“Saranno le istituzioni competenti a valutare se corra qualche rischio, anche perché mi pare che passi molto tempo all’estero. Valuteranno come si spendono i soldi degli italiani. Gli mando un bacione”, queste sono le parole pronunciate dall’attuale vice premier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini durante la trasmissione Agorà il 21 giugno scorso. A chi si riferisca, dopo le polemiche degli ultimi giorni, è noto: lo scrittore Roberto Saviano.
La velata minaccia, quella di togliere la scorta che da quasi 12 anni (dal 13 ottobre 2006) protegge la sua vita e la sua incolumità. Secondo quando riportato da La Repubblica, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti avrebbe commentato dicendo “le scorte non si assegnano nè si tolgono in tv”. Le scorte, infatti, o meglio le misure di protezione personale, le assegna e le revoca l’Ufficio centrale interforze per la Sicurezza personale (Ucis). Un ufficio interno al Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero. Non il ministro direttamente.
Minniti, in effetti, dovrebbe conoscere il meccanismo: mentre era lui al Viminale – anche se già uscente – l’Ucis ha deciso di revocare, dopo 27 anni, la scorta all’avvocato ed ex Magistrato Antonio Ingroia. Ingroia è stato un ex collaboratore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. È stato anche tra coloro che hanno avviato le indagini che hanno portato al processo per la Trattativa Stato Mafia e che lo hanno cominciato prima che abbandonasse il suo ruolo nel 2012.
A dare l’annuncio della revoca delle misure di protezione all’ex magistrato è Nino Di Matteo – tra quelli che invece al processo hanno continuato a lavorare e lo hanno condotto alla sentenza di primo grado, pronunciata lo scorso 20 aprile – in occasione dell’evento “Dipende da NOI”, organizzato da WikiMafia alla Camera del Lavoro di Milano in collaborazione con la CGIL.
“Per quello che Antonio Ingroia ha rappresentato non solo per queste indagini e per tutte le altre indagini, ma per la storia dell’attività antimafia, a Palermo, in Sicilia, ad alti livelli, io reputo profondamente ingiusto, per non dire vergognoso, il fatto che è rimasto assolutamente privo di qualsiasi protezione”, ha dichiarato il sostituto procuratore nazionale antimafia (a sua volta sotto scorta dal 1993).
La decisione dell’Ucis è arrivata un paio di settimane dopo la sentenza del processo che ha portato, tra le altre, alla condanna di tre ex-carabinieri dei ROS – l’ex generale Mario Mori, l’ex generale Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno – di Marcello dell’Utri e di Antonio Cinà.
La mafia e i poteri criminali che colludono con la mafia non dimenticano certo.
“Gli hanno completamente revocato per quello che io ho potuto constatare, qualsiasi forma di protezione, di scorta, di tutela in un momento, secondo me, particolare, sia per gli equilibri complessivi del paese, sia soprattutto perchè immediatamente successivo ad un dispositivo di sentenza di un processo che anche lui ha contribuito, seppure solo nella fase delle indagine, ma in una fase quindi importante ed essenziale a concepire e a portare avanti”, sottolinea Di Matteo.
“Sono preoccupato e amareggiato”, ha proseguito il pm, “perché da questo punto di vista mi sembra che lo stato abbia dimenticato una persona che non è più un magistrato ma è stato un magistrato che ha portato avanti a livelli altissimi la ricerca della verità, esponendosi tantissimo”.
È consapevole infatti, Di Matteo, come tutti quelli che si occupano di queste cose che “la mafia e i poteri criminali che colludono con la mafia non dimenticano certo e certamente non cambiano idea rispetto a un soggetto soltanto perché ha abbandonato il ruolo”.
Che il ruolo di Ingroia sia cambiato, nei passati cinque sei anni è indubbio, soprattutto dopo il suo ingresso in politica. Inoltre, La figura dell’ex-magistrato è stata, nelle recenti settimane, discussa e attaccata, ma questo, come sottolinea Di Matteo, non annulla la sentenza di morte che grava sulla sua testa.
“Di Antonio Ingroia”, conclude il magistrato, “continuo a conservare il ricordo di un magistrato coraggioso con la schiena dritta, e che fin quando ha portato la toga sulle spalle, l’ha portata in maniera degna dei maestri che lui aveva avuto: Giovanni Falcone e soprattutto Paolo Borsellino”.
Nel video qui sotto la porzione di intervento in Nino di Matteo parla di Antonio Ingroia.
A questo link, invece, tutti i video dell’evento di WikiMafia “Dipende da Noi”