Tra di noi possiamo essere sinceri: i contenuti per giustificare “una rivoluzione dell’Aifa” non mancherebbero. Basterebbe affacciarsi sul mondo leggendo qualche rivista internazionale scientifica o di politica sanitaria: per esempio andando a vedere quali siano le questioni di health policy che agiteranno i prossimi dieci anni secondo gli editor della nuova rivista Health Affairs Scholar. Vediamone alcuni.
Un nodo da sciogliere si collega al tema discusso nel libro Stare bene di Elisabetta Lalumera su cui è uscito un commento interessante su ilpunto.it. In breve, se l’idea che i cittadini hanno della salute sta cambiando, deve cambiare anche il modo di fare ricerca clinica? “Può essere molto utile ampliare le definizioni e le concezioni tradizionali della ricerca sulla salute per sviluppare una migliore comprensione delle sfide che i cittadini devono affrontare nell’accesso alle cure”, leggiamo su Health Affairs Scholar. Inoltre, fantasticando che Aifa possa promuovere ricerca originale, potrebbe concentrarsi in particolare sulle popolazioni tradizionalmente emarginate, perché queste popolazioni possono trovarsi ad affrontare sfide per accedere alle cure superiori a quelle di cui fanno esperienza altri gruppi. “È importante che la ricerca sia attenta a includere le prospettive di queste popolazioni di persone non solo in termini di temi su cui focalizzare la ricerca, ma anche di approcci metodologici originali e nuovi che potrebbero essere necessari per condurre una ricerca significativa e rilevante per informare le politiche sanitarie.”
Per la salute, si spende sempre più di tasca propria: Aifa potrebbe fare qualcosa?
Ancora – ed è la seconda sfida secondo la rivista statunitense – l’aumento della spesa per prodotti acquistabili senza obbligo di ricetta sta diventando un peso sempre più rilevante per i cittadini e non di rado l’acquisto è dettato da una pressione pubblicitaria che potrebbe essere diversamente regolata. Tra l’altro è probabile che l’onere sui cittadini possa aumentare, anche perché la tecnologia sta rendendo disponibili dei dispositivi medici non rimborsati o rimborsati solo parzialmente che possono essere percepiti come essenziali per una migliore qualità della vita della persona. Un esempio? Gli apparecchi acustici (questi non rientrano tra i prodotti vigilati da Aifa ma presto si porrà la questione delle cosiddette terapie digitali e in questo ambito si fa presto a essere superati dagli eventi).
L’argomento dei prodotti da banco si intreccia con un terzo tema tra quelli segnalati da Health Affairs Scholar: le disuguaglianze di salute e nell’accesso alle cure da parte delle popolazioni invisibili al servizio sanitario e al sistema di erogazione dei medicinali. La rivista dell’AcademyHealth segnala inoltre come gli investimenti privati nel settore sanitario abbiano subito una rapida accelerazione nell’ultimo decennio e non mostrino segni di rallentamento. “Le società private svolgono oggi un ruolo significativo in tutto il settore sanitario, dagli ospedali alle case di cura, dagli studi medici e dentistici alle biotecnologie, ai dispositivi medici e alle tecnologie informatiche. Questo afflusso di capitali offre il potenziale per investimenti che possono migliorare l’assistenza ai pazienti e generare economie di scala, ma l’attenzione del privato per i profitti a breve termine e l’efficienza solleva anche preoccupazioni per i danni che possono essere arrecati ai pazienti e per l’aumento dei costi”. Un’agenzia regolatoria può – e come – arginare la tendenza all’overtreatment generata dalle pressioni dei fornitori privati di assistenza sanitaria?
Quarto: vogliamo parlare poi della necessità di dare un ruolo all’Agenzia nella regolamentazione dell’oncologia (e non solo) “di precisione”? Anche se in Italia non se ne parla molto, a livello internazionale non sono pochi gli interrogativi sul valore clinico dell’uso della genomica in termini di outcome concreti per i malati, sull’impatto sulle persone e sulle famiglie dell’identificazione di variazioni genetiche ereditarie, sull’etica della predittività di future malattie, sull’equilibrio tra innovazione e sostenibilità economica.
Dobbiamo pensare che in Aifa stiano già lavorando per non farsi trovare impreparati dall’intelligenza artificiale
Segnali non rassicuranti, anche considerando le inquietudini dell’opinione pubblica nei confronti della questione del giorno: l’intelligenza artificiale (Ia). “È diventato l’argomento tecnologico di cui tutti parlano e che tutti un po’ temono” ha spiegato Matteo Bordone nella puntata del suo podcast del 23 giugno (ma ci sta che la dirigenza dell’Agenzia non ascolti Tienimi Bordone). La portata dell’Ia sarà importante in moltissimi ambiti, alcuni dei quali ancora non possiamo immaginare. Per tranquillizzarci dobbiamo pensare che in Aifa stiano già occupandosene da tempo per non farsi trovare impreparati, dal momento che “l’integrazione dell’intelligenza artificiale negli attuali quadri normativi rappresenta una sfida considerevole” hanno scritto su JAMA Health Forum due autori del calibro di Scott Gottlieb (è stato commissioner della Food and drug administration dal 2017 al 2019) e Lauren Silvis. “Gli enti regolatori mondiali (…) dovranno applicare le norme consolidate a questa nuova realtà. Di conseguenza, sono necessarie nuove politiche per garantire la sicurezza e l’efficacia di questi strumenti per i malati. Queste soluzioni devono trovare un equilibrio tra l’esigenza di innovazione e quella di sicurezza e beneficio per i pazienti”. Gottlieb e Silvis entrano nel merito dell’urgenza regolatoria nei riguardi delle applicazioni dell’Ia alla normativa sui medicinali. Citando per esempio le implicazioni della possibilità di stratificare i pazienti in modo più preciso in base al loro rischio personale e per identificare trattamenti sempre più personalizzati che tengano conto contemporaneamente della storia clinica, del profilo genomico e delle caratteristiche fenotipiche del paziente. Ancora, la possibilità di trasformare gli endpoint binari in parametri di gravità della malattia molto più precisi e predittivi. “L’intelligenza artificiale può tradurre un universo più ampio di dati genomici, proteomici e fenotipici in una valutazione più complessa del rischio, migliorando la progettazione di studi clinici per selezionare i pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio da un trattamento e, utilizzando lo stesso strumento nella pratica clinica, perfezionando le variabili di stratificazione per decisioni di prescrizione efficaci”.
Chi ha bloccato la decisione sugli anticoncezionali può accusare la Cts di essere “ideologica”?
Da un approccio regolatorio tradizionale tipicamente retrospettivo (valutazione della sicurezza e dell’efficacia dei prodotti dopo che sono stati completamente sviluppati), le sollecitazioni attuali dovrebbero incoraggiare a guardare in avanti, per tenere sotto controllo l’orizzonte e affrontare precocemente i punti critici. Scott Gottlieb ha rilasciato un’intervista alla Cnbc in cui espone chiaramente quale potrebbe essere l’approccio di un’agenzia regolatoria moderna: in un passaggio chiave spiega per esempio che – andando oltre la valutazione dei metodi e dei risultati degli studi clinici – il regolatorio dovrebbe spingersi fino a valutare congruità, pertinenza e completezza dei set di dati utilizzati per informare gli algoritmi di intelligenza artificiale che potrebbero stratificare il rischio delle differenti popolazioni di pazienti o predire la probabilità di recidive nei pazienti oncologici.
Invece, in una situazione un po’ surreale (il nuovo piano di attività dell’Aifa è stato diffuso il 7 giugno 2023 e di fatto per toni e contenuti sembra andare in una direzione opposta alle dichiarazioni recenti della dirigenza), sembra che le sole cose importanti siano i tempi di approvazione dei nuovi farmaci, che dovranno essere i più rapidi possibile, e i condizionamenti ideologici di cui sarebbero preda le commissioni Cts e Cpr e di cui dicevamo in un post precedente. I progressi nella tempestività della valutazione sono sottolineati nella relazione dell’esercizio 2022 diffusa dalla stessa agenzia. Per quanto riguarda invece le accuse di pregiudizi ideologici nel relazionarsi con le industrie sembra strano che arrivino proprio a pochi giorni di distanza da una decisione del consiglio di amministrazione sui contraccettivi orali che sembra molto “politica” e certamente sganciata da valutazioni di ordine scientifico.