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Photo by Non Una Di Meno /

Congresso delle famiglie: a Verona si incita all’odio. Ma c’è chi si ribella


Quello che si riunisce a Verona fino a domenica si chiama Congresso mondiale delle famiglie (Wfc – World Family Congress), un nome che dovrebbe richiamare inclusione, globalità e amore e, invece, appartiene a un hate group: un gruppo che incita all’odio. Odio contro LGBT+, contro il femminismo, contro l’aborto, apertamente a favore del patriarcato.

È importante che si sappia. Che si abbia coscienza che l’Italia, e nello specifico Verona, stanno ospitando e dando spazio a questo tipo di associazione.

Secondo la definizione dello Human Rights Office della Queen’s University gli hate group sono organizzazioni che “diffondono bugie con lo scopo di incitare l’odio verso determinati gruppi di persone; difendono la violenza contro determinati gruppi sulla base dell’orientamento sessuale, della razza, del colore, della religione etc; affermano che la loro identità (razziale, religiosa ecc.) è “superiore” a quella di altre persone; non danno valore ai diritti umani delle altre persone”.

Il Wfc è riconosciuto tale dal 2014 dal Southern Poverty Law Centre (Splc), dopo che ha apertamente sostenuto (e probabilmente determinato) l’approvazione delle leggi contro l’omosessualità in Russia e in Uganda. Del resto per arrivare alla medesima conclusione basta ascoltare le parole dei suoi rappresentanti raccolte in un video (sotto) della Human Rights Campaign che nel 2015 ha redatto un rapporto sulle attività e sugli scopi del Congresso. Scopi che sono evidenti nelle parole di Janice Shaw Crouse Direttore esecutivo del Wfc, caratterizzate da un linguaggio molto forte:

Il Congresso mondiale della famiglia è determinato a combattere per la famiglia naturale, stiamo costruendo eserciti in tutte le principali città del Mondo per lottare, per parlare forte e chiaro, e per testimoniare la verità che la famiglia naturale è il fondamento della società”.

Don Feeder, direttore della comunicazione, equipara l’omosessualità alla pedofilia, mentre il suo fondatore Allan Carlson non esita a mentire spudoratamente dichiarando che “Le coppie omosessuali sono più propense a malattie, violenza domestica, stress economico, depressione e morte prematura”.

Queste sono le convinzioni di chi sarà presente a Verona questo fine settimana. Ed ecco quelle dei politici e professionisti italiani che prevedono di intervenire al congresso, riportate dalla piattaforma Non Una di Meno in questo video:

Esistono solo le famiglie tradizionali”, Matteo Salvini, Ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio dei ministri; “Voglio intervenire per dissuadere le donne ad abortire”, Lorenzo Fontana, Ministro per la famiglia e le disabilità; “L’omosessualità non è altro che un disagio identitario”, Massimo Gandolfini, specialista in neurochirurgia e psichiatria e portavoce del Comitato Difendiamo i Nostri Figli.

Tra gli altri che intendono presenziare ci sono il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani (FI), la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il presidente della regione Veneto Luca Zaia (Lega), il calciatore Nicola Legrottaglie e fin troppi medici come, per citarne una, Dina Nerozzi, specialista in neuropsichiatria infantile ed endocrinologia dell’Università di Roma.

Il congresso convocato per fine marzo a Verona rappresenta per le attiviste, le femministe, le donne, ma non solo, di questo Paese un vero e proprio insulto.

Non ci saranno, però, solo loro questo fine settimana a Verona. Su iniziativa di Non una di meno (Nudm), Centro Donna Giustizia, Udi, CGIL, Arcigay, Arcilesbica, Cittadini del mondo e con l’adesione di tantissime organizzazioni in favore dei diritti delle donne (come Di.Re) e delle persone LGBT* è, infatti, previsto un contro evento “transfemminista” per denunciare queste incitazioni all’odio e alla discriminazione, per protestare contro le azioni che minacciano leggi come la 194 contro l’interruzione volontaria di gravidanza o quella contro il divorzio, e che sono apertamente a favore di una società basata sul patriarcato. Altre manifestazioni sono previste in diverse città italiane, da Roma a Lucca a Palermo.

Il congresso convocato per fine marzo a Verona rappresenta per le attiviste, le femministe, le donne, ma non solo, di questo Paese un vero e proprio insulto”, spiega Serena Freddo, attivista di Non Una di Meno – Roma, in questo video dell’Agenzia Dire. “Un’altra tappa di un assalto che stiamo vivendo da tempo e che si nutre di misure di legge come il Ddl Pillon, che aggrediscono l’autodeterminazione delle donne, la loro libertà, la loro autonomia”.

Proprio fare informazione sul “Ddl Pillon”, sulle sue possibile conseguenze e chiedere che venga ritirato (non solo emendato) è uno degli obiettivi del contro evento veronese. Sul Disegno di legge 375 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” presentato dal senatore della Lega Simone Pillon, che prevede una riforma drastica, anacronistica e pericolosa è stato scritto e detto moltissimo.

Per esempio Valigia Blu, in tre approfondimenti ben documentati, spiega molto chiaramente cosa prevede il ddl. Eccoli qui: 1) Mantenimento, affido, genitorialità: cosa prevede il disegno di legge Pillon e quali sono le sue criticità; 2) Affido condiviso, manifestazioni in tutta Italia: “La proposta Pillon intrisa di violenza da respingere senza condizioni”; 3) La battaglia contro il ddl Pillon: “Non va emendato, va ritirato”;

In merito al Ddl Pillon si sono espresse anche Dubravka Šimonović e Ivana Radačić, rispettivamente “Special Rapporteur sulla violenza contro le donne, le sue cause e le sue conseguenze” e “Chair-Rapporteur del gruppo di lavoro sul tema della discriminazione delle donne nel diritto e nella pratica” delle Nazioni Unite. Qui il documento nel quale sollevano perplessità e preoccupazioni in merito a quella che definiscono una “potenziale retrocessione nell’avanzamento dei diritti delle donne e della loro protezione da violenze domestiche e di genere”.

Sottolineano poi le due autrici come questa proposta di legge vada contro diverse convenzioni, per esempio la Convenzione di Istanbul contro la violenza contro le donne e domestica, ratificata dall’Italia nel 2013.

Come ricorda in un’intervista al Sole 24 Ore Fabio Roia, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, una convenzione internazionale ratificata è legge dello Stato, in forza dell’articolo 117, comma 1 della Costituzione italiana. Di conseguenza il Ddl Pillon è anche incostituzionale.

Inoltre, questo disegno di legge introdurrebbe nell’ordinamento la cosiddetta “sindrome di alienazione parentale”. “Si tratta di una falsa sindrome, nel senso che sotto il profilo di patologia non ha avuto nessun tipo di riconoscimento scientifico (…)”, spiega Roia. “(…) La violenza contro le donne è un fenomeno perché tutti i dati nazionali, internazionali, europei, giudiziari e di analisi Istat ci dicono che normalmente nei procedimenti penali per violenza la donna è vittima nel 90 per cento dei casi. L’alienazione parentale, al contrario, può esistere ma si tratta di singole vicende che possono essere analizzate e risolte dai tribunali. Non si tratta certamente di un fenomeno”.

C’è da ritirare fuori tutti gli slogan degli anni ‘70, a partire dal banalissimo ‘Io sono mia’.

Non sono solo le attiviste femministe o i giuristi a opporsi al Ddl Pillon. Come ricorda la rubrica La 27esima ora del Corriere della Sera, negli scorsi i mesi i comuni italiani si sono mossi in modo da rigettare questo disegno di legge.

Intanto, lo scorso 19 marzo è ricominciata la discussione in commissione Giustizia del Senato dopo oltre 100 audizioni durante le quali, come ricorda la senatrice Valeria Fedeli (PD) in una conferenza stampa organizzata insieme ad Emma Bonino, sono stati acquisiti centinaia di documenti di esperti che mostrano grande preoccupazione in merito. Qui trovate il dossier relativo al Ddl sul sito del senato, qui i documenti acquisiti durante le audizioni, in particolare segnaliamo questo dell’Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia.

Il Ddl Pillon, sottolinea la senatrice Bonino è “un’intrusione inaccettabile nella vita privata dei cittadini e delle cittadine italiani”. “C’è da ritirare fuori tutti gli slogan degli anni ‘70, a partire dal banalissimo ‘Io sono mia’”.