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Photo by Bernard Spragg. NZ /

Sparatorie di massa e armi da fuoco, tre presidenti a confronto


Ci sono paesi dove è possibile comprare legalmente armi semi automatiche di tipo militare molto facilmente, senza che nessuno si chieda per cosa verranno utilizzate. La Nuova Zelanda è stata una di questi paesi fino allo scorso 21 marzo, quando il governo ha approvato una legge con la quale è stata vietata la vendita di un’ampia gamma di questo tipo di armi ed è stato approvato un sistema di “buy-back” per acquistare armi dai cittadini che le possiedono.

La decisione è stata presa dopo l’attentato in due moschee nella città di Christchurch, dove il 15 marzo un suprematista bianco di origine australiana ha aperto il fuoco con armi semi automatiche sulla folla riunita per la preghiera, uccidendo 50 persone e ferendone altrettante. Al governo neozelandese sono bastati 6 giorni, per fare questa scelta e trasformarla in legge.

Già il 18 marzo la primo ministro Jacinda Ardern aveva dichiarato che il governo da lei presieduto era d’accordo nel riformare la legge sulla vendita e il possesso delle armi. “Il governo è assolutamente unito e netto (nella sua decisione, ndr): l’attacco terroristico a Christchurch di venerdì è stato il più grave atto di terrorismo nel nostro territorio (…) e ha esposto una serie di debolezze nella legislazione neozelandese sulle armi”.

La decisione di Ardern ha trovato il favore praticamente unanime dell’opinione pubblica, arrivando a convincere anche il vice primo ministro Winston Peters, leader del partito nazionalista e populista New Zealand First.

La riforma delle armi in Nuova Zelanda ha incontrato molti estimatori a livello internazionale, specie negli Stat Uniti, dove la questione delle stragi causate con armi di tipo militare è politicamente incandescente.

Diversi membri di spicco del Partito Democratico hanno pubblicamente espresso il loro appoggio alla decisione presa dal governo neozelandese, compresi il candidato alle primarie democratiche Bernie Sanders e la neoeletta deputata Alexandria Ocasio-Cortez, che su Twitter ha indicato Ardern quale un esempio di vera leadership.

Negli Stati Uniti le stragi di massa con armi da fuoco sono purtroppo parte di una quotidianità e fin troppo spesso sparatorie mortali si verificano in luoghi pubblici come teatri o scuole. Negli Usa – come in Nuova Zelanda fino a poco fa – è infatti molto semplice acquistare armi da fuoco letali (complice anche un anacronistico emendamento della Costituzione statunitense, risalente al 1791).  Fino a oggi, tuttavia, a nessuna di queste stragi ha fatto seguito una riforma del sistema di vendita di pistole e fucili, a causa della potenza economica della lobby delle armi e dell’attaccamento dei cittadini statunitensi al loro diritto a possodere armi da fuoco.

Dobbiamo decidere se questo è il tipo di paese che vogliamo essere, e anche non fare consapevolmente nulla è una decisione.

Dopo aver ascoltato Jacinda Arden parlare di un governo unito e netto nella sua decisione e definire la riforma annunciata come un modo per “rendere la comunità più sicura”, è interessante confrontare questa reazione con quelle, in situazioni simili, degli ultimi due presidenti statunitensi.

Barak Obama si è trovato ad affrontare diverse stragi con armi da fuoco e ha chiesto più volte al Congresso di riformare le leggi al riguardo. Nel 2012 si trovò a gestire la sparatoria alla scuola elementare di Sandy Hook, dove morirono 26 persone, tra cui 20 bambini tra i sei e i sette anni. “Tutti noi meritiamo un Congresso coraggioso a sufficienza per resistere alle bugie delle lobby delle armi (…) tutti noi dobbiamo richiedere ai governanti, ai parlamentari e agli imprenditori di fare la loro parte per rendere la nostra comunità più sicura”, aveva detto Obama alla conferenza stampa successiva alla strage, visibilmente scosso da quanto avvenuto.

Nel 2016 si ritrovò nella stessa situazione, dopo la strage in una discoteca di Orlando dove morirono 49 persone, nell’attentato più grave con armi da fuoco avvenuto fino ad allora. Il tono di Obama nel commentare l’accaduto è molto più distaccato da quello della strage di Sandy Hook, e molto più disilluso: “dobbiamo decidere se questo è il tipo di paese che vogliamo essere, e anche non fare consapevolmente nulla è una decisione”. Nonostante le richieste dell’allora Potus, durante i suoi due mandati il Congresso non legiferò mai per limitare l’uso delle armi da fuoco, nemmeno quando la maggioranza era nelle mani del suo stesso partito.

Con l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, la riforma delle norme sul possesso di armi non è più stata tra le priorità del presidente. Quello che non è cambiato è la macabra regolarità con la quale negli Usa si verificano uccisioni di massa. Trump si è trovato ad affrontare il più grave attacco nella storia degli Stati Uniti, nel 2017, a Las Vegas, dove un uomo ha fatto fuoco con un fucile d’assalto su una folla radunata per un concerto, uccidendo 58 persone e ferendone 851. Come consuetudine Trump ha tenuto un discorso in seguito alla strage dove però non ha fatto il minimo cenno alla necessità di cambiare le leggi sul possesso delle armi per evitare che eventi del genere si riproponessero.

In molte occasioni al contrario, l’attuale Presidente ha difeso il diritto di ogni cittadino di possedere armi, sostenendo anche che una soluzione per le stragi nelle scuole – come quella di Parkland che ha portato un anno fa al movimento March of our lives (qui e qui) – potrebbe essere quella di far sì che “gli insegnanti portino delle armi nascoste e vengano addestrati a usarle. Non ci sarebbero più zone interdette alle armi (come le scuole, ndr) che attirano i maniaci”.

L’atteggiamento di Donald Trump non dovrebbe in realtà stupire, se si considera quanto generosa sia stata la Nra (National Rifle Association) – la più importante lobby di produttori e utilizzatori di armi da fuoco – nel finanziare la sua ultima campagna elettorale: 11.438.118 di dollari in supporto diretto e 19.756.346 in supporto a gruppi contro Hillary Clinton.

Qui sotto il video con qui Arden annuncia la nuova riforma con cui vieta le armi da fuoco semi-automatiche di tipo militare (e ogni componente che può trasformare un’arma “normale” in questo tipo di armi)  e i fucili da assalto: