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Photo by Alessio Jacona / CC BY-SA

Zuckerberg su Cambridge Analytica: “Commesso errori, ma non vendiamo dati”


Ciò che fa funzionare Facebook non è l’assenza di errori, ma il fatto che li usiamo per imparare”. Sulla vicenda Cambridge Analytica, Mark Zuckerberg, fondatore e proprietario del social network al centro delle polemiche, ha deciso di metterci la faccia. La cosa era ormai inevitabile, dato il progressivo allargarsi dell’inchiesta sul caso e la conseguente attenzione dei media di tutto il pianeta. “Si è trattato di una grave violazione della fiducia e sono molto dispiaciuto che ciò sia accaduto”, dichiara Zuckerberg all’inizio di un’intervista rilasciata alla CNN.

Dalle dichiarazioni del whistleblower Christopher Wylie pubblicate dal Guardian e dal New York Times, infatti, è emerso che nel 2016 la società di analisi britannica avrebbe utilizzato alcune informazioni condivise dagli utenti di Facebook per creare messaggi politici personalizzati e influenzare così il corso delle elezioni statunitensi. Forse non solo di quelle.

La prima domanda della giornalista Laurie Segall, di conseguenza, non può che essere una: “Cos’è andato storto?” A questo, tuttavia, Zuckerberg, riesce a non rispondere direttamente, spostando invece il focus dal problema alle possibili soluzioni. “È ora nostra responsabilità assicurarsi che ciò non accada di nuovo”, sostiene puntando il dito contro i responsabili dello scandalo. “La prima cosa da fare è assicurarsi che sviluppatori come Alexandr Kogan (data scientist coinvolto nelle attività di Cambridge Analytica, ndr), in grado di accedere a molte informazioni e di farne un uso improprio, non possano più farlo. (…) In secondo luogo, bisogna accertarsi che non esistano altre Cambridge Analytica”.

Il fondatore di Facebook assicura che la sua azienda ha avviato un processo di revisione di migliaia di applicazioni: “Sarà un lavoro intenso, ma importante. Guardando indietro, è una cosa che avremmo dovuto fare, prima, con Cambridge Analytica; non avremmo dovuto fidarci delle loro certificazioni”. Tuttavia, Zuckerberg sostiene anche che l’aspetto più importante al momento è capire cosa sia realmente successo. “Per il momento abbiamo il report del New York Times e del Guardian, e di Channel 4 che ha detto che Cambridge Analytica potrebbe ancora avere accesso ai dati. È importante che si portino a termine i controlli necessari”.

Un momento cruciale dell’intervista arriva quando Segall chiede a Mark Zuckerberg spiegazioni sul modello di business di Facebook e, in particolare, sul modo in cui il social network riesce a fare profitti “vendendo” le informazioni relative ai suoi utenti. “Uno dei principali malintesi riguardanti Facebook è l’idea che noi vendiamo dati. Noi non vendiamo alcun dato a nessuno, è un aspetto centrale del nostro modello”. Questo, inoltre, sarebbe il vero punto di forza dell’azienda: utilizzare le informazioni condivise dagli utenti per costruire servizi sulla piattaforma, senza però mai cederle a soggetti terzi. “Non vogliamo si possano far uscire dati. Quando questo accade è un problema, per la nostra comunità e per i nostri affari”.

È la proprietà di quei dati, infatti, che permette al gigante di Menlo Park di vendere la possibilità di fare campagna pubblicitarie personalizzate sul social network. “Un inserzionista viene da noi e dice ‘Hey, vorrei raggiungere le donne in questa fascia di età’ e noi mostriamo la sua pubblicità a quelle donne”, sottolinea Mark Zuckerberg. “Ma nessuna informazione arriva all’inserzionista”.

Laurie Segall riporta allora il discorso sul caso Cambridge Analytica, chiedendo in che modo Facebook stia cercando di impedire l’uso del social network per influenzare le scelte elettorali degli utenti. “Nel 2017, durante le elezioni speciali in Alabama, abbiamo sviluppato alcuni strumenti di intelligenza artificiale in grado di identificare account fasulli che stavano diffondendo fake news”, spiega Zuck.

Non mancheranno occasioni, tuttavia, per mettere alla prova i nuovi sistemi difensivi di Facebook. A novembre, infatti, negli Stati Uniti si terranno le elezioni di metà mandato. “Pensa che qualche malintenzionato stia utilizzando Facebook per manipolarle?”, chiede Segall. “Di sicuro qualcuno ci sta provando”, risponde senza mezzi termini Zuckerberg che, tuttavia, si sta preparando alla battaglia. “Entro la fine dell’anno il numero di dipendenti che si occupa di sicurezza e di revisione dei contenuti salirà a 20.000. Oggi sono 15.000”.

Dribblata con eleganza, invece, la domanda della giornalista della CNN su una sua possibile testimonianza al Congresso: “Vogliamo far testimoniare la persona che all’interno di Facebook ha la maggiore conoscenza in merito a ciò che il Congresso vuole sapere. Se quella persona sarò io, sarò felice di farlo”.

L’intervista, infine, muove verso tematiche più personali. “Se nel 2004, quando Facebook stava nascendo, mi avessero detto che oggi una buona parte delle mie responsabilità avrebbe riguardato il proteggere l’integrità delle elezioni dalle interferenze di altri governi, non ci avrei creduto”, ammette il fondatore del social blu. “Quando ho cominciato tutto questo ero giovane e senza esperienza. Ho fatto errori tecnici e finanziari. Ho assunto le persone sbagliate. Mi sono fidato delle persone sbagliate. Probabilmente, ho lanciato più prodotti fallimentari io di chiunque altro”. Nonostante questo, sembra sottintendere, sono arrivato fin qui. “Il mondo cambia”, conclude, “ci saranno nuove sfide da affrontare”.

 

Qui trovate le altre interviste che Mark Zuckerberg ha rilasciato, sempre nella giornata di ieri al New York Times, a Wired, e a recode.