“E questo da dove è uscito fuori?”. Questo ha pensato Diego Bianchi – giornalista e presentatore TV noto con lo pseudonimo di “Zoro” – la prima volta che gli è capitato di sentir parlare Aboubakar Soumahoro, sindacalista impegnato nella difesa dei diritti dei braccianti agricoli nella piana di Gioia Tauro e in altre aree rurali italiane. “Sapevo della sua l’esistenza, ma non sapevo fosse così bravo, così convincente, così forte, così vero, così credibile in quello che faceva”.
Si è aperto così l’incontro “Uomini e no. Italia 2018, da che parte stai” – organizzato dall’associazione Doppio Ristretto nella splendida cornice dell’Isola Tiberina – che ha visto ospiti proprio Soumahoro e Bianchi, in un dialogo moderato dal direttore de L’Espresso Marco Damilano. L’evento, infatti, era ispirato a una copertina di un numero del settimanale intitolato ‘Uomini e no’, nella quale si vedeva il volto del sindacalista a fianco di quello del Ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Il Made in Italy che arriva sulle nostre tavole nasconde uno sfruttamento.
Tema centrale dell’appuntamento, ovviamente, quello dell’immigrazione: capace negli ultimi mesi di spaccare in due l’opinione pubblica italiana. Ma non solo, anche lavoro, periferie, diritti, consenso politico. Questioni molto care al sindacalista Soumahoro: “Come Usb (n.d.r. Unione Sindacale di Base) abbiamo avviato un processo, nella piana di Gioia Tauro come in molte altre aree rurali italiani, in quei luoghi dello sfruttamento invisibile, dove si vive l’abbruttimento fisico ed esistenziale”.
Condizioni che in Italia riguardano migliaia di braccianti agricoli, molto spesso migranti, che lavorano i nostri campi per pochi euro e un vecchio materasso in una baracca fatiscente. “Questi uomini e donne lavorano e fanno della filiera agricola italiana quel vanto che viene portato al di fuori dei nostri confini”, spiega Soumahoro. “Il Made in Italy che arriva sulle nostre tavole nasconde uno sfruttamento”.
Chi tra i centinaia di presenti si aspettava di sentir parlare solo di Salvini, di scafisti e di Ong rimane un po’ spiazzato. “Mi dicono ‘bravo, ma parla solo dei migranti’”, racconta l’italoivoriano. “Questo mi fa venire in mente un detto di Thomas Sankara: ‘Io sono uomo, tutto quello che è umano non mi è estraneo’. Questo significa che vorrei parlare di ambiente, dell’aria che respiriamo, dell’assenza del trasporto pubblico nelle periferie. Vorrei parlare di antisessismo, di antirazzismo, di antifascismo. Vorrei parlare di giustizia sociale. Perché qui ci vivo, e vorrei vivere questo paese con felicità, gioia e speranza”.
L’immigrazione, tuttavia, resta il tema principale della serata. L’immigrazione e il razzismo che la circonda. Mentre il selezionatissimo pubblico dell’Isola Tiberina applaude convinto le parole di Soumahoro, infatti, buona parte dei commenti che arrivano alla diretta Facebook dell’evento elogia l’operato del Ministro dell’Interno e accusa i relatori di essere dei “buonisti”, degli “ipocriti”, delle “zecche rosse”.
L’Italia è cambiata, ma non è successo oggi.
La domanda successiva di Damilano, quindi, è più che giustificata: l’Italia negli ultimi mesi è cambiata? “Noi viviamo in un’epoca di falsificazione della realtà”, risponde il sindacalista.“Primo Levi avrebbe parlato di negazione della realtà e di fuga dalla realtà medesima. (…) L’Italia è cambiata, ma non è successo oggi: è un processo che va avanti da tantissimi anni”. Secondo Soumahoro, infatti, la situazione odierna è il frutto di anni di elaborazioni legislative responsabili di aver gradualmente legittimato un atteggiamento razzista. Un processo in cui le politiche di Minniti e Salvini rappresentano solo gli ultimi passi.
“Allo stesso tempo sappiamo che non tutta l’Italia può essere rappresentata da quei soggetti che gridano all’odio”, aggiunge Soumahoro. “Ce ne sono tanti altri che sanno che lo strumento del grido all’odio non è quello che permetterà all’Italia di affrontare temi come quello dei sette milioni di poveri”.
Che non è attraverso l’odio che si risolveranno i problemi, poi, andrebbe spiegato anche agli altrettanti commentatori della diretta Facebook dell’evento che si schierano invece a favore delle parole di Soumahoro, lanciando però insulti a chi non la pensa allo stesso modo. C’è chi scrive “marcirete all’inferno, il crocefisso non vi sarà servito a nulla”, chi “odio letteralmente Salvini”, chi “guardate gli animali che stanno commentando questa diretta”. Insomma, odio come risposta all’odio.
“Noi siamo dalla parte di chi salva vite umane”, sostiene il sindacalista, riferendosi alle Ong che operano nel Mediterraneo, “come del resto siamo dalla parte di quei cinque milioni di italiani che, dopo essersi laureati, sono costretti a lasciare i loro cari, prendere un volo low cost e andare altrove. Siamo dalla parte dei milioni di migranti che scappano dalle guerre e vengono in Italia. Siamo dalla parte dei giornalisti che continuano a lavorare e vengono pagati a cottimo, 3 o 4 euro al pezzo. Siamo dalla parte dei rider, dei braccianti, dei tanti lavoratori e lavoratrici del pubblico impiego, degli operai”.
Non vuol dire che siamo ingenui, ma che sappiamo dove vogliamo andare.
Parole seguite dal racconto di assemblee di lavoratori fatte in una moltitudine di lingue, di corsi di formazione dove si insegna ai braccianti il valore reale del loro lavoro, di migranti ammanettati al cancelli della Regione Puglia per vedere riconosciuto il diritto all’acqua potabile. “Avevano privato i braccianti dell’accesso all’acqua potabile”, ricorda Soumahoro, “l’acqua da bere. Per cinque mesi abbiamo lottato e abbiamo organizzato, come sindacato, le cisterne dell’acqua. Venite ad arrestarci, dicevamo, l’acqua non si nega a nessuno”.
Alla fine dell’evento, la sensazione è di aver assistito a qualcosa di anacronistico e di originale allo stesso tempo, ma che suona come un’alternativa credibile. Forse, un buon sindacalista (parola che “di questi tempi sembra antica”, dice Damilano) dovrebbe fare una cosa sola: il sindacalista. E forse poi non è così difficile dire qualcosa di sinistra, anche nel 2018. “Ve lo dico davvero, nessuno ci deve togliere questo sogno, nessuno ci deve togliere questa speranza, nessuno ci deve togliere questo entusiasmo. Non vuol dire che siamo ingenui, ma che sappiamo dove vogliamo andare”, conclude l’italoivoriano.
Il pubblico applaude. “Quanto c’abbiamo messo poco a costruire sta leadership”, scherza Zoro.“Pensavo ci volesse di più”.
Qui il video dell’evento.