglianza e dello spionaggio internazionale, i dubbi e le preoccupazioni che questa tecnologia mai testata prima suscita, non sono pochi. Ed è per questo motivo che tre giornalisti della MIT Tecnhology Review hanno creato il Covid19 Trace Tracker, un database pubblico che valuta le app di tracciamento sulla base dei principi enunciati dalla American Civil Liberties Union e altre organizzazioni per i diritti civili. Sono cinque i criteri presi in considerazione: “volontarietà nell’adozione dell’app, limitazioni per contrastare l’utilizzo improprio dei dati, presenza di indicazioni precise per la distruzione dei dati, quantità di informazioni immagazzinate, trasparenza nella gestione e analisi per capire se i dati raccolti si limitano a quelli strettamente necessari per il tracciamento degli spostamenti”, ha spiegato Patrick Howell O’Neill, senior editor della Technology Review, ospite assieme agli altri due autori Bobbie Johnson e Tate Ryan-Mosley in una puntata del podcast Deep Tech.

(Ascolta qui l’intero episodio o leggi la trascrizione della puntata)

L’obiettivo del contact tracing è di avvertire coloro che nell’immediato passato sono venuti a contatto con una o più persone risultate infette, e quindi mettere in atto poi le azioni necessarie, come autoisolarsi e rivolgersi alle autorità sanitarie. Non è una novità nella prevenzione delle epidemie. Il metodo del tracciamento manuale è sempre stata la prassi, ma molti studi relativi al tasso di contagiosità del Sars-CoV-2 hanno evidenziato come una tale metodologia sia davvero difficile. Nonostante ciò esistono casi virtuosi, come il Giappone, che ha seguito il metodo “vecchia scuola” e si è dimostrato all’altezza della situazione sin da subito con il dispiegamento di 50 mila persone utilizzate prima per seguire le infezioni più comuni come l’influenza e la tubercolosi.

E questo è esattamente uno dei nodi cruciali: il personale e la strategia più ampia di prevenzione di cui la app dovrebbe essere solo un tassello. “Se protocolli e applicazioni non corrispondono a ciò che un governo sta facendo”, ha detto Bobbie Johnson, “la loro efficacia sarà molto ridotta”. Dubbi che hanno in molti, fra cui Mike Reid della Scuola di Medicina di San Francisco, secondo il quale il “contact tracing non è un proiettile magico” ma l’approccio analogico manuale adottato nella sua città e in altri dipartimenti di salute basato su educazione ed empowerment, non sulle app su cui stanno lavorando Google e Apple, può unire le comunità a costruire la capacità di gestire crisi future.

Se protocolli e applicazioni non corrispondono a ciò che un governo sta facendo, la loro efficacia sarà molto ridotta.

La questione dell’efficacia sta alla base della pagella della Tecnhology Review in cui ci si chiede se il tracciamento digitale non sia altro che un tecnocratico sogno ad occhi aperti o un effettivo strumento di prevenzione: “è un problema delicato da affrontare”, ha detto Howell O’Neill mettendo ancora l’accento su come tutto ciò “non sia che solo una piccola parte di una più ampia costellazione di strategie per far fronte a una pandemia”.

Ad ogni modo, gran parte dei paesi sta scegliendo di percorre la via del tracciamento digitale tramite smartphone attraverso applicazioni che variano anche molto da stato a stato. In questo senso i due giganti della Silicon Valley hanno creato congiuntamente un protocollo che verrà messo a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche ufficiali e permette una migliore comunicazione fra i dispositivi iOS e Android (99 per cento degli smartphone mondiali), riduce i rischi di possibili bug e migliora le prestazioni riducendo il consumo della batteria legato all’utilizzo del bluetooth. Molti paesi hanno già adottato questo protocollo, compresa l’Italia con Immuni. Oltre consentire una maggiore efficienza è “generalmente più orientato alla protezione della privacy”, spiega Patrick Howell O’Neill “è un sistema decentralizzato che proibisce la localizzazione esatta e molti altri attributi”.

Questo modello si contrappone con quello centralizzato, comunque utilizzato in diversi paesi fra cui la Francia, sul quale si concentrano molti dubbi relativi alla possibilità di un’identificazione esatta dell’identità degli utenti e la maggiore vulnerabilità ad attacchi informatici. Questo non significa che il sistema decentralizzato non abbia delle vulnerabilità: in diversi hanno posto l’accento, per esempio, sulla possibilità non poi così remota di decriptare i vari ID degli utenti e poter acquisire informazioni di vario genere. E’ necessario quindi che all’insieme di tutte queste tecnologie si accompagni totale trasparenza e soprattutto solide garanzie sull’utilizzo di questi Big Data, che come ci raccontano le cronache passate, sono una vera miniera d’oro sia dal punto di vista commerciale che politico.

Apple e Google non uccideranno il coronavirus. Possono aiutarti a gestire la tua stessa esposizione ma non esiste un proiettile magico.

Alla luce di tutto questo sorge anche un’ulteriore domanda: se Google e Apple diventeranno il quadro di riferimento mondiale per queste app, allora “saranno loro a impostare i termini legali, operazionali ed economici di come si gestisce una pandemia. Dov’è l’Oms? Dove sono gli intermediari internazionali? Dov’è l’Onu?”, si è chiesto Ryan-Mosley.

La pagella della Technology Review ha quindi cercato di unire tutte queste informazioni per poter stilare una sorta di graduatoria mondiale delle app in utilizzo o in fase di implementazione. Un database in continuo aggiornamento dal quale emerge una bocciatura senza mezzi termini per alcune delle soluzioni adottate in paesi in cui notamente c’è meno attenzione alla privacy, come Cina e Qatar, entrambe con zero stelle su cinque. In Europa saltano all’occhio Francia e Irlanda, con una sola stella al pari di Iran e Turchia. Mentre fra le più virtuose con punteggio pieno si trova anche l’Italia con Immuni, al banco di prova proprio da pochi giorni e per la quale bisognerà attendere ancora per una valutazione più complessiva.

In conclusione Johnson ha voluto sottolineare ancora una volta come non esistano risposte facili che ci possano riportare alla vita di prima, “tutti questi approcci ci possono aiutare per evitare che l’epidemia si diffonda ulteriormente. Apple e Google non uccideranno il coronavirus. Possono aiutarti a gestire la tua stessa esposizione ma non esiste un proiettile magico. Non esiste una gigante e magica risposta”.

Per approfondire, guarda qui sotto l’intervista a Rodolfo Saracci, realizzata da Forward: