Los Angeles, Variety Power of Women 2018, George Clooney sale sul palco per consegnare il premio alla “fearless” studentessa Emma Gonzalez esponente del movimento “March for our lives”(ne avevamo parlato qui e qui), e si presenta come “il marito di Amal”, guadagnandosi il primo degli applausi al suo intervento. Un intervento che, seppur non nominando mai Donald Trump, è interamente dedicato a criticarne l’amministrazione, colpevole di mercificare paura e odio.
“Paura dei musulmani, degli immigrati, delle minoranze, delle donne forti. E dal momento che il nostro governo ha bisogno della nostra paura, la domanda è: siamo davvero spaventati da tutte le cose che attualmente rendono grande l’America? E se la risposta è sì, allora dovremo risponderne alla storia. Perché queste idee ci definiranno per intere generazioni”.
Continua Clooney: “Quando definisci come tuo nemico una intera religione, puoi davvero farti nemica una religione intera. Quando dici a un’intera etnia di persone che li consideri inferiori, non puoi sorprenderti quando metteranno in discussione i tuoi valori. Quando dici alle donne che andare a testimoniare il loro abuso è uno scherzo, non rimanere scioccato quando verranno a ridere sul tuo prato, il 7 novembre”.
Le elezioni di metà termine (previste per il prossimo 6 novembre) si stanno avvicinando, e l’attore risponde all’appello.
Siamo davvero spaventati da tutte le cose che attualmente rendono grande l’America?
Nel discorso del “marito di Amal” c’è anche spazio per la speranza perché, come sottolinea, sono proprio tempi così difficili a creare “leader” capaci di ispirare: “Il 24 marzo di quest’anno Emma Gonzalez è salita sul palco nella capitale della nostra nazione per protestare contro la violenza armata (…) di cui come sapete è diventata esperta nel giro di una notte, perché come troppi giovani in questo paese è stata vittima di un massacro insensato”.
Clooney ricorda la commozione e la potenza di quei 6 minuti e 20 secondi di silenzio di Emma Gonzalez alla March for Our Lives, un silenzio che ha reso possibile l’ascolto del suo cuore: “Un cuore che crede che, come nazione, possiamo essere molto meglio di così”. Un cuore che, come dirà la stessa Gonzalez salendo sul palco per ricevere il premio, otto mesi dopo la sparatoria continua a provare lo stesso dolore di quel giorno, “come se stesse accadendo proprio ora”.